Valutare il personale in un’economia sempre più intangibile

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di Andrea Carpineti, Graziano Cucchi

L’analisi e la valutazione della performance individuale rappresentano uno strumento di innovazione organizzativa e di valorizzazione delle persone, oltre che di analisi e verifica della prestazione. Identificare il comportamento delle persone, le ragioni che le incentivano a lavorare meglio e valutare le loro prestazioni, diventano attività imprescindibili, le uniche che consentono di intervenire sul fattore umano. Diviene fondamentale strutturare un sistema di valutazione orientato a monitorare non solo il ‘cosa’ è stato fatto (prestazione) ma anche il ‘come’ è stato fatto (competenze e atteggiamento). Lo scopo di queste pagine è effettuare un inquadramento teorico sui principali modelli di valutazione qualitativi e quantitativi che si sono sviluppati fornendo un punto di vista su come utilizzare un sistema finalizzato alla valutazione e valorizzazione del personale.

 

relatoriIn un contesto in cui i tradizionali fattori di vantaggio competitivo sono divenuti più facili da imitare, la componente immateriale, proprio perché difficilmente imitabile, garantisce un maggiore differenziale, determinando un passaggio da un’economia basata sull’industria e servizi a quella fondata sulla conoscenza.
Saper gestire la conoscenza, nel senso di accumularla, conservarla, scambiarla, diffonderla, trasformarla da tacita ad esplicita e da individuale a collettiva, è diventato un fattore competitivo.
Punto centrale di tale sistema di gestione è il collaboratore e pertanto è cruciale per la gestione della conoscenza la gestione delle risorse umane.
Una buona parte delle risorse immateriali nell’impresa ‘intelligente’ ha con le Risorse Umane un rapporto molto più stretto di quanto non lo avessero le risorse fisiche nell’impresa della produzione di massa. Nel momento in cui si deve valutare il patrimonio di un’impresa, non è sufficiente stimare le sue attività tangibili, ma occorre anche prendere in considerazione il suo capitale intangibile, e in particolare il suo Capitale Umano. La qualità del personale è, al tempo stesso, frutto delle conoscenze e delle attitudini intrinse che del personale e delle modalità organizzativo-gestionali che lo governano e lo sviluppano.
L’idea che il fattore organizzazione del personale costituisca importante componente del capitale economico d’impresa e soprattutto contribuisca alla creazione di reddito e di valore non è, di per sé, nuova; basta citare Marshall per il quale ‘il capitale consiste in gran parte nel sapere e nell’organizzazione’.
Muovendoci in un contesto in cui le tradizionali risorse di vantaggio competitivo, come ad esempio la qualità tecnologica e le economie di scala, sono divenute più semplici da imitare e sapendo che il successo aziendale permanente si raggiunge e si conserva coltivando capacità distintive, lo sviluppo della forza lavoro rimane un’opportunità ancora sottoutilizzata dalle organizzazioni, va quindi tendenzialmente adottato.
Il personale può rappresentare un mezzo per ristabilire le posizioni competitive aziendali, perché il modo di gestire i dipendenti non è trasparente dall’esterno. La gestione delle risorse umane può essere fonte di un vantaggio competitivo difficilmente imitabile e quindi sostenibile. L’enfasi sul legame tra capitale umano e vantaggio competitivo trae origini dalle ricerche elaborate da diversi studiosi, nel tentativo di sviluppare in chiave organizzativa le ipotesi della Resource-Based View of the Firm. Questa impostazione propone una visione del capitale umano come una delle risorse in grado di generare competitività, assicurando unicità e inimitabilità dei vantaggi ottenuti dall’impresa. In concreto, applicare tale principio significa identificare nel patrimonio di competenze detenuto dalle persone una leva centrale per la strategia dell’impresa. Pfeffer sintetizza nell’espressione ‘putting people first’ la proposta di una strategia people centered, fondata, cioè, su un set di politiche e meccanismi di gestione in grado di tutelare e valorizzare il patrimonio di competenze posseduto dalle persone. Strategia e gestione delle risorse umane sono strettamente collegate perché la strategia che il management persegue è fondamentale strumento di indirizzo e di motivazione dei collaboratori dell’organizzazione.
Studi, concettuali ed empirici, hanno mostrato una correlazione positiva tra la competitività e l’efficace gestione delle Risorse Umane, evidenziando come il personale possa effettivamente svolgere un ruolo cruciale nel generare ritorni economici oltre la norma. Se la forza lavoro viene motivata nell’eseguire i propri compiti, libera di agire e ricompensata per il maggiore impegno che mostra nel perseguimento degli obiettivi aziendali, tutte le competenze e le abilità di cui essa dispone saranno pienamente utilizzate a favore dell’impresa, in quanto i dipendenti avranno la certezza che l’azienda ripagherà completamente la prestazione a questa fornita. Strumento fondamentale per la gestione delle risorse umane è la valutazione del personale, ritenuto uno dei sistemi aziendali in grado di influenzare maggiormente il comportamento all’interno delle organizzazioni. La valutazione del personale, però, non deve essere considerata come un sistema indipendente, e a se stante, ma al contrario come un meccanismo integrato e condiviso nell’organizzazione, che entra a far parte della pianificazione strategica aziendale, mirando a trattenere le persone dotate di maggiori potenzialità. Attraverso un sistema di valutazione del capitale umano ben strutturato, l’impresa può cercare di influenzare il comportamento dei dipendenti in modo tale da poter più facilmente raggiungere gli obiettivi e potrà determinare, sia in termini qualitativi che quantitativi, il contributo di ogni singolo collaboratore al valore economico complessivamente generato. 
La valutazione, quindi, non è una minaccia, ma è un’opportunità per la crescita del patrimonio di conoscenza delle persone e dell’organizzazione. Ogni individuo, infatti, attraverso la valutazione sarà incentivato a operare efficientemente, al fine di ottenere riconoscimento e aumentare il proprio status sociale all’interno dell’organizzazione. La conoscenza tacita posseduta da una persona verrà esplicitata e, successivamente, codificata, rimanendo sedimentata nell’organizzazione.
L’importanza del valore delle risorse umane viene evidenziata anche dal fatto che in letteratura si sono sviluppate una serie di metodologie di valutazione, le quali possono essere raggruppate in metodi quantitativi e metodi qualitativi.
Mentre i metodi qualitativi non si preoccupano di attribuire uno specifico valore al capitale umano di un’impresa ma piuttosto a individuare le variabili e le relazioni dalle quali dipende l’incremento o il decremento di tale valore attraverso l’ausilio di indicatori non monetari, i metodi quantitativi, invece, mirano a tradurre in termini numerici il valore delle risorse umane di un’organizzazione.
Nell’ambito dei metodi quantitativi in letteratura si è sviluppato il cosiddetto Human Resource Accounting, filone di studi costituito da vari approcci metodologici volti a individuare il valore del capitale umano, proponendo addirittura una sua inclusione come asset nello stato patrimoniale di un’azienda.

 


Grazie allo sviluppo dello Human Resource Accounting, non solo il capitale umano ma tutte le risorse immateriali hanno cominciato ad assumere una valenza più strategica all’interno delle organizzazioni, facendo sviluppare nell’ambito degli studi sia di accounting sia di strategia e organizzazione, una serie di teorie incentrate sulle risorse immateriali, sulla loro gestione e sul loro sviluppo, perché determinanti fondamentali del valore economico aziendale. 
I metodi di valutazione delle Risorse Umane proposti dallo Human Resource Accounting, poi, hanno dato impulso allo sviluppo di una serie di metodologie di misurazione del valore di tutte le risorse immateriali, fino ad arrivare agli attuali sistemi di misurazione ad hoc del patrimonio intangibile di un’impresa: del suo Capitale Intellettuale.
I metodi di valutazione qualitativi sviluppati in letteratura, invece, mirano a valutare specificamente le capacità tecniche e manageriali di un individuo, il grado di raggiungimento degli obiettivi assegnati10 e il comportamento tenuto sul posto di lavoro.
Quando tali metodologie non vengono utilizzate in maniera sincronica, si arriva a un giudizio parziale sul valore qualitativo di un individuo.
Si rende necessario, pertanto, come suggerito anche da Zanda, adottare un approccio qualitativo che miri a valutare contemporaneamente in un soggetto i risultati conseguiti nell’espletamento della propria prestazione, le capacità tecniche e
manageriali possedute e il comportamento tenuto nel lavoro.

 

La proposta di un sistema di valutazione del personale
La valutazione del personale viene spesso intesa come un dovere amministrativo della funzione risorse umane che viene trasferito ai manager. Questi ultimi vi-vono la valutazione come un noioso rituale annuale: completano velocemente e in modo poco accurato le schede e, poiché non si sentono in grado di effettuare valutazioni corrette, dedicano meno tempo possibile alla restituzione dei feedback. I motivi per cui la maggior parte dei manager non ama questo processo sono l’assenza di confronti periodici, lo scarso coinvolgimento dei valutati e il mancato riconoscimento delle buone prestazioni.
È importante prendere atto di come gli aspetti negativi appena citati non siano dovuti alla valutazione in sé, ma piuttosto alle modalità di sviluppo e impiego del sistema: infatti, se ben gestita, la valutazione può offrire una serie di vantaggi ai dipendenti e all’impresa.
Una fase importante di questo processo è l’esplicitazione delle attese nei confronti dei dipendenti, che devono essere collegate agli obiettivi strategici aziendali; ciò comporta che i manager almeno una volta l’anno comunichino ai loro collaboratori i punti di forza e di debolezza delle loro prestazioni. Un sistema efficace assicura anche che coloro che svolgono una mansione simile vengano valutati secondo i medesimi standard e così facendo si possono identificare i talenti e i dipendenti di maggior valore e assumere decisioni in merito a promozioni, aumenti e licenziamenti.
Ogni anno, la rivista Fortune pubblica l’elenco delle aziende più ammirate a livello globale: il Gruppo Hay, che stila questa classifica, sostiene che esse sono guidate da amministratori delegati consapevoli che un buon sistema di valutazione dipenda dalla capacità di imparare a motivare le persone legando i contributi alle ricompense. Molti di loro affermano che il sistema stimoli sia la collaborazione sia la cooperazione e ritengono che le misure di valutazione consentano di focalizzare l’attenzione di tutta l’impresa sull’eccellenza operativa, sulle relazioni con i clienti e sullo sviluppo delle persone.
Se per lungo tempo sono stati preponderanti i sistemi basati sull’oggetto, oggi si sta rivalutando in misura crescente la concezione secondo cui il collaboratore va considerato, valorizzato e retribuito non solo in relazione al posto che occupa, ma anche per ‘quello che sa e può fare’, nonché per ‘ciò che ha fatto’ e che ‘potrà fare’. Questa diversa impostazione, certamente più coerente con le attuali esigenze delle organizzazioni, favorisce nell’individuo motivazioni e stimoli ad allargare il suo ‘saper fare’, lo rende più consapevole del proprio ruolo nell’organizzazione e più predisposto e attivo nei processi d’innovazione e di cambiamento.
Nel passato la misurazione dei risultati ottenuti e la valutazione delle abilità sviluppate dalla persona erano due processi distinti, perché il primo riguardava l’attività svolta nell’anno dall’individuo, mentre la seconda tendeva a valutare le potenzialità presenti e future del valutato a livello di responsabilità e possibilità di carriera.
Attualmente i due momenti sono concepiti come concomitanti, e fanno parte del processo di pianificazione e valorizzazione del capitale umano proprio del Performance Management, ereditato dai modelli di gestione delle competenze.
Poiché le strutture organizzative sono ormai sempre più volatili e flessibili è necessario valutare il possesso e/o la potenzialità a possedere le cosiddette core competence. In questo modo si potrà contare su manager disponibili ad adattarsi rapidamente a modifiche organizzative legate alle continue variazioni delle strategie di business.

 

 

 

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