Randstad Workmonitor: chi fa sport rende meglio al lavoro

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Il 78% dei dipendenti italiani ottiene migliori performance sul posto di lavoro quando compie esercizio fisico o pratica sport regolarmente. Le priorità per il benessere psico-fisico sono un corretto equilibrio lavoro-vita privata e l’attività fisica costante. Ma solo il 37% dei datori di lavoro offre una palestra per i dipendenti e il solo 33% permette di praticare attività sportiva durante le ore di lavoro. Per l’86% dei dipendenti restare in forma è una propria responsabilità. I risultati del Randstad Workmonitor nel primo trimestre 2014.

Per otto lavoratori su dieci compiere attività fisica regolare permette di ottenere migliori risultati anche in ufficio. Eppure solo un terzo dei datori di lavoro permette di praticare sport durante l’orario lavorativo e appena il 37% mette a disposizione una palestra o attrezzature sportive in azienda. Una mancanza che per i dipendenti non sembra costituire un problema, perché la forma fisica è considerata prima di tutto una responsabilità personale. E l’87% dei lavoratori pensa di avere abbastanza energia per andare ogni giorno in ufficio.

È quanto emerge dal Randstad Workmonitor, l’indagine sul mondo del lavoro realizzata in 33 Paesi del mondo nel primo trimestre 2014 da cui emerge una particolare attenzione dei lavoratori italiani al benessere psico-fisico e al mantenimento di uno stile di vita sano. Il Randstad Workmonitor è realizzato attraverso un sondaggio sottoposto ai lavoratori dipendenti di età compresa tra 18 e 65 anni, impegnati per un minimo di 24 ore alla settimana.

Marco Ceresa
Marco Ceresa
Amministratore Delegato di Randstad

“I lavoratori italiani sembrano fedeli al motto mens sana in corpore sano −afferma Marco Ceresa, Amministratore Delegato di Randstad Italia−. La convinzione che l’attività fisica sia di aiuto anche nelle performance di lavoro è ampiamente diffusa tra i dipendenti di tutto il mondo, ma in Italia si nota una particolare attenzione al benessere psico-fisico, percepito come il frutto di una combinazione di work life balance e attività fisica regolare. Di certo, un lavoratore in forma fisicamente e mentalmente sta meglio e approccia con maggiore ottimismo e proattività la giornata lavorativa; in questo modo contribuisce meglio agli obiettivi di business. L’impresa non può che trarre beneficio da questo atteggiamento positivo che si riflette sulla quantità e qualità produttiva. Deve, anzi, incentivarlo con un supporto concreto a uno stile di vita sano”.

Mens sana in corpore sano
Dai risultati del Randstad Workmonitor emerge l’opinione quasi unanime dei lavoratori italiani sul fatto che uno stile di vita salutare sia il risultato di un corretto equilibrio tra vita personale e professionale (secondo il 94% dei rispondenti) e della pratica costante di sport e esercizio fisico (per il 91%).
Ma stare in forma incide anche nelle performance sul posto di lavoro: il 78% dei dipendenti italiani rende meglio in ufficio quando compie esercizio fisico o pratica sport regolarmente. Una percentuale superiore alla media globale −pari al 70%− da cui si distinguono i Paesi asiatici e latino-americani, i più convinti sugli effetti benefici dello sport anche sul lavoro, e quelli di Nord Europa, Nord America e Australia, che si mostrano invece più tiepidi. Tra i lavoratori italiani, la convinzione accomuna sia uomini sia donne, anche se appare più diffusa nella componente maschile (84% degli uomini e 73% delle donne).
L’attenzione allo stile di vita salutare si ritrova anche nelle piccole azioni quotidiane: il 74% dei lavoratori italiani ogni giorno sceglie di usare le scale invece dell’ascensore, per restare in forma. Inoltre, la pratica sportiva è un’ulteriore opportunità per ritrovarsi con i colleghi, come evidenzia il 56% dei dipendenti a cui piace fare esercizi con i compagni di lavoro: un’abitudine per cui gli italiani si distinguono rispetto alla media globale (48%) ed europea (40%). L’attività sportiva collettiva è una preferenza soprattutto maschile, con una netta predominanza degli uomini (69%) rispetto alle donne (45%) e dei lavoratori più giovani (62%) rispetto quelli più maturi, oltre i 45 anni (50%).

L’atteggiamento dei datori di lavoro
Come si comportano i datori di lavoro? Più della metà −il 63%− supporta attivamente uno stile di vita salutare dei propri dipendenti. Il 51% propone cibo salutare nella mensa aziendale. Il 44% aiuta il dipendente a restare ‘mentalmente’ in forma, assicurando un job coach o un consulente dedicato. Ma solo il 37% mette a disposizione attrezzature da palestra in ufficio o sconti per acquistare attrezzature sportive. E appena un terzo (33%) permette di fare esercizio fisico o praticare sport durante le ore di ufficio.
Analizzando gli atteggiamenti nei diversi Paesi del mondo, sembra che gli imprenditori nord europei sostengano in misura superiore alla media uno stile di vita salutare grazie a palestre aziendali, convenzioni con palestre esterne e attenzione all’alimentazione in mensa, mentre quelli dei Paesi emergenti siano i più attenti a 360 gradi (dal cibo sano, all’attività fisica, al coaching per il benessere mentale). Nel confronto globale, però, il profilo dei datori di lavoro italiani è tendenzialmente positivo: le valutazioni con le quali i lavoratori li giudicano sull’attenzione del benessere e alla salute sono superiori alla media globale e alla media europea.
A ogni modo, l’86% dei lavoratori italiani pensa che restare in forma sia una sua responsabilità e non del datore di lavoro (una percentuale alta, seppure inferiore alla media globale). E l’87% dichiara di avere abbastanza energia per andare a lavoro ogni giorno, contro l’81% a livello globale.

La cura familiare
Il Randstad Workmonitor ha analizzato un altro aspetto importante, oltre all’attività fisica e ai suoi risvolti sulla resa lavorativa, nella sfera del benessere personale e del work life balance: l’esigenza della cura dei familiari e la disponibilità dei datori di lavoro a rilasciare dei permessi a questo scopo.
L’80% dei lavoratori viene aiutato dal datore di lavoro quando, a causa di motivi personali, è costretto ad assentarsi (nella media globale, il 77%). E nel 61% dei casi accetta assenze dovute alla necessità di doversi prendere cura di un familiare. Del resto, il 57% dei dipendenti italiani si direbbe pronto a lasciare il posto di lavoro, se l’azienda non lo permettesse.
“La cura dei propri familiari è un tema importante e molto sentito nel mondo produttivo, su cui in Italia emerge una sensibilità sia da parte dei lavoratori che dei datori di lavoro −commenta Marco Ceresa−. Più in generale, la relazione tra dipendenti e datori di lavoro su esigenze che attengono alla vita privata sembra essere solida nel nostro Paese. Gli stessi servizi che Randstad offre ai familiari dei propri clienti (es. orientamento) sono un esempio a conferma dei dati emersi.”

www.randstad.it

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