Maggiore competitività? Ecco il connubio perfetto

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Semplificazione, innovazione e crescita. Come creare il perfetto connubio per la competitività delle imprese. Questo il paradigma proposto da ADP nell’occasione di un convegno tenutosi lo scorso febbraio a Palazzo Stelline (Milano). Fittissima l’agenda della giornata. Nicola Uva, strategy and marketing director di ADP introduce i temi dell’incontro, mentre il moderatore Walter Passerini (giornalista della Stampa) intervista Tiziano Treu, ex Ministro del Lavoro e docente di diritto del lavoro presso la Cattolica di Milano. La giornata prosegue con diverse testimonianze a confronto durante la tavola rotonda Come semplificare i processi organizzativi a supporto dell’innovazione e della crescita con voci dal mondo delle imprese; mentre nel pomeriggio si tengono due workshop di approfondimento sui temi della mobilità dei talenti −come sfida e qualità del capitale umano− e del welfare aziendale in un’ottica di work life balance.

Le sfide del cambiamento: conoscerle per affrontarle

Nicola Uva
Nicola Uva
Business development director
Adp Italia

Nicola Uva racconta la vision di ADP al pubblico in sala. “Oggi le sfide che le aziende si trovano ad affrontare non nascono dal nulla, ma dalla naturale evoluzione di situazioni nate nel passato. Abbiamo la necessità di comprendere l’origine e l’evoluzione delle criticità per affrontarle con più consapevolezza.”

Uva analizza il tema seguendo quelle che ADP ritiene essere le ‘5 sfide chiave’ relative alla relazione persona-lavoro, tracciandone l’evoluzione negli ultimi 10 anni. Per introdurre il percorso dell’Italia in questi anni ha individuato il momento ‘di passaggio’ che secondo lui ha condizionato radicalmente il contesto in cui attualmente operiamo.

Correva l’anno 2008…

Il lancio dell’iPhone in oltre 70 Paesi trasforma in modo essenziale il rapporto uomo-tecnologia, marcando gli smartphone come oggetti inseparabili.

Il fallimento della Lehman Brothers dà il via a una crisi –inizialmente solo finanziaria− che rapidamente diventa economica, coinvolgendo anche l’Europa e mettendo a nudo un modello di sviluppo insostenibile.

Il boom del fenomeno social Facebook in Italia, con una crescita che si attesta intorno al 961%, porta con sé l’avvio di un nuovo modello di gestione delle relazioni, della privacy e della vita privata e lavorativa.

“Possiamo sintetizzare così le 5 sfide di oggi. Flessibilità della relazione azienda-lavoratore con una maggior attenzione da parte delle organizzazioni verso le tematiche del work life balance e telelavoro. Staffetta generazionale. Internazionalizzazione delle imprese. Azienda ‘liquida’ che poggia su basi ‘informi’ della collaborazione e del social enterprise. Talentismo.”

Priorità: lavoro. Cominciamo dalla coesione…

In Italia le riforme del lavoro ormai non si contano più. Alla domanda di Passerini “Le riforme non potrebbero farle gli economisti, invece dei giuslavoristi?”, Treu conferma il vizio italico: siamo in un Paese di 220.000 avvocati non a caso, la nostra formazione culturale è arretrata. Le riforme, con successive modifiche e aggiustamenti, sono lo specchio di un popolo non unito. Perché in Germania il sistema funziona? Perché i tedeschi sono coesi.

In un Paese che si fonda, per Costituzione, sul diritto al lavoro, come si fa a tutelarlo senza il diritto ai servizi al lavoro? Considerato anche il rimprovero dell’Europa sull’eccessivo peso di alcune relazioni industriali in Italia. L’ex ministro conferma che politiche di sostegno al lavoro sono da sempre pressoché inesistenti. I servizi regionali di orientamento con il counseling dei centri per l’impiego sono tra i pochi strumenti presenti, e usati male. “I servizi di sostegno al lavoro dovrebbero ri-adattarsi al contesto attuale per essere più efficienti”.

Tiziano Treu
Tiziano Treu, Docente di diritto del lavoro Università Cattolica di Milano

Passerini ripropone una domanda che pone spesso ai suoi intervistati “Quanti Schettino ci sono nelle organizzazioni italiane? Sono frenati dalle normative complesse o da altro?”. Secondo Treu l’Italia soffre un deficit di classe dirigente: nessuno si prende mai la responsabilità o la rimbalza nelle mani di qualcun altro. Con la deresponsabilizzazione dei manager e dell’imprenditoria il risultato è che le aziende sono immobili. È evidente, quindi, che gli investitori, sia nazionali sia esteri, rivolgano il loro interesse di business laddove conviene loro, non dove ‘la torta non c’è’. Inoltre, bisogna aggiungere che il management italiano, ma non solo, lamenta un gap di conoscenze linguistiche come di esperienze internazionali. Tutto questo è il frutto del disorientamento ormai generalizzato. Alla base vi è un grave problema: la visione di breve periodo delle imprese italiane. “Bisognerebbe avere prospettive almeno a 5 anni: la cassa integrazione prolungata, ovvero le politiche passive, non fanno altro che prolungare l’agonia…”

A poco tempo di distanza dall’ultima riforma Pacchetto Lavoro del governo Letta, eccoci con un nuovo governo e una nuova ricetta per il mondo del lavoro chiamata JobsAct. L’iniziativa di Renzi è in parte sommersa dalla priorità della riforma elettorale: la proposta renziana ha un risvolto mediatico o denota un reale interesse volto a dare la svolta che un intero Paese si aspetta da tempo? Secondo Treu una criticità risiede nelle ‘mode giornalistiche’ tendenti ad aggregare il ‘male’. Su una base politica stabile, il JobsAct −secondo l’ex ministro− porta con sé delle linee guida positive sulle quali si può lavorare. La più importante è certamente l’intenzione di sviluppare le ormai indispensabili politiche attive per favorire l’occupazione e la ricollocazione nel mondo del lavoro, soprattutto per i giovani italiani che vedono davanti a loro il buio o l’estero…

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