Gruppi online e ricerche interne

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di Enzo Marigonda

“Esiste la possibilità di stare in gruppo online”: è facile supporre che ciò sia vero, e cioè che esista una ‘vita relazionale’ sulla Rete. Ma le proposte di interazione –strutturate a priori e gravemente limitanti– offerte da Facebook e da altri simili luoghi virtuali, non aiutano certo a capire ‘come fare’. Perciò la riflessione proposta in questo articolo, solidamente fondato su studi psicosociologici, può essere di grande aiuto a chi, in azienda, intenda usare Portali interni, Social Network, o piattaforme di lavoro collaborativo, per favorire l’interazione tra dipendenti e collaboratori; o anche, specificamente, per sostenere il funzionamento di specifici ‘gruppi di lavoro’ attraverso attività online. Lo strumento tecnologico è utile, ma serve l’esperienza di chi sappia guidare le persone verso la consapevolezza, fino a far dire loro: “ma allora faccio parte di un gruppo”, “c’è davvero un gruppo”.

 

Nell’ambito della ricerca psicosociale e di marketing, si è registrato, da almeno un decennio, un incremento d’interesse nei confronti delle ricerche online, parallelamente a un aumento degli investimenti in questa direzione. Se è vero che le ragioni primarie di tale orientamento sono di tipo economico, pratico e organizzativo, va anche notato che esso riflette la presa d’atto della crescente rilevanza attuale dell’online come ambiente significativo delle relazioni e comunicazioni interpersonali, sia nel pubblico che nel privato. Alla diffusa consapevolezza del valore dei materiali informativi raccolti via Net non sembra aver corrisposto finora un’esigenza di approfondimento metodologico su caratteri peculiari e innovativi dei dati ottenuti attraverso questo canale, scontando forse con ciò la grande velocità con cui mutano e si trasformano le modalità stesse della produzione e dello scambio informativo online. La questione di metodo più frequente sembra aver riguardato l’attendibilità dei dati – e la comparabilità con i dati raccolti su canali tradizionali (ricerche telefoniche ecc.). Più in generale, l’attenzione degli addetti ai lavori si è rivolta soprattutto alle indagini di tipo quantitativo e statistico, dedicando scarsa o nessuna attenzione alle ricerche qualitative, molto più legate alla ricchezza osservativa dell’esperienza dal vivo (si pensi al focus group, la tecnica oggi più ampiamente utilizzata nelle indagini psicosociali), e quindi transitate sulla Rete in tempi successivi e in modo più sommesso.

 

Gruppi di ricerca online
Gruppi onlineOra, le esperienze d’impiego dei gruppi online entro disegni di ricerche qualitative (o quali-quantitative) sia di tipo ‘sociale’ sia di marketing, realizzati nel corso dell’ultimo decennio (da istituti come Swg, per esempio), permettono di avanzare qualche ipotesi e di formulare alcune osservazioni sulle potenzialità e sui limiti di questa tecnica. A scanso di equivoci, va sottolineata fin da subito e con forza la sua distanza, o meglio, l’assenza di affinità e punti di contatto rispetto ai focus group. L’inconsistenza del confronto è palese, se solo si pensa alla totale eterogeneità del dato, che nell’ambiente online nasce già (e resta) in forma scritta, mentre nella ricerca qualitativa tradizionale si presenta nell’immediatezza del parlato (e del non verbale), dando luogo eventualmente a una successiva trascrizione, comunque riduttiva. Va anche precisato che le esperienze di ricerca cui si fa riferimento interessano una specifica forma di gruppo online: il gruppo asincrono o ‘in differita’, di lunga durata (uno o più giorni), a numero chiuso di partecipanti (da 10 a 40) e con accesso a invito (reclutamento su elenchi ad hoc o all’interno di una community preesistente). Viene ad accentuarsi così la radicale diversità dalla situazione di gruppo comunemente intesa, la quale implica compresenza in uno spazio reale (es. più persone sedute a uno stesso tavolo), al punto che ci si può chiedere se sia ancora legittimo parlare di ‘gruppo’, in ambiente telematico. D’altra parte, molte testimonianze di partecipanti a gruppi di ricerca online concordano, a dispetto dell’assenza di uno spazio e di un tempo comune, nel rimarcare un vissuto di accomunamento non dissimile dai gruppi dal vivo. Si tratta di un’apparente incongruenza che merita una spiegazione.

 

Il senso di accomunamento del gruppo
Gruppi online 2Da un punto di vista formale, o istituzionale, si può sostenere che l’atto di nascita di un gruppo avviene con la selezione dei partecipanti e l’accordo sulle regole di partecipazione (modalità, vincoli, data e ora d’inizio e di chiusura, impegno minimo giornaliero ecc.), che nella situazione online ha da essere particolarmente preciso, anche per l’inusualità, la non ovvietà del tipo di ricerca. In particolare, appare essenziale il richiamo al tempo come risorsa basilare di una discussione ben funzionante. Si segnala così il valore di una presenza collettiva che di fatto sarà intermittente, ridotta, frammentaria, ma che viene inizialmente immaginata (dai partecipanti) come assidua, costituendosi come una prima garanzia di ascolto reciproco. Nella fase di consegna e di avvio del forum online, possono assumere un certo rilievo anche gli accenni e le indicazioni di ‘spazializzazione’. Il fatto stesso di precisare che il numero è ‘chiuso’ e che gli ‘invitati’ sono stati selezionati con cura introduce una nota opportuna di riservatezza ed evoca l’immagine di un ambiente privato, speciale, segregato dal contesto sovraffollato della Rete. Inoltre, può essere utile presentare il ‘luogo’ dell’interazione come uno spazio delimitato, segregato, protetto: una ‘stanza delle ricerche’, per esempio (ma già parole come ‘forum’ o ‘discussione’ hanno in sé una connotazione contenitiva). La copertura del nickname e le rassicurazioni sull’anonimato vanno nella medesima direzione. Un terzo elemento che può facilitare il senso di accomunamento proprio del setting di gruppo è la cognizione di affinità tra i partecipanti, che appare quanto mai facile da acquisire se l’indagine di gruppo avviene all’interno di un’azienda o un’istituzione di lavoro. Normalmente, la percezione di affinità, non potendo scaturire dalla presenza viva degli altri, dovrà appoggiarsi su indizi meno diretti, quali le formule preliminari di presentazione e, ancor prima, le stesse informazioni sui criteri di selezione e persino la scelta del nickname, qualora avvenga a cura del ricercatore, attingendo a un insieme o repertorio omogeneo (nomi di vini, colori, luoghi, frutti ecc.), con implicazioni ludiche, autoironiche, tali da agevolare i processi di riconoscimento e confronto reciproco. In breve, questi espedienti ottengono spesso l’effetto, se non proprio di fondare un’identità di gruppo, per lo meno di evocarne l’idea, di indicarla come una condizione possibile, alla portata.

 

Gli interventi online: veicolo di identita’
Gruppi online 3“Esiste la possibilità di stare in gruppo online”: si potrebbe anche riassumere così il senso delle misure iniziali di allestimento di una cornice adatta alla partecipazione. A poco invece servono, almeno in fase d’avvio, le dichiarazioni sull’obiettivo di ricerca o sul compito di lavoro, doverose sì, ma di solito intese come formule di rito, in attesa di venire al sodo. Certo è che la prima fase del lavoro di gruppo, l’avvio del flusso degli interventi, è la più delicata, sia per il ricercatore (chiamato a un ruolo marcatamente attivo), sia per i primi partecipanti, i ‘rompighiaccio’, che possono legittimamente sentirsi isolati e in difficoltà, dal momento che gli altri sono una presenza puramente virtuale, latente, silenziosa, che talora può essere anche avvertita come critica e giudicante. Comunque, non una presenza data a priori (come nei gruppi dal vivo), bensì il risultato di un processo, di un’elaborazione. Con il flusso delle risposte e degli interventi, firmati e datati (al minuto), l’identità degli altri comincia a prendere forma, ma nel momento della immissione del testo/intervento non si ha alcuna nozione precisa circa la loro effettiva presenza. Né si può avere la certezza di essere notati, presi in considerazione da chi è connesso. Il passaggio decisivo si ha solo quando si viene a scoprire che i propri interventi hanno lasciato traccia, quando cioè qualcosa di ciò che si è scritto trova rispondenza – viene ripreso, citato, ribattuto, approvato ecc. da qualcuno, anche da una persona soltanto, partecipante o conduttore del gruppo che sia. Solo a questo punto si sente di aver acquisito un’identità effettiva come membro del gruppo, infine percepito come un’entità ‘reale’, non più fantasmatica. La comparsa di un effettivo segnale di riconoscimento (meglio ancora se di accettazione) porta a una rapida ristrutturazione del campo, per dirla in termini lewiniani. Lo spazio virtuale in cui si depositano le risposte appare finalmente vivo e abitato, da persone e non solo da testi. La scatola vuota della propria identità di membro del gruppo, fino a quel momento del tutto fittizia, contrassegnata da un nome di fantasia, comincia a riempirsi. Le impressioni di vuoto, solitudine, marginalità si dissolvono rapidamente, sostituite da altre più vitali, che evidenziano volta per volta la circolazione dei saperi, le convergenze di opinioni ecc.

 

Lo scambio reciproco
Una delle forme più significative di riconoscimento e valorizzazione dell’intervento individuale è l’accendersi di sequenze di dialogo serrato tra due o tre persone, collegate nello stesso momento, a partire da quella data risposta. A volte gli scambi ravvicinati rivelano fenomeni di accoppiamento, simili a quelli dei gruppi dal vivo, con possibili coloriture di simpatia, competizione, seduzione. Che siano insistite o solo brevi e frammentarie, le fasi di dialogo più intenso, a due o a pochi, sono viste generalmente con favore dal gruppo (conduttore compreso) in quanto comportano discontinuità, imprevisto, velocizzazione, addensamento dei contenuti. Tra le altre cose, questi scambi accelerati hanno il merito di rendere palpabile l’immediatezza del contatto e della comunicazione reciproca, che in fondo sta alla base del concetto stesso (o dell’ideale) di gruppo. Se è vero che le accelerazioni degli scambi corrispondono ai picchi di massima vitalità, va detto però che il ‘farsi’ del gruppo, e il precisarsi del senso di appartenenza, è anche funzione della produttività complessiva del lavoro in gruppo. Più l’argomento risulta interessante (alla lettura), più suscita osservazioni interessanti (alla scrittura), in un processo espansivo che si autoalimenta e che –soprattutto– si rende immediatamente percepibile.

 

Il macrotesto collettivo
È questo peraltro uno dei tratti caratteristici del gruppo online in quanto basato sullo scrivere: la visibilità diretta, costante, persistente dei risultati dello scambio collettivo, che non hanno bisogno di essere riassunti, riportati alla memoria, commentati, dal momento che restano per tutto il tempo sotto gli occhi di tutti, già protocollati all’atto stesso in cui arrivano. La proliferazione delle risposte e la costruzione di un ‘macrotesto’ collettivo è in fondo l’espressione più diretta dell’esistenza e del buon funzionamento del gruppo. L’accumularsi delle risposte, degli spunti personali ecc. vale come patrimonio che appartiene a tutti e che fornisce una misura, forse approssimativa ma certo eloquente e immediata, dell’operosità ed efficacia del gruppo. Ai fini del costituirsi di un adeguato senso di appartenenza, è poi decisiva la qualità produttiva, ovvero l’attribuzione, sia individuale sia condivisa, di un effettivo valore a ciò che emerge dalla trama degli interventi. Naturalmente, non è solo questione di valorizzazione dei propri contributi, bensì di assimilazione degli apporti altrui (informazioni, suggerimenti, idee, ‘cose’ buone, utili, acute, divertenti ecc.), meglio ancora se nel contesto di uno scambio diretto.

 

La durata dei gruppi online
La coscienza, rinnovata di continuo, di contribuire alla costruzione di un testo comune ha a che fare con un ulteriore tratto rilevante dei gruppi online asincroni: la durata. L’impegno produttivo –la discussione che dà luogo a un testo relativamente organizzato, spesso di una certa mole– si può sostenere con successo, e con risultati soddisfacenti solo avendo a disposizione tempi adeguati. La lunga durata tuttavia non è soltanto un requisito pratico (possibilità di utilizzare i ritagli di tempo, di ‘recuperare’ i ritardatari ecc.), ma si configura anche, e principalmente, come una condizione che aiuta la coesione di gruppo e la qualità dell’apporto individuale al lavoro comune di produzione testuale. L’influenza della lunga durata sull’attività del gruppo è molteplice: oltre a mettere a loro agio i partecipanti, liberandoli da pressioni prestazionali immediate e fuorvianti (interventi ‘d’obbligo’, precipitosi, purchessia ecc.), lascia la libertà di scegliere modi, tempi e stili di risposta confacenti a sé e incoraggia l’ascolto (la lettura attenta, la rilettura), la comprensione non superficiale dei contributi altrui, così da far emergere aspetti, problemi, punti di vista inediti, con intuibili vantaggi in termini di propositività e scoperta.

 

Gruppi interni alle aziende
Gruppi online 4Il profilo sommario appena delineato si basa su osservazioni ed esperienze di gruppi online con finalità di ricerca ‘esterna’, avendo come partecipanti dei ‘consumatori’ (in senso lato: utenti, cittadini, clienti, elettori ecc.) o anche dei soggetti esperti (professionisti, tecnici, stakeholders ecc.). Mancano invece esperienze di applicazione a ricerche ‘interne’, ovvero relative a problematiche e a persone operanti all’interno dell’azienda o, più in generale, dell’istituzione di lavoro. Stante l’ubiquità dello strumento del (piccolo) gruppo, più o meno strutturato, come luogo di confronto e di produzione informativa all’interno delle istituzioni di lavoro, ci si può interrogare sull’utilizzabilità, in tali contesti, dei gruppi online fin qui descritti. La questione potrebbe essere liquidata facilmente: già da tempo funzionano, su Intranet vari, gruppi di discussione, pratiche di scambio ecc. con personale dell’azienda che hanno l’obiettivo esplicito di far circolare le informazioni, elaborare nuove idee, facilitare processi decisionali, e via dicendo. Per non parlare naturalmente delle incessanti attività di gruppo (riunioni di planning, meeting vari, gruppi di formazione ecc.) che occupano tanta parte del tempo di lavoro. Non è abbastanza? Occorre altro?

 

I limiti del gruppo aziendale/istituzionale
Gruppi online 5Ora, senza volersi inoltrare in considerazioni provocatorie su disfunzioni e patologie della comunicazione aziendale ‘ufficiale’, si può indicare almeno un serio limite nelle forme di lavoro di gruppo usualmente praticate: la tendenza alla dissimulazione e al calcolo ‘politico’, con le limitazioni di autenticità e produttività che ne conseguono. Chi partecipa, a svariato titolo, alle istanze di gruppo aziendali/istituzionali si espone, inevitabilmente, al giudizio e alla sanzione del contesto in cui opera. Può dire o non dire, esibire o nascondere, sfogarsi o simulare: dovrà comunque esporsi, assumersi la responsabilità delle proprie posizioni e prendere coscienza delle conseguenze ‘politiche’ che ne discendono. Ogni intervento, ogni risposta a una sollecitazione, ogni scambio d’informazioni, ogni contributo terranno conto, in qualche misura, della necessità di trovare un equilibrio tra l’espressione di sé e la protezione di sé (interessi, ruolo gerarchico, prestigio, autonomia ecc.). Soprattutto, si cercherà di evitare prese di posizione impulsive, confessioni sgradevoli, amare verità, critiche pungenti e acting out di cui ci si potrebbe pentire il giorno dopo. Ma anche pensieri troppo creativi, suggerimenti fuori dalle righe, buone idee che potrebbero sollevare invidie o venire lestamente sottratte, per vedersele presentate alla prossima riunione da qualcun altro. In breve, ogni comportamento individuale all’interno dell’istituzione porta inevitabilmente la firma di chi lo pratica, per quanto grande possa essere l’impegno di riservatezza e protezione da parte dell’istituzione.

 

Coinvolgere il gruppo interno: le potenzialità online
Ora, un tratto costitutivo dei gruppi online è la condizione di anonimato, sia nei confronti della committenza sia reciproco, tra partecipanti. È una condizione che va sempre garantita e difesa col massimo rigore: nell’ambito delle ricerche psicosociali e, a maggior ragione, nelle eventuali applicazioni interne all’azienda. Il singolo partecipante deve potersi sentire al sicuro, libero di esprimersi come più gli piace (nei limiti della ‘netiquette’), senza ombra di manipolazioni o minacce alla riservatezza, se quest’ultima sta al vertice delle sue preoccupazioni. Ribattezzato e protetto dal suo nickname, avrà facoltà di dire pane al pane o di affabulare sfrenatamente, di fingersi un’altra persona o di dar voce a ciò che nelle istanze di gruppo aziendali rimane inespresso. La possibilità di argomentare e manifestare un’opinione in modo articolato non è certo cosa banale, in contesti lavorativi marcatamente competitivi o gerarchizzati, ma anche nelle aziende/istituzioni in cui regna la retorica dell’ascolto e del team building. Di fronte a molte proposte o decisioni di cambiamento –la riorganizzazione di un servizio, il lancio di un nuovo prodotto, la modifica di una procedura ecc.– non ci si preoccupa abbastanza di conoscere il punto di vista del personale (che non significa solo il gruppo direttamente coinvolto nell’iniziativa di cambiamento), perdendo spesso l’opportunità di sfruttare al meglio le risorse interne per migliorare il tenore delle decisioni e per evitare errori, inconvenienti, frizioni, effetti secondari che si faranno sentire più avanti. I partecipanti ‘interni’ non devono fronteggiare gli stessi problemi di verifica dell’affinità e ‘conquista’ dell’appartenenza segnalati in precedenza. Sulla carta, quanto meno: diffidenze, conflittualità, incrostazioni del clima aziendale possono portare alla luce peculiari difficoltà e rallentamenti nella formazione di una gruppalità accettabile e feconda. Per quanto riguarda invece le risorse basilari della durata e della gratificazione nel costruire un testo comune, è probabile che risultino non meno funzionali che nelle ricerche ‘esterne’. 

 

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