Alberto Perfumo

Censis-Eudaimon: “Equo accesso ai servizi welfare”

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La collaborazione fra uno dei più importanti istituti di ricerca socio-economica del Paese e uno dei principali provider italiani di welfare aziendale porta nuovi frutti: una ricerca che prende le mosse dal Primo Rapporto Censis-Eudaimon, presentato già a gennaio 2018, dal quale erano già emersi elementi importanti. Il tema centrale al centro dell’indagine è la difficoltà di accesso ai servizi di welfare e il ruolo che in tal senso può ricoprire l’azienda.

Alberto Perfumo
Alberto Perfumo

Alberto Perfumo, Amministratore Delegato di Eudaimon, ha sottolineato: “Il welfare aziendale è senza dubbio importante, ma non può essere considerato la panacea per tutti i mali. Affinché sia davvero innovativo e di impatto sociale, deve essere utilizzato secondo determinati criteri, volti a garantire l’equità dei servizi”.

Al momento infatti, uno fra i principali limiti del welfare aziendale è l’oggetto del welfare aziendale stesso: se infatti nasce per far fronte alle esigenze di protezione sociale dei dipendenti, dall’altro lato “le risposte e i servizi offerti sono spesso poco centrati sui bisogni”.

Il rischio al quale si va incontro è quindi la non sostenibilità del welfare aziendale stesso. La collaborazione fra Censis e Eudaimon si prefigge allora l’obiettivo di rispondere a un paio di domande urgenti: Qual è il bisogno vero del lavoratore? E soprattutto, qual è il ruolo che l’azienda può svolgere a riguardo?

Un welfare equo, non equivalente

Per indagare la complessità italiana dell’accesso ai servizi sociali, Francesco Maietta, Responsabile Area Politiche Sociali di Censis, ha richiamato la difficoltà nel fare matching tra esigenze e prestazioni disponibili sul territorio e il ruolo chiave che può ricoprire l’azienda, in particolare attraverso il welfare.

Secondo Maietta infatti, il fabbisogno di servizi sociali esiste ed è rilevante, ma si assiste a una situazione in cui il ricorso alla rete familiare o alle istituzioni private non fanno altro che aumentare le disparità, a svantaggio di chi non ha le possibilità per accedervi.

“Accade allora qualcosa di pericoloso”, ha commentato il Responsabile Area Politiche Sociali di Censis. “L’anima stessa del welfare aziendale si trova a rischio, dal momento che nasce proprio per pareggiare le disuguaglianze”.

Su questo aspetto, Perfumo ha sostenuto che bisogna allontanarsi dalla retorica che dalla metà del 2017 ha interpretato le “categorie omogenee” come una corrispondenza rispetto ai livelli contrattuali. In tal caso avviene infatti che chi vanta retribuzioni più elevate, può anche giovare di una maggior disponibilità di servizi welfare. “La mutualità è il principio necessario per garantire un welfare aziendale che sia equo, ma non equivalente”.

La non autosufficienza e l’orientamento dei giovani

In particolare i casi più diffusi, che si configurano anche come maggiormente critici per la situazione sociale del sistema Paese, riguardano l’emergenza permanente della non autosufficienza e l’orientamento scolastico e al mercato del lavoro.

Se il primo fenomeno è già drammaticamente conosciuto, la ricerca Censis-Eudaimon mostra una sorprendente correlazione fra il voto di licenza media e la futura collocazione lavorativa. Il dato è particolarmente allarmante perché lascia dedurre che nella stragrande maggioranza dei casi le aspettative di carriera di un giovane sono predeterminate già all’età di 14 anni.

Così il welfare del Gruppo Bancario Credito Emiliano – Credem ha recentemente previsto anche l’implementazione di un progetto di orientamento allo studio e al lavoro per i figli dei propri dipendenti, sostenuto dal servizio On the road, un percorso digitale che permette di essere usufruito in assenza nelle oltre 500 sedi presenti sul territorio nazionale. “Oggi è in fase di lancio”, ha raccontato Andrea Mazzini, Responsabile Welfare e Amministrazione Personale di Credem. “Abbiamo l’ambizione di raggiungere segmenti differenziati, dalla scelta delle scuole superiori, al post diploma, fino all’introduzione nel mercato del lavoro”.

Sull’altro fronte, Vanes Benedetto, Responsabile Welfare di Coop Alleanza 3.0, ha riportato l’innovativa sperimentazione messa in campo per rispondere ai bisogni crescenti di servizi socio-assistenziali dei propri dipendenti. All’interno di un protocollo di solidarietà firmato con le organizzazioni sindacali è stato possibile creare una commissione paritetica incaricata di gestire un montante di 8mila ore retribuite destinate a situazioni personali o familiari di crisi.

Delle 8mila ore è possibile usufruire scegliendo permessi o servizi socio-assistenziali con operatori specializzati. Affinché la proposta fosse di qualità, è stato necessario costruire una rete di eccellenze sul territorio, per garantire la competitività dei servizi. Al tempo stesso significa creare valore sul territorio, anche nelle cosiddette ‘zone grigie’ del nostro Paese, e creare opportunità di lavoro.

“Per una grande azienda, specie se con molte sedi sul territorio nazionale, è facile correre il rischio di spersonalizzare i servizi welfare”, ha osservato Benedetto. Coop Alleanza 3.0 invece, forse per sua stessa vocazione, ha scelto un welfare equo, nei confronti dei dipendenti e del territorio, ma non equivalente.

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