Welfare aziendale: i piani di Credem, Edison e Michelin

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È un tema di grande attualità, ma sul welfare aziendale c’è ancora lavoro da fare, soprattutto per colmare un vuoto informativo nei confronti di alcune categorie di lavoratori e nell’aumentarne l’utilizzo da parte delle Piccole e medie imprese (in Italia PMI e micro imprese danno lavoro al 61% della forza lavoro), come risposta alle difficoltà del primo welfare di soddisfare le nuove necessità dei lavoratori (si consideri che sono stati di recente spesi ben 37 miliardi per la spesa sanitaria privata). Tuttavia è da tener presente che il welfare aziendale deve essere considerato un’integrazione del welfare state, e quest’ultimo non può esimersi dal fare la sua parte e non può rinunciare al suo ruolo a fronte dello sviluppo del secondo welfare.

Dopo la prima tappa di Roma, si è svolta anche Milano la presentazione del Primo Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale (leggi l’approfondimento sui rischi e opportunità del welfare), con una tavola rotonda alla quale hanno partecipato Credem, Michelin ed Edison, esponendo i piani di welfare delle organizzazioni.

Che cos’è il welfare per gli operai e il territorio

customer experience mastraTre i temi principali emersi dalla ricerca e sui quali si sono confrontate le aziende, c’è il gap di conoscenza, tanto che appena solo il 18% dei lavoratori conosce il welfare, mentre addirittura il 58% ammette di conoscerlo solo “a grandi linee”). Tuttavia, tra chi dice di conoscerlo, oltre il 50% è favorevole a convertire il premio di risultato in servizi di welfare. Ma i consensi si riducono rispetto al livello di inquadramento: se dirigenti e quadri sono maggiormente favorevoli, gli operai sono più diffidenti. E questo è un tema centrale, soprattutto alla luce del drammatico aumento delle famiglie operaie in povertà assoluta (circa 600mila; un valore triplicato sul totale delle famiglie operaie), ma che non può essere risolto utilizzando il welfare come strumento di retribuzione, perché non è questa la leva per risolvere il problema dei redditi bassi.

Le fasce più basse di reddito hanno quindi bisogno di ottenere nuove risposte ai loro bisogni – in 10 anni il profilo dei lavoratori è molto cambiato, con organizzazioni che hanno visto crescere il numero di donne, single, stranieri e persone oltre i 55 anni – e il welfare deve concentrarsi soprattutto su salute, previdenza e sostegno (non deve al contrario diventare un mercato indefinito di benefit).

Le ultime leggi di Stabilità (da quella del 2016 in avanti) hanno acceso l’attenzione sul welfare fiscale, trasformando il welfare da un tema legato alla disponibilità delle aziende, a strumento in grado di abbattere il cuneo fiscale e legandolo al premio di risultato. Ma questo non vuol dire spostare l’attenzione ai soli temi economici.

Il welfare fiscale, dunque, deve essere solo una parte del welfare, il cui obiettivo deve restare quello di dare maggiore serenità a famiglie e lavoratori per alimentare quel modello che ha reso l’Italia uno dei Paesi con il più alto tasso di benessere al mondo. E per questo è fondamentale che il welfare vada oltre l’azienda, aprendosi con il territorio, intrecciando il resto delle offerte locali sul tema.

I piani di welfare di Credem, Michelin ed Edison

Credem – di recente diventato anche uno dei nuovi player del mercato del welfare aziendale – ha spiegato, attraverso il racconto di Andrea Mazzini, Responsabile Welfare e Amministrazione del Personale, come un piano di welfare aziendale si debba basare sull’ascolto dei dipendenti. Ogni azienda, infatti, ha la propria popolazione aziendale (sono diversi i livelli di studio e pure i livelli retributivi) ed è allora necessario conoscere le esigenze specifiche dell’organizzazione. In Credem è stato poi introdotto il premio di risultato legato al welfare aziendale: l’azienda ha scelto di far convertire l’intera somma ai lavoratori che hanno così potuto apprezzare i servizi proposti, investendo soprattutto negli ambiti previdenziali, dimostrando l’interesse a pensare del proprio futuro.
A fare da volano al progetto sono proprio i lavoratori che percepiscono il valore del welfare grazie al confronto con familiari e amici che, nelle loro organizzazioni, non godono degli stessi vantaggi.

Edison per te è invece il piano di welfare di Edison, altra azienda che aveva iniziato ben prima degli stimoli del Legislatore a investire in welfare. Come spiegato da Giorgio Colombo, Executive Vice Presidente Human Resources, ICT & Procurement, Edison ha da tempo piani di welfare che riguardano varie coperture (assicurative, sanitarie, ecc.): si tratta di un welfare non nato per migliorare la leva fiscale, ma utilizzato come strumento per costruire un patto con le persone, per aumentare l’engagement, migliorare il clima aziendale, stimolare la produttività e incentivare l’attraction verso i giovani laureati (questi sono sempre più interessati ai temi del benessere e della conciliazione vita-lavoro).

Per questo Edison ha lavorato a una piattaforma che conciliasse l’offerta di welfare con le diverse esigenze delle persone all’interno e con le loro condizioni personali, e tenesse anche in considerazione il tessuto locale del territorio. Per valutare la bontà del piano, l’azienda misura l’utilizzo dei servizi, tanto che da meno di un servizio acquistato dalle persone nel 2008, oggi la media è di quattro pro-capite, con un tasso di utilizzo vicino al 90%. Il ritorno dell’investimento per Edison è rappresentato dall’80% dell’engagement, dalla produttività al 90% e dal tasso di assenteismo inferiore al 2%. Sul fronte del premio di risultato, invece, è stato scelto di lasciare piena libertà ai lavoratori sulla conversione, ponendo alcuni stimoli: per esempio la possibilità di convertire tutto il premio in welfare, con l’obbligo di investire almeno il 60% in previdenza. E per stimolare questa scelta, l’azienda ha deciso di riconoscere un ulteriore premio del 18% sul valore investito in previdenza.

Differente il caso di Michelin, azienda con una popolazione composta per il 75% da operai. L’organizzazione fa welfare da oltre 100 anni e quindi ha nel suo stesso Dna la volontà di offrire benessere ai suoi lavoratori. Tuttavia, come spiegato da Maurizio Tosi, Servizio del Personale, serve continuamente orientare l’offerta di welfare rispetto alle necessità che cambiano delle persone.

La sfida in Michelin è però riuscire a raggiungere a raggiungere tutte le persone: se comunicare con gli impiegati è più semplice (basta una mail), più complicato è farlo con gli operai, riuscendo ad aumentare la loro consapevolezza di quanto sta avvenendo nella loro realtà rispetto a ciò che succede all’esterno. Ecco quindi che il welfare diventa una leva di engagement.

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