Tag: risorse umane e non umane

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di Francesco Varanini

Il testo originale è leggibile qui.

Ho fondato la rivista Persone & Conoscenze nel 2004.  In quegli anni la casa editrice che stampa la rivista, Este, viveva un difficile passaggio verso un nuovo assetto societario.
Due anni dopo, quando la situazione si andava chiarendo, uno dei nuovi soci della casa editrice, Alessandro Betti, esperto editore e organizzatore di eventi, mi sfidò a progettare un Convegno dedicato ad un tema di frontiera: l’informatica osservata dal punto di vista di manager non specialisti.
Risposi che avrei cercato di organizzare qualcosa di diverso dai soliti convegni. Proposi di chiamare l’evento ‘incontro-confronto’. Il tema non era facile da affrontare, ma proprio per questo era interessante e stimolante. Leggi tutto >

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Dietro le parole – di Francesco Varanini –

Siamo HR Specialist. Siamo ormai abituati alla sigla HR, sintesi dell’inglese Human Resource.
Spero che giocando con le parole, dicendo quindi: ‘Risorse Umane e non Umane’ –come facciamo con il titolo degli eventi che questa rivista organizza– si sia stimolati a ragionare sul senso.
Concordo in ogni caso con chi sostiene che avremmo molti motivi per rivalutare l’espressione Direzione del Personale. Per fare un passo in avanti, si potrebbe però forse fare ancora un passo indietro, tornando a dire, come si faceva negli Anni Cinquanta del secolo scorso, Ufficio del Personale.
I due esemplari luoghi di lavoro, l’ufficio e l’officina, sono in origine lo stesso luogo. Dietro sta la radice op, che esprime l’idea del ‘lavorare con le proprie mani’. Di qui opus, ‘opera’. Il lavoro è ‘fare l’opera’.
Il latino officina, contrazione di un precedente opificina, discende da opifex, ‘colui che fa l’opera’,‘operaio’, ‘artigiano’. L’espressione officium ha la stessa origine, ma passa presto dal designare il ‘luogo del lavoro’ al significare il ‘senso del lavoro’. Impleo officium: ‘compiere il proprio dovere’. Officio fungor: ‘fare il proprio dovere’. E dunque: funzione, carica, servizio, compito, impegno. Dovere, in senso filosofico e morale, ma anche politico, sociale, ed anche religioso: l’ufficio è ‘funzione liturgica’; si celebrano gli ‘uffici divini’.
Il significato del lavoro contribuisce a ricordarci che l’ufficio è una cosa seria, che non possiamo prendere alla leggera. Per questa via arriviamo al significato profondo del ‘lavorare al Personale’, significato che svanisce se ci contentiamo di essere ‘HR specialist’.
C’è in gioco uno speciale obbligo morale legato alla funzione esercitata. Nell’idea dell’officium, più che nell’idea della direzione, sta forse il senso profondo del compito “arduo, spesso incompreso” –sono parole di Adriano Olivetti– che il Direttore del Personale è chiamata ad assolvere: creare le condizioni perché ognuno possa lavorare nel modo più fruttuoso, ma anche più dignitoso Leggi tutto >

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Editoriale – di Francesco Varanini – 

Siamo tutti il comandante Francesco Schettino. Non possiamo chiamarci fuori. Anche in condizioni difficili determinate da fattori esterni, anche di fronte a vincoli posti dal datore di lavoro o da un qualsiasi portatore di interessi, uno spazio di azione ci è dato. Possiamo, in quello spazio, muoverci con più o meno responsabilità. Possiamo, in quello spazio, muoverci con più o meno attenzione, con più o meno cura. I brutti esempi, i cattivi maestri, l’infelice contesto, la presenza di chi si comporta peggio di noi – niente di tutto questo è sufficiente a giustificare i nostri comportamenti. Ognuno di noi ha il dovere di dire a se stesso: solo se io faccio tutto quello che posso fare, senza aspettare che qualcun altro si muova prima di me, cambierà qualcosa nell’azienda in cui lavoriamo, nel nostro paese, nel mondo del lavoro, nei rapporti tra economia produttiva e finanza. E poi, siamo comunque responsabili di ciò che ci accade intorno. Siamo responsabili delle situazioni che vivono i nostri colleghi, i nostri dipendenti, i nostri superiori, i clienti e i fornitori. Siamo responsabili di ciò che pensano e fanno i nostri familiari, i nostri amici. Siamo responsabili di ciò che fanno i nostri rappresentanti, coloro che abbiamo eletto in Parlamento, o che abbiamo delegato ad agire per noi in qualsiasi ambito societario ed associativo. Siamo responsabili anche di ciò che accade nel mondo. Perciò, ognuno di noi è anche Direttore del Personale della Foxconn, quell’azienda cinese dove tutti –simbolicamente– contribuiamo ad esportare la fabbrica, i crudi rapporti di lavoro, il lavoro duro, al confine con lo sfruttamento che lede i diritti della persona. Basta con i distinguo, con le giustificazioni, con i compromessi, le contestualizzazioni. Basta anche con la tolleranza, con il quieto vivere e il lassismo. In questo alla fin fine sta l’etica. Non possiamo chiederla agli altri, e non facciamo forse mai abbastanza per mettere in campo la nostra. Non possiamo permetterci di dire ‘non vale la pena’. Non c’è giustificazione che tenga. Dobbiamo mettere in campo la nostra etica innanzitutto per noi stessi. Dobbiamo farlo per i nostri figli, per il mondo futuro. Non abbiamo neanche la giustificazione che ‘non serve’. È facile dirsi che il nostro scarso potere, il luogo marginale in cui viviamo e agiamo, fa sì che il nostro operare sia ininfluente. Ma non è vero. La complessità del mondo in cui viviamo ci dice il contrario. La nostra vita personale sta lì a dimostrarci che gli effetti dell’azione si possono osservare solo con ‘senno di poi’. Così, guardando a ritroso, ci apparirà evidente che una semplice scelta ha provocato conseguenze grandi e imprevedibili. Così funziona, su scala più vasta, il cambiamento sociale. Non è l’azione precisa, programmata, pianificata, che ha effetti. Gli effetti nascono dal continuo tentare, dalle scelte fatte per passione, dall’autostima, che ci porta a dare valore al nostro agire. Per tutto questo è importante dare spazio all’etica. Non un’etica di principi astratti, ma un’etica che si manifesta nel nostro senso di responsabilità. Non una Corporate Social Responsibility buona per riempire rapporti patinati da allegare al bilancio, ma una responsabilità sociale che si manifesta in scelte precise, coraggiose. Di questo parliamo in questo numero della nostra rivista, nella sezione speciale nelle pagine da 46 a 59, ma in fondo spero che questo atteggiamento –mettersi in gioco personalmente, non rinunciare– appaia come tratto che accomuna gli articoli che pubblichiamo su Persone&Conoscenze. E questo atteggiamento è anche il filo conduttore delle testimonianze personali che proponiamo negli incontri del ciclo Risorse Umane & non Umane, prossime tappe: Napoli, 9 febbraio; Ancona, 1 marzo; Bari, 14 marzo. Naturalmente non siamo tutti uguali. Il manager ha sulle sue spalle un maggior carico di responsabilità. Dal comandante Schettino abbiamo diritto di aspettarci di più che dall’ultimo membro dell’equipaggio. Ma poi, vale la pena di ridirlo, l’ultimo membro dell’equipaggio è chiamato comunque a fare la sua parte. Proprio per dar simbolicamente voce a ‘tutti i membri dell’equipaggio’, anche a coloro che di solito nessuno ascolta e nessuno vede, con questo numero Persone&Conoscenze si arricchisce di una nuova rubrica. Roberto Grassilli, illustratore e fumettista, al quale dobbiamo dal gennaio 2009 i disegni di copertina della nostra rivista. Leggi tutto >

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