Tag: dirigenti disperate

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Di Chiara Lupi

Fissare obiettivi a lungo termine, darsi degli orizzonti. Un’impresa difficile per i manager con l’assillo del risultato trimestrale. Far conciliare l’obiettivo di medio-lungo periodo con i risultati da portare a fine mese è un’impresa da super eroi –e da eroine, visto che questa rubrica si occupa, anche, di lavoro femminile–. Eppure dovremmo convincerci che guardare lontano è l’unico mezzo per costruire qualcosa di solido, che ci dia certezze. Dovremmo prendere spunto per convincercene, se ne abbiamo bisogno, da chi fa tutt’altro mestiere. La mia ex cognata, per esempio, è una paesaggista, progetta giardini, arreda terrazzi e, come ogni estate, da giugno a settembre la casa di campagna della sua famiglia diventa il nostro punto di riferimento. I miei figli hanno avuto la fortuna di crescere lì, passando i mesi di giugno e luglio al riparo dal caldo della città ma, soprattutto, liberati dall’assillo delle giornate organizzate dagli adulti. Una decina d’anni fa il terreno davanti alla loro casa, a causa di una strategia urbanistica scellerata, è diventato edificabile. Evidenti le conseguenze: inquinamento acustico, luminoso e visivo. La paesaggista interviene e al confine tra il terreno di proprietà e il cantiere in fermento pianta due alberi, un Morus Alba e una Paulownia Tomentosa. Alberi, allora mi era sembrato un eufemismo definirli tali. E infatti, timidamente, avevo espresso qualche dubbio. I fusti non superavano qualche metro d’altezza. Per coprire lo scempio ci voleva ben altro. “La natura ha i suoi tempi –diceva Licia–, bisogna saper aspettare”. Oggi, dopo sette o otto anni, davanti alla sua casa si ergono imponenti due alberi coperti di foglie e le costruzioni, frutto di maldestri interventi di geometri di campagna, si vedono sempre meno. Leggi tutto >

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Intervista a Chiara Pesatori

A cura di Chiara Lupi

L’ufficio con pianta e ampia scrivania è un retaggio del passato. Partiamo da questa considerazione per approfondire cosa possono fare le aziende per agevolare le carriere delle donne. Consentire alle proprie risorse, indipendentemente dal genere, di organizzare il lavoro da remoto è già un passo avanti notevole. Un’opportunità per tutti per organizzare al meglio il proprio lavoro e per le donne per conciliare la propria attività con l’essere mogli e madri. Certo, ci sono aziende che con più facilità possono permettersi di sperimentare nuove modalità di lavoro e Dell –di cui ci parla in questo articolo Chiara Pesatori, EMEA Education Marketing Manager– è una di queste. È anche vero però che ogni contesto dovrebbe interrogarsi sull’opportunità di prendere in considerazione modalità organizzative meno legate a schemi del passato. Per agevolare certo le carriere delle donne che vogliono diventare madri, ma anche per migliorare la qualità della vita di tutti. Donne e uomini. Leggi tutto >

Blog

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Dietro le parole – di Francesco Varanini –

Sappiamo che il nodo è la misura della velocità di un’imbarcazione.
Dal ponte si faceva scorrere in acqua una corda, con un certo numero di nodi posti a distanza costante –47 piedi e 33 pollici, cioè circa 16 metri– l’uno dall’altro.
Per tenere la corda tesa, all’estremità filata in mare era fissato un pezzo di legno, detto in inglese, già tra il 1200 e il 1400, log. Il cavo veniva fatto scorrere per 28 secondi, dopodiché si contavano i nodi finiti in acqua, che indicavano la velocità in miglia/ora.
Log è dunque ancora oggi il nome tecnico con cui si denominano i contamiglia marini. Da log, che allarga il senso a ‘registrazione’, ‘annotazione’, logbook, ‘libro di bordo’, libro nel quale vengono registrate giorno dopo giorno velocità, distanza percorsa, posizione della nave.
Di qui, anche al di fuori del lessico marinaresco, logbook nel senso di “a compilation of the known facts regarding something or someone”. Giungiamo così attorno alla metà degli anni ’90 del secolo scorso: si afferma l’abitudine a tenere sul World Wide Web una sorta di diario in pubblico.
Per questo si sviluppano apposite piattaforme, destinate appunto a permettere –anche a persone poco avvezze alla tecnologia– di tenere un ‘journal’ dove si potessero pubblicare quotidianamente “entries about their personal experiences and hobbies”. Una denominazione precisa sarebbe stata: weblogbook. Ma la parola è subito contratta in weblog, e quindi in blog. Raccontata la storia della parola, possiamo notare come ci sia una bella differenza tra ‘tenere un blog’ e registrare invece le proprie annotazioni in un luogo già costruito, che tutto prevede e incasella, come è Facebook.
Mentre tenendo un blog ci assumiamo la responsabilità di contribuire, in modo personale, ad una rete di narrazioni e di conoscenze, usando Facebook limitiamo la nostra creatività, la nostra capacità di costruire storie e discorsi. La limitiamo accettando di usare strumenti e spazi già definiti.
Le differenze sono enormi.
Il blog è uno spazio di libertà, il mio sguardo sul mondo, il nodo di una rete di spazi di libertà. Facebook, invece, ci chiude in un mondo-giocattolo, dove tutti siamo ridotti alla misera apparente, falsa libertà della quale poteva godere il povero Truman Burbank chiuso nel suo universo di cartapesta, come nel film Truman Show. Una rivista su carta ha tanti pregi, ma anche inevitabili limiti. Impone vincoli di lunghezza ai testi, colloca i testi in un’unica sequenza, impedisce l’interattività.
Mentre Facebook, con i suoi vincoli, ripropone in fondo, in un diverso contesto tecnologico, i limiti della rivista su carta, il blog si presenta come un completamento della rivista, una prosecuzione oltre i suoi confini. Così, andando lungo una strada iniziata dalla rubrica Dirigenti disperate, che da anni appare sulla nostra rivista, il blog Dirigenti disperate (dirigentidisperate.it) di Chiara Lupi va oltre. Leggi tutto >

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