Empatia neuroscienze

Neuroscienze e formazione: alla riscoperta dell’empatia

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La neuroplasticità conferma che tutto –e sempre– si può imparare e la formazione aziendale ringrazia. Ma si tratta solo di uno dei tanti contributi delle neuroscienze al benessere delle organizzazioni. Le nuove tecnologie hanno permesso di vedere che cosa accade nel cervello di chi svolge un’azione, dando un contributo decisivo per allineare i processi organizzativi e lavorativi con il reale ‘funzionamento’ delle persone. Se negli Stati Uniti su questi temi si sono costruite le relative culture organizzative, in Italia c’è un forte ritardo. Ma i player di questo mercato non mancano.

Tra questi c’è Empaticalab, che non ha bisogno di patenti di scientificità visto che si tratta di un polo di ricerca e divulgazione dell’empatia e della prossimità, attivo come laboratorio di sinergie anche nella formazione aziendale creato da Giacomo Rizzolatti, il neuroscienziato che ha scoperto i neuroni specchio, cioè la base fisiologica dell’empatia. “I neuroni specchio ci fanno risuonare con le emozioni degli altri. Di fronte alla gioia o alla tristezza di chi ci è di fronte, attiviamo le stesse aree cerebrali che attiveremmo se fossimo noi a provare quell’emozione, così entriamo in connessione con gli altri.

Empaticalab è nata dalla richiesta da parte del mondo organizzativo di far diventare questa scoperta utile nella vita di tutti i giorni, anche lavorativa”, racconta Elena Pattini, collaboratrice di Rizzolatti e Cofondatrice di Empaticalab insieme con Alessandra Rancati e Silvia Castrogiovanni, esperte di cultura d’impresa, e Giunti Psychometrics, leader nella psicodiagnostica.

elena pattini empaticalabMettersi nei panni degli altri è una vocazione innata dell’essere umano, eppure non siamo sempre tutti empatici. È come se i contesti culturali in cui siamo immersi ci disabituassero a tenere ‘accese’ queste reti, mentre la consapevolezza di come funzioniamo e l’allenamento sistematico possono nutrire e migliorare enormemente le relazioni”. È evidente quanto questo possa essere utile in ambito lavorativo per migliorare la comprensione tra colleghi, l’ingaggio, l’efficacia della leadership o anche il rapporto con clienti e gli altri stakeholder.

Pattini cita un esperimento di risonanza magnetica a un gruppo di manager ai quali si chiedeva di ricordare capi percepiti come empatici o poco empatici. “Quando pensavano a un leader empatico, attivavano molte più regioni cerebrali. Questo significa che un leader ‘risonante’ fa crescere attenzione, consapevolezza e reazioni positive e quindi consente di lavorare molto meglio. Bisogna uscire dall’equivoco che un leader empatico sia fragile e quindi meno autorevole, la scienza dimostra che non è così”.

La scienza dice anche che nel nostro cervello abbiamo sistemi di ricompensa che rilasciano neurotrasmettitori come la dopamina, quando facciamo attività gratificanti. “Certe ricompense rilasciano più dopamina delle altre. Il denaro non è nella lista, molti aspetti dell’interazione sociale, invece, sì. Pensiamo allora a come un leader potrebbe rivedere il sistema di relazione con i suoi collaboratori, sapendo che più dopamina vuol dire dipendenti più felici e quindi più motivati”.

Dalla teoria alla pratica: la formazione per le aziende

Divulgare l’empatia facendo chiarezza e sfatando luoghi comuni, sapere come funzioniamo e come vivere una relazione in maniera empatica, nonché sapere cosa succede quando manca l’empatia e la prossimità nella relazione sono tra le tante tematiche di formazione di Empaticalab, che nei suoi corsi parte dalla spiegazione delle evidenze neuroscientifiche per poi passare a una parte fortemente esperienziale, caratterizzata da attività ad alta densità emotiva di sintonizzazione e rispecchiamento.

Empaticalab abbina ai suoi corsi sull’empatia uno specifico servizio di consulenza di prossimità, con l’obiettivo di trasferire il valore derivante dall’intervento formativo nella catena del valore aziendale. Garantire sistematicità all’intervento formativo significa infatti nutrire la relazione e tenere “accesa” l’empatia nel tempo. Completano l’offerta gli strumenti di misurazione messi a punto anche grazie al knowhow di Giunti Psychometrics.

“L’obiettivo è ‘allenarsi’ all’empatia, partendo dalla consapevolezza di cosa accade nel nostro cervello e in quello della persona con la quale ci relazioniamo, oltre che le relative conseguenze fisiologiche e comportamentali. L’empatia è una metacompetenza che serve a tutti, dal bancario, al medico, all’ingegnere. Pensiamo, per esempio, quanto può essere utile a un private banker allenarsi in quest’ottica, per cogliere i segni di sfiducia o di timore in un cliente e saper entrare in risonanza con lui”.

Pattini sottolinea quanto tutto questo non sia una manipolazione, ma il recupero di una dimensione più autentica, l’innesco di un circolo virtuoso. “Se non sei autentico, sprechi energia. Noi, invece, siamo tutti strutturalmente fatti per essere prossimi, l’empatia è una vocazione umana eticamente neutra, essere buoni o altruisti è un passaggio ulteriore. Parliamo di fisiologia, sulla quale si sono però innestate delle sovrastrutture culturali. Se il contesto relazionale ci frustra, questi circuiti funzionano peggio ed è quindi su quel contesto che dobbiamo intervenire”.

Meglio, insomma, assecondare la nostra natura votata alla prossimità, nell’interesse di tutti. “Non si diventa certo empatici con un corso di due giorni, ma si fa comunque un salto di qualità nel pensarsi in relazione agli altri e nel comprendere il grosso potenziale insito nell’empatia. È solo l’inizio di un grande percorso di cambiamento”.

La relazione tra neuroscienze e formazione è approfondita nel numero di Ottobre-Novembre 2018 di Persone&Conoscenze.
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