Luogo di lavoro, postazione fissa cercasi

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Lo Smart working sta lentamente abbattendo l’ultima barriera che tiene i dipendenti (formalmente) legati alla postazione di lavoro ogni giorno della settimana: i perimetri aziendali.

A meno che il regolamento interno non lo vieti, lo smart worker, infatti, può lavorare ovunque, senza “precisi vincoli di luogo di lavoro”, come indicato nella Legge 81 del 2017. Al datore di lavoro spetta l’onere di redigere una informativa sulla salute e sicurezza. E, se si leggono i contenuti minimi che devono figurare nel documento, si comprende che quel “senza vincoli” è inteso proprio in maniera letterale.

È scritto infatti nella direttiva emanata dal Ministero per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione che “nel caso in cui la prestazione di lavoro si svolga in ambienti outdoor l’informativa deve prevedere anche i seguenti contenuti minimi: indicazioni sulla pericolosità dell’esposizione diretta alla radiazione solare; indicazioni sulla pericolosità dell’esposizione prolungata a condizioni meteoclimatiche sfavorevoli (caldo o freddo intensi, elevata umidità); limitazioni ed eventuali accorgimenti da adottare ove sia necessario svolgere attività in luoghi isolati o in cui sia difficoltoso richiedere e ricevere soccorso; […] pericoli connessi allo svolgimento di attività in aree in cui non ci sia la possibilità di approvvigionarsi di acqua potabile”. Insomma, per chi avesse pensato di lavorare nel bel mezzo di una palude oppure del deserto, sotto il sole cocente e senza acqua, deve desistere.

Uffici che sembrano case (e viceversa)

Ma qual è, davvero, il luogo a cui pensano i lavoratori quando è data loro la possibilità di scegliere “senza vincoli”? La risposta è molto semplice: la propria abitazione. Secondo l’Osservatorio sulla Casa, l’indagine Doxa nata con l’obiettivo di monitorare gli stili abitativi del 2017, il 31% degli italiani lavora da casa e il 68% di questi dichiara di farlo più volte a settimana. La maggior parte lavora usando un pc (66%), ma ci sono in questa lista anche diversi artigiani che hanno trasformato la propria casa in un piccolo laboratorio.

Una tendenza che va a incidere sulle abitazioni e sulle modifiche strutturali che gli italiani fanno per poter lavorare meglio anche lontani dall’ufficio. L’appartamento diventa così un luogo polifunzionale, condiviso tra vita privata e realtà professionale. L’aumento di ‘home office’ va di pari passo con la crescita dei numeri del lavoro agile: secondo le ultime stime in Italia sono oltre 300mila i lavoratori subordinati che godono di questa discrezionalità, mentre secondo uno studio della società di ricerche PAC (CXP Group), il 57% delle aziende italiane prevede di consentire ai dipendenti di lavorare in modo più flessibile nei prossimi anni, fornendo loro un accesso remoto sicuro ai dati aziendali.

Sono questi i motivi per cui navigando in Rete ci sono innumerevoli le riviste di arredo ufficio e blog di settore che suggeriscono soluzioni per la postazione di lavoro in casa: dalle scrivanie e le pareti a scomparsa, agli scrittoi tornati di moda.

Abbiamo chiesto un’analisi del fenomeno a Marcello Pedicone, CEO di Las MobiliAnnamaria Carpentieri, Ceo di Executive ServiceGianluca Mastroianni, Cofondatore di Ufficiarredati.itMassimiliano Sacco, Amministratore Delegato di Arinox.

 

L’articolo completo è stato pubblicato sul numero di Maggio di Persone&Conoscenze.
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