|news| In Italia il lavoro ‘smart’ è ancora un miraggio?

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Il numero di dipendenti e collaboratori che preferiscono lavorare da casa è attualmente in aumento. Questo è possibile tra l’altro grazie allo sviluppo tecnologico nel settore IT e all’aumento della velocità e della qualità di internet. Grazie alla diffusione di dispositivi mobili, alcuni dipendenti tendono ad utilizzare le proprie tecnologie e i propri dispositivi sul posto di lavoro, una tendenza ampiamente riconosciuta definita Bring Your Own Device.

Portare il proprio dispositivo facilita la pratica del telelavoro. Senza essere fisicamente in i ufficio gli impiegati sono in grado di connettersi e condividere informazioni.

Da un’ultima ricerca condotta su 44.000 uomini d’affari in più di 100 Paesi (Regus) è infatti emerso che l’84% dei lavoratori hanno utilizzato nell’ultimo mese almeno uno strumento che permette e contribuisce a lavorare da remoto. L’uso di queste applicazioni, di cui fa parte anche TeamViewer che ha analizzato i dati delle ricerche, è aumentato incredibilmente.

L’Italia

Per numero di ‘telelavoratori’ le cifre in Italia sono ancora basse mentre la Repubblica Ceca (14%) e soprattutto l’Olanda (32%) sono ai primi posti delle classifiche europee. Le motivazioni sono varie ma soprattutto le differenze culturali determinano la penetrazione del telelavoro nelle imprese. Da notare che a restare indietro è comunque l’Europa (8%) rispetto alle percentuali di telelavoro nei Paesi emergenti come l’India (50%), l’Indonesia (34%), il Messico, l’Argentina e il Sud Africa (30%). Se da un lato l’Olanda si è dotata di una legge che prevede che da luglio 2015 il datore di lavoro non può rifiutare la richiesta di telelavoro da parte del dipendente, in Italia, la situazione è ancora molto diversa. Secondo Federmanager e Agenda Digitale se si applicassero modelli di telelavoro ai 1,3 milioni di lavoratori italiani −rispetto agli attuali 3/400.000– si potrebbero recuperare circa 4 miliardi l’anno, equivalente ad un quarto di punto del PIL.

È vero, per essere produttivi è necessario essere connessi con il proprio ufficio e poter comunicare e collaborare con i colleghi, ma non necessariamente trovarsi nella stessa stanza. La sede di lavoro cambia e si evolve, anzi si dissolve, e il lavoro diventa accessibile, grazie alle tecnologie di ultima generazione, ovunque e in qualunque momento. È un trend in atto anche in Italia dove soprattutto le filiali delle multinazionali hanno attuato programmi e politiche di telelavoro, ma molta strada ancora rimane da percorrere. Le policy che riguardano il lavoro flessibile, il cui scopo è di ridurre i costi interni e di soddisfare le esigenze di quanti desiderano trovare il giusto equilibrio tra il tempo passato a lavoro e la vita personale, rappresentano ancora una sfida per la realtà italiana.

A livello normativo europeo il telelavoro è stato riconosciuto nel 2002 con un accordo quadro poi recepito dall’Italia nel 2004. Nel febbraio 2015, l’INPS ha emesso una circolare contenente le disposizioni attuative dell’accordo nazionale sul progetto di telelavoro domiciliare, mentre il Jobs Act ha previsto incentivi per le imprese e per il telelavoro atte a favorirne l’adozione per migliorare la possibilità di conciliare lavoro e famiglia.

I vantaggi del telelavoro

L’ultimo studio del Politecnico di Milano dedicato al cosiddetto ‘smart working’ rivela che se una persona lavorasse in questa modalità per 2 giorni a settimana risparmierebbe ogni anno 176 ore del proprio tempo e oltre 1.200 euro di spese tra mezzi di trasporto e costi accessori, mentre aumenterebbero soddisfazione e motivazione; lato azienda, la produttività dei lavoratori crescerebbe del 20%-30% mentre i costi di gestione dello spazio fisico scenderebbero del 20-30% con un risparmio globale complessivo di 37 miliardi di euro.

Sempre secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico, in Italia, nonostante i vantaggi, solo l’8% delle aziende ha deciso di adottare completamente il modello di lavoro ‘smart’ e parliamo di imprese che contano oltre 500 addetti attive nel comparto alimentare, nelle Ict e nel settore manifatturiero. Una percentuale destinata a crescere, stando ad alcune stime, fino al 19% nei prossimi due anni. Secondo l’Osservatorio, le iniziative da parte delle aziende in questo senso devono essere sostenute da interventi sulle infrastrutture, come ad esempio la diffusione della banda larga e della rete wi-fi nei luoghi pubblici, oltre all’introduzione di nuove forme contrattuali più semplici e che agevolino le forme di flessibilità.

Fattori di successo

In una situazione di difficile ripresa economica, non sarebbe ora di avere più coraggio e utilizzare un modello d’impresa più dinamico che permetta l’utilizzo massiccio di questa forma di lavoro a distanza? Gli studi del Global Workplace Analytics sul telelavoro dicono che i lavoratori di alcune aziende, tra le quali Best Buy, British Telecom e Dow Chemical, hanno una produttività più alta del 35-40%. Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), pur esistendo forti argomenti economici a favore del lavoro da casa che garantisce benefici sia ai lavoratori che ai datori di lavoro (per esempio: soddisfazione dei lavoratori nell’equilibrio tra vita privata e lavoro che riduce il turnover del personale, riduzione dell’assenteismo −in media di circa il 63%−, risparmio del consumo di energia, beni immobili e costi di allocazione), spesso alla base di esso vi è una questione di fiducia. Un terzo dei dirigenti dichiara di preferire vedere il proprio personale, per essere certo che stia effettivamente lavorando. Questo evidenzia il bisogno di un cambiamento nella cultura aziendale, a favore di un approccio più moderno, che si basi sulla fiducia nei confronti dei lavoratori. Ma l’insieme delle innovazioni tecnologiche disponibili per le aziende −videoconferenze, messaggistica istantanea, posta elettronica, fino allo smartphone− combinate al contatto diretto periodico e a strumenti di valutazione basati sul rendimento, può rendere gli argomenti a favore del telelavoro molto convincenti.

 

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