
Welfare aziendale, nella legge di Bilancio 2018 c’è l’abbonamento ai trasporti pubblici
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Una delle novità più rilevanti in ambito di welfare aziendale contenuta nella legge di Bilancio 2018 riguarda l’inserimento dell’abbonamento ai trasporti pubblici nella lista dei benefit agevolati fiscalmente: diventa così un compenso in natura esentasse.
Già la lettera d) dell’articolo 41, comma 2 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) prevedeva l’esenzione fiscale per il trasporto collettivo dei dipendenti dalla propria abitazione o dai centri di raccolta, a patto che il dipendente fosse estraneo al rapporto con il vettore; ora si aggiunge al testo la lettera d-bis) secondo cui le somme erogate o rimborsate alle generalità o categorie omogenee di dipendenti da parte del datore di lavoro, o anche da questi direttamente sostenute, non sono imponibili in capo al lavoratore.
Quindi ora non è richiesta una convenzione né un accordo con chi offre il servizio di trasporto (cosa che resta indispensabile per il trasporto collettivo): il benefit è rivolto alla generalità dei dipendenti o a categorie specifiche (è il datore di lavoro a definirle in base alle caratteristiche comuni dei lavoratori) a prescindere da chi ne usufruisca.
Particolarità da evidenziare è che la novità contenuta nella legge di Bilancio 2018 prevede che l’agevolazione riguardi gli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale; vuol dire che sono compresi gli abbonamenti agli autobus, alle metropolitane e ai treni non solo legati al territorio locale. Tra i beneficiari ci sono anche i familiari del dipendente (a patto che siano fiscalmente a carico del lavoratore).
Secondo quanto deciso dal Legislatore, il datore di lavoro ha quindi tre possibilità: il pagamento diretto al vettore di trasporti; l’erogazione al dipendente della somma necessaria per l’abbonamento; il rimborso spese.
Ultimo aspetto legato alla novità è la possibilità di ricomprendere l’abbonamento di trasporto tra i benefit scelti nell’ambito del premio di risultato al posto di somme in denaro, risparmiando così l’imposta del 10% e gli oneri previdenziali.