Welfare aziendale, l’equilibrio tra fiscalità e wellbeing

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Il welfare aziendale continua a diffondersi. Ma con importanti distinguo, che dipendono principalmente dalla dimensione dell’impresa, che ancora oggi è tra i fattori discriminanti tra chi adotta piani di welfare e chi è ben lontano dal farlo. La buona notizia, però, è che in generale stanno aumentando le imprese che si preoccupano del benessere delle proprie persone.

Sono alcuni dei risultati contenuti nel Quinto Rapporto Welfare – Secondo Rapporto Wellbeing elaborato da OD&M Consulting, la società di consulenza di Gi Group.

La ricerca ha evidenziato che a fare welfare sono soprattutto le grandi aziende (77,5%), contro il 55,6% delle medie e l’appena 35% delle piccole. Queste ultime, però, sempre secondo i risultati dello studio, si dicono per il 62,5% in fase di “valutazione di un’implementazione del piano di welfare nel breve periodo (due anni).

La ricerca ha anche evidenziato le fonti di finanziamento per il welfare: si tratta per il 62,2% dei casi di “investimento ad hoc dell’azienda”, per il 47,8% del premio di risultato, mentre il 7,7% utilizza altre fonti di finanziamento. A questo proposito, da notare come tra i rispondenti che hanno un Premio di risultato, oltre la metà permetta di convertirlo, in parte o del tutto, in servizi di welfare.

Il welfare secondo OD&M

“All’interno delle strategie di Total Reward l’approccio al welfare avviene in una logica integrata”, ha commentato Miriam Quarti, Senior Consultant di OD&M Consulting. Infatti, se prima all’interno total reward oltre ad ambiente di lavoro, talent & performance e compensation si parlava non di welfare, ma di benefit rivolti ai soli dipendenti e basati soprattutto sulla tipologia di ruolo e la categoria di inquadramento, oggi è stato introdotto il welfare rivolto anche ai familiari e indirizzato a soddisfare i bisogni del collaboratore.

Se un tempo i benefit riguardavano principalmente assistenza sanitaria e previdenza, ora il paniere di servizi di welfare si è notevolmente ampliato e i dipendenti hanno una vasta diponibilità di scelta. Tra i servizi ci sono quelli che riguardano il work-life balance, pensati proprio per bilanciare vita privata e lavoro. “Gestire queste variabili è fare welfare, inteso come la gestione integrata delle iniziative e dei servizi per venire incontro – sia perché definito dal Ccnl sia tramite accordo con le rappresentanze sindacali sia per autonomia decisione – alle esigenze dei lavoratori e dei loro familiari nei campi più vari, dall’assistenza sanitaria alla necessità di cura dei figli, dall’accesso al credito al tempo libero”, ha spiegato Quarti.

Oltre il welfare, l’importanza del benessere delle persone

Ma OD&M in realtà vuole andare oltre e per questo nella sua analisi parla di “wellbeing”: “È lo stato di benessere nel quale l’individuo è in grado di sfruttare al meglio le sue capacità cognitive ed emozionali, esercitando la propria funzione all’interno della sua vita professionale e privata, rispondendo alle esigenze quotidiane della vita, stabilendo relazioni soddisfacenti e mature con gli altri, partecipando costruttivamente ai mutamenti del contesto in cui è inserito”. Il livello di wellbeing delle persone, infatti, incide sul livello di energia presente in azienda e questo principio impatta sul benessere organizzativo e sui risultati dell’azienda.

Secondo OD&M, nello strutturare un piano di welfare il primo step è proprio chiarire la finalità del piano: si deve allineare alla normativa? Punta a migliorare il clima interno? Serve per attrarre talenti o per generare engagement? Dalla risposta a queste domande si individua il “perimetro”, ossia il target del welfare (tutta la popolazione o solo una parte?) e si pianifica la gestione (quali servizi?), per poi individuare il contratto da utilizzare (accordo aziendale? Contrattazione di secondo livello?).

Lo step successivo riguarda invece il processo di implementazione del piano di welfare aziendale, che si compone di cinque fasi: analisi, progettazione, implementazione, comunicazione e monitoraggio. “Una volta implementato è fondamentale tenerlo monitorato per analizzare nuove opportunità e riprogettare”, ha chiarito Quarti.

Quali sono i servizi di welfare più diffusi? Secondo le analisi di OD&M, in testa ci sono i servizi di ristorazione (77,8%), seguiti dall’assistenza sanitaria (71,1%) e dalla previdenza (57,8%). Poi ci sono: area scuola e istruzione (54,4%), mobilità e area ricreativa, sociale, educativa (51,1%), gestione del tempo (44,4%), area assistenziale (40%), ferie e permessi (36,7%), area consulenza (31,1%), mutui e finanziamenti (26,7%), maternità (20%), programmi e servizi assicurativi (14,4%), servizi di pubblica utilità (8,9%).

I servizi di welfare più richiesti

L’attenzione al wellbeing da parte delle imprese è in crescita rispetto al 2017”, ha rilevato Quarti. “Le aziende che offrono servizi di welfare sono più attente al wellbeing”. Si tratta di attenzione nei confronti di “benessere psicologico”, “benessere fisico” (corretta alimentazione, forma fisica, prevenzione medica), “ambiente di lavoro” e “benessere relazionale”.

La ricerca di OD&M ha evidenziato anche il target cui si rivolgono i servizi: per il 46,5% a tutta l’azienda; per il 37,2% a tutta l’azienda, ma con servizi differenziati per gruppi omogenei; per il 16,3% a specifici gruppi omogenei. “Abbiamo rilevato che i lavoratori soddisfatti nei confronti del piano di welfare diminuiscono fra chi non è coinvolto nella scelta dei servizi (-8,3%) e chi non può scegliere all’interno di un paniere di servizi (-5,7%)”, ha continuato Quarti.

Saper comunicare il piano welfare ai dipendenti

Centrale nei piani di welfare è di certo la comunicazione, da gestire attraverso un processo che prevede: strategia, target, contenuti, canali e organizzazione. “La comunicazione è sia strategica sia operativa; lo scopo della prima è la comunicazione delle finalità del piano; la seconda invece punta a mettere i dipendenti nelle condizioni di accedere al piano di welfare in modo chiaro”, ha spiegato la Senior Consultant di OD&M. È dunque importante comunicare in modo efficace le finalità del welfare: la comunicazione del piano è considerata infatti una criticità dal 40% delle imprese (dal 51,7% per le grandi aziende).

Inoltre, la comunicazione è centrale per orientare la percezione del dipendente sulla finalità del piano che ha un impatto sul suo livello di soddisfazione. A questo proposito, la ricerca ha svelato una discrepanza tra le finalità dichiarate dalle aziende, che dicono di puntare soprattutto ad “aumentare il livello di wellbeing delle persone e il benessere organizzativo” (35,6%) e a prendersi cura dei loro dipendenti, e la percezione dei lavoratori, secondo i quali la principale finalità delle aziende è quella di “contenere i costi del personale in termini di leve di compensation tradizionali” (39,7%).

La sfida, secondo Quarti, è “far capire perché è importante fare welfare”. Di certo – ha rivelato lo studio di OD&M – il livello di wellbeing delle persone incide sul livello di energia presente in azienda, elemento che a sua volta impatta sul benessere organizzativo e quindi sui risultati che l’impresa di prefigge. L’azienda di consulenza di Gi Group ha elaborato la Company Energy Matrix per rilevare il livello di benessere organizzativo e delle persone per permettere di identificare degli action plan finalizzati a migliorare l’organizzazione nel rispetto della strategia aziendale, tenendo conto della percezione delle persone che la vivono quotidianamente.

La Company Energy Matrix di OD&M

La matrice rileva il people wellbeing e l’organization wellbeing che combinati permettono di costruire per definire la Company Energy Matrix. “Il 90% dei lavoratori pensa che i servizi di welfare possano impattare positivamente sul benessere personale. Abbiamo anche rilevato come tra i lavoratori che hanno un piano di welfare l’organization wellbeing index sia più elevato rispetto ai lavoratori che non ne beneficiano, che cresce anche tra le persone che hanno un alto livello di wellbeing individuale e un’alta fiducia nell’azienda. Questo ci dice che è  importante investire nel welfare e  coinvolgere le persone nei progetti che li riguardano direttamente al fine di guadagnare la fiducia dei lavoratori e migliorare il loro livello di wellbeing, elementi che impattano sul clima organizzativo”, ha concluso Quarti.

Ma quali sono le best practice da seguire per un piano di welfare-wellbeing ottimale? Le chiavi di successo per i dipendenti riguardano l’ampiezza e la flessibilità: vuol dire coinvolgimento nella definizione del paniere dei servizi; possibilità di avere una reale scelta; servizi che soddisfino reali bisogni e che siano orientati al wellbeing dei collaboratori. Per l’azienda la chiave del successo è la capacità di gestire la complessità: serve presidiare l’intero processo di realizzazione del piano e degli attori coinvolti (interni ed esterni); identificare la modalità di implementazione più coerente con la finalità del piano; comunicazione efficace.

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