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Villaggi operai e città di fondazione, all’origine del welfare aziendale

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Quella delle città di fondazione (o villaggi operai) è una pagina della storia industriale italiana indubbiamente affascinante. Sorte tra la metà dell’Ottocento e i primi del Novecento per rispondere il più delle volte alle esigenze di business di un imprenditore particolarmente illuminato, queste comunità rappresentavano agglomerati urbani la cui quotidianità, il cui sviluppo, i cui ritmi ruotavano intorno alla vita di una grande azienda. Da Nord a Sud sono stati diversi gli esperimenti di questo tipo che hanno caratterizzato il tessuto industriale italiano di quegli anni.

Esperimenti che meritano di essere ricordati non solo dal punto di vista economico, bensì anche da quello sociale. La maggior parte degli imprenditori che favorirono la nascita dei villaggi operai intorno alle loro fabbriche intrapresero infatti una lunga serie di provvedimenti atti a garantire il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori e delle loro famiglie.

La casa, l’istruzione, la salute, il tempo libero furono i principali capisaldi attorno ai quali si mossero questi precursori delle attuali politiche di welfare. Ma con alcune innegabili differenze rispetto all’età moderna. Come spiega Riccardo Prandini, Professore Ordinario di Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi dell’Università di Bologna, “la differenza principale tra quel tempo pionieristico e oggi risiede nel contesto.

All’epoca dei villaggi operai non esisteva un welfare State istituzionalizzato come oggi. Dove non c’era lo Stato c’erano le aziende. Erano le aziende stesse a fornire i servizi ai lavoratori”. Inoltre, Prandini evidenzia che “esperienze come quelle dei villaggi operai oggi appaiono difficilmente ripetibili per altri due fattori: il fatto che si trattasse di agglomerati di fabbriche e stabilimenti molto localizzati e il tipo di produzione specifica cui erano dedicati”.

Le aziende di oggi non presentano infatti una produzione localizzata in un unico spazio; i sistemi di welfare non si sviluppano quindi entro confini territoriali così limitati come quelli dei villaggi operai. I casi di imprese che riescono a creare dei ‘villaggi’ intorno ai loro stabilimenti sono rari e si tratta sempre di aziende di grosse dimensioni (Barilla e Ferrero, per citarne due).

Il tessuto economico odierno si compone infatti per lo più di una rete di Piccole e medie imprese che faticherebbero a impostare un modello di welfare simile a quello dei villaggi operai. Un’altra grande differenza, secondo lo studioso, sta nelle politiche di housing.

Nel vecchio modello delle città di fondazione, la casa rappresentava un punto centrale ed essenziale. Le aziende erano così grandi e avevano un tale impatto sul territorio che potevano permettersi di costruire dei veri e propri quartieri abitativi per i loro lavoratori.

Se da un lato un modello del genere non si è mai dissolto del tutto (pensiamo a realtà come Fiat), è pur vero che la maggior parte delle aziende del nostro tempo avrebbero grosse difficoltà ad affrontare un investimento del genere, dato che è difficile che abbiano lo stesso impatto sul territorio (a differenza di quanto avviene in Paesi come la Cina, dove le aziende costruiscono città da milioni di abitanti intorno ai loro siti produttivi). Non a caso, oggi l’housing sociale è quasi interamente a carico dello Stato.

Una certa somiglianza tra le politiche di welfare odierne e quelle di allora è riscontrabile nel tipo di servizi per i lavoratori, soprattutto quelli legati all’accudimento dei figli, ma anche nei vantaggi ottenuti dalle aziende. “Possiamo notare una logica stabile nel tempo: le aziende che offrono politiche di welfare riescono a creare un contesto molto rassicurante per i lavoratori, perfino per quelli che non ne usufruiscono”, afferma Prandini.

Oggi, le politiche di welfare sono sempre più stratificate e differenziate: il lavoratore caratterizzato da un alto grado di professionalità, competenza e specializzazione e che lavora su progetti molto alti richiede servizi diversi da quelli riservati a chi svolge mansioni di minore responsabilità.

“In sintesi che si guardi all’epoca delle città di fondazione o che si guardi al presente, il problema centrale rimane quello di fornire servizi ai lavoratori. A cambiare è il contesto, non basta dire che le politiche di welfare siano sempre le stesse. Tra un’epoca e l’altra si risponde agli stessi bisogni in maniera diversificata e stratificata”.

Entriamo nel merito dei principali provvedimenti sociali adottati ai tempi delle città di fondazione citando, tra i tanti, tre esempi illustri della storia industriale del nostro Paese: il villaggio Crespi d’Adda (Bergamo), la Città Sociale di Valdagno (Vicenza) e il villaggio Leumann (Torino).

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Giugno 2019 di Persone&Conoscenze.
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