
Un manager in trasferta all’estero, diverse culture in un unico cantiere
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Mi chiamo Enrico. Il punto di partenza per ogni esperienza di vita deve essere il prendere coscienza di chi siamo. Ho 36 anni, sono italiano e sono Construction Manager di cantieri all’estero per una società di General Contractor.
Quando vediamo un bambino osserviamo con piacere il suo tentativo di comportarsi come un adulto, imitando chi gli sta attorno. Se riuscisse a capire che è un bambino e ad agire in modo controllato come tale, riuscirebbe a soddisfare ogni suo desiderio. Lavorare in Paesi esteri può essere paragonato a quello che fa un bambino. A nostro favore gioca il vantaggio di poter sfruttare la nostra esperienza e maturità.
Vi racconto la mia esperienza cercando di farvi vedere l’estero con i miei occhi. Ho studiato Ingegneria Civile e già durante l’università ho iniziato la mia esperienza all’estero, partecipando a un anno di scambio universitario in Scozia.
Ripensando a questo periodo, l’anno trascorso all’estero equivale al passaggio in cui un bambino prende coscienza di chi è e di cosa vuole da se stesso. Ho aperto la mia mente all’estero come un calderone pieno di culture differenti, ma sempre e comunque funzionali e in grado di convivere in armonia senza necessità di predominare l’una sull’altra.
Un lavoro multiculturale in Italia
Successivamente ho lavorato per due anni in Italia, per una società multinazionale tedesca all’interno di caserme militari statunitensi; un lavoro con metodologie tedesche, clienti e utenti statunitensi, imprese e collaboratori del panorama piccolo-medio industriale e artigianale italiano.
Fu un’esperienza tra culture differenti che lavoravano in armonia con relativa semplicità. Parola d’ordine era l’impegno nel proprio lavoro, ma allo stesso tempo ho compreso l’importanza di dialogare con le persone non italiane per riuscire a esaudire le loro esigenze, facendo funzionare di riflesso una ‘macchina’ imprenditoriale locale che risultava lontana anni luce dalle richieste dei clienti.
Ancora una volta per me la conferma che in un mondo di culture diverse è possibile portare a termine con successo qualunque progetto. Questi due anni, per la mia esperienza, sono stati impagabili. Mi hanno infatti aiutato a capire altre culture rispetto alla mia e a tradurle in un linguaggio comprensibile a tutte le parti.
Chiusa la prima esperienza lavorativa ho proseguito gli studi in cerca di nuove basi per poter dar voce a quanto stavo iniziando a maturare, ovvero una coscienza ‘internazionale’.
L’articolo integrale è pubblicato sul numero di luglio-agosto-settembre 2019 di Persone&Conoscenze.
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