Dietro le parole – di Francesco Varanini –
Il bello sembra avere spazio nel mondo dell’impresa solo se riferito al design dei prodotti, o in rari casi all’architettura dei luoghi. Lo star bene, alla luce del taylorismo e del fordismo, è ridotto a ergonomia, studio delle posizioni del corpo più consone alla produttività. L’idea di bene comune è subordinata al primato del profitto. La complessiva idea del bene appare solo nel concetto di benessere, welfare, un compito che si intende dovuto allo Stato molto più che all’impresa. Possiamo pensare a buon prodotto o buon processo. Ma l’utilitarismo, l’orientamento alla soddisfazione dei bisogni, ci appaiono in contrasto con la bontà. Eppure non si può pensare all’agire e al produrre, al lavorare senza tener conto del bello, del bene e del buono. Che –come ci mostra il latino– risalgono a una stessa, basilare idea. Su un vasetto di terracotta, risalente probabilmente al VII secolo avanti Cristo, trovato nel 1880 nei pressi del Quirinale si legge: “duenos me fecit”. Si credette inizialmente che Duenos fosse il nome dell’artigiano, ma oggi si preferisce interpretare: “bonus me fecit”, “mi ha fabbricato una persona buona”. Duenos è infatti una versione arcaica del latino bonus. Il diminutivo di duenos è duenolus. Da qui il latino bellus: come dire –citando il titolo del racconto di Raymond Carver, che parla proprio del lavoro come estremo punto di incontro tra etica ed estetica– A Small Good Thing,‘cose piccole ma buone’. Bene è un avverbio. Ci parla del modo di agire, e rafforza il concetto allargandolo a campi differenti: bene vivere; bene mori ‘morire bene’; bene velle: ‘voler bene’, ma anche benevolentia; bene dicere: ‘benedizione’, e quindi anche ‘lavoro come benedizione’; bene facere: ‘beneficenza’, ‘benefattore’, e quindi ‘cura’ nel lavoro, ‘cura’ del proprio lavoro. Sallustio aggiunge senso parlandoci di bene consulendo: “vigilando, agendo, bene consulendo prospera omnia cedunt”. Il consiglio è il luogo dove si prendono decisioni; lo scambio di consigli, il parere del consulente fanno sì che tutto fruttuosamente proceda. Per questa via ci avviciniamo al buongoverno. La bontà è la statura morale che distingue un uomo dall’altro. L’artigiano è consapevole di come il buon manufatto sia conseguenza di un complessivo atteggiamento, che possiamo ben chiamare bontà. Dalla persona – “duenos me fecit” – la bontà si trasferisce all’opera, al processo. Il senso originario sta nella d, radice indeuropea da cui anche il sanscrito duvas: ‘onore’, ‘rispetto’, ‘culto’. Il suffisso -eno- indica il participio. E dunque duenus, bonus, buono significano: ‘dotato di doni e di virtù’. Leggi tutto >