Tag: sviluppo

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Di Ergon Master Team Network

Le organizzazioni sono sempre più attente a valorizzare il capitale umano, consapevoli che la
capacità delle persone di affrontare i cambiamenti con flessibilità e disponibilità a mettersi in gioco, a sviluppare nuove competenze e ad affrontare nuove sfide è la leva principale per mantenere il successo nel tempo. Per questo è sempre più importante conoscere il patrimonio a disposizione, in termini di potenzialità e propensione a crescere in linea con le esigenze strategiche dell’organizzazione. È necessario individuare i propri talenti, dando maggior visibilità alle loro caratteristiche professionali e personali, per pianificare e realizzare interventi di sviluppo coerenti con le esigenze aziendali e con le motivazioni personali.
Nel tempo le metodologie e i processi di valutazione delle potenzialità di sviluppo si sono evoluti, per rispondere ai diversi bisogni dell’organizzazione e alle finalità della valutazione, di selezione, formazione o pianificazione organizzativa.
Anche i processi sono cambiati, soprattutto per garantire il coinvolgimento di tutte le persone interessate. Si dedica sempre più attenzione alla comunicazione preliminare, per sensibilizzare le persone e motivarle rispetto a scelte che avranno un forte impatto sulla loro vita organizzativa. Leggi tutto >

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Siamo abituati ad associare gli approcci lean al settore produttivo. Ma anche spingere le persone a lavorare meglio e a raggiungere in maniera più efficace i risultati significa applicare tale approccio. Con questa riflessione di Fabrizio Baldassarre, ricercatore e professore dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, abbiamo aperto stamane la tappa barese del nostro ciclo di eventi dedicati alle risorse umane. Le persone devono essere competenti nelle attività che coinvolgono i processi ma anche avere una visione sistemica di quel che accade a monte e a valle. Il coinvolgimento è cruciale, la visione per processi obbliga alla corresponsabilità e le persone devono sentirsi parte delle possibili soluzioni. Lo spreco più grande è relativo alle conoscenze e il responsabile delle risorse umane è protagonista della gestione del cambiamento per negoziare con il top management eventi che spingano alla cultura del coinvolgimento. Le risorse non umane sono le conoscenze delle persone che rischiano di disperdersi mentre andrebbero, invece, coinvolte nel processo.
Il processo lean necessita di disciplina: la visione per processi rasserena le persone facendole lavorare di più, ottimizzando tutte le conoscenze e mettendo in gioco anche le emozioni. Il saper fare va portato alla luce. Di come si portano alla luce le conoscenze ci parla Cetti Galante, Amministratore Delegato di Intoo. Dobbiamo considerare ogni giorno le risorse come persone, prendere in mano la loro vita e guidarle in sentieri diversi, e questa è anche una responsabilità dei capi. Aggiornare continuamente le competenze dei collaboratori è un dovere morale dei capi. Le persone spesso non riescono a immaginarsi in attività diverse; Intoo le aiuta a ripensarsi. Per questo è importante farsi aiutare da chi lo fa di mestiere. Le aziende devono gestire con trasparenza i momenti di crisi e preoccuparsi che le persone non stiano chiuse nel loro ruolo senza leggere l’ambiente. È fondamentale allargare l’orizzonte, chiudersi nel proprio ruolo può rivelarsi una trappola.
Cosa fare per evitare le trappole? La formazione può essere una via. Pietro Scrimieri, direttore servizi centrali risorse umane, Organizzazione e Lavoro dell’Acquedotto Pugliese, racconta della nascita dell’Accademia dell’Acquedotto Pugliese per valorizzare tutte le competenze. Creare una faculty interna consente alle persone di diventare docenti per tramandare conoscenze, competenze e storia. L’obiettivo è anche formare percorsi per la creazione di manager, quadri e dirigenti e riconvertire alcuni profili per incidere sulla mobilità interna. Trovare quindi all’interno competenze che prima si ricercavano fuori, perché non si pensava di averle.
Ora le selezioni si fanno con il contagocce, conferma anche Riccardo Miazzo, Responsabile Direzione Risorse Umane di Bancapulia, e avvengono più per sostituzione che per espansione. Il lavoro in banca un tempo era sicuro; ma oggi come leggiamo il contesto? Per fortuna il mondo è cambiato, dice Miazzo. Bisogna vivere con la consapevolezza che l’incertezza richiede a tutti di mettere in pista nuove energie, superare pigrizie che portano al depauperamento delle competenze. Bisogna saper leggere i segni e far comprendere che il contesto è cambiato, la tecnologia ha modificato le relazioni degli utenti con le banche. Bisogna stimolare le persone ad acquisire nuove competenze e ad assumersi nuovi rischi. Così le aziende crescono.
Una storia emblematica di azienda del made in Italy è Birra Peroni. Ci racconta la sua storia Francesco Arbore, Human Resources Manager. Birra Peroni è una delle aziende più antiche d’Italia, ha oltre 160 anni di storia e ha scritto una delle pagine più importanti del capitalismo industriale italiano. All’inizio degli anni 2000 anche il mondo alimentare entra nelle dinamiche della globalizzazione e l’azienda viene acquisita da un grande gruppo straniero – Sab Miller –, il secondo produttore mondiale di birra. Un’azienda con una cultura diametralmente opposta. “Ho cambiato azienda e lavoro senza avere mai cambiato ufficio” racconta provocatoriamente Arbore, che ha dovuto costruire con i dipendenti un nuovo patto, alla luce di una nuova cultura aziendale, radicalmente differente. Il modo di intendere il patto con le persone è per gli anglosassoni molto diverso. Esiste una cultura della performance individuale differente, che si basa sulla misurabilità. E alla misurazione delle performance seguono azioni, premianti o di richiamo. Un’impronta culturale un po’ lontana dalla precedente… Un passaggio difficile, che il responsabile delle risorse umane ha saputo gestire bilanciando sapientemente tradizione e innovazione.
Sergio Rizzo, Direttore Territoriale Sud di Banca Popolare Pugliese, ci riporta in banca. Oggi il settore è maturo e ci troviamo di fronte a un grande rinnovamento. Dobbiamo sforzarci di aiutare i collaboratori a essere aperti al cambiamento. Ma l’azienda deve essere trasparente e saper comunicare le proprie necessità. Le persone, per aumentare il senso di responsabilità, devono sapere dove va l’azienda. Che non deve fare promesse impossibili da mantenere. Ma speranze sì.
Nel pomeriggio Antonio Messinese, Key Account Manager Area Sud di Intoo ha approfondito, nel corso del laboratorio, il tema della ricerca delle nuove opportunità. Le modalità di approccio al mercato cambiano e utilizzare strumenti di supporto al passo con i tempi è un fattore essenziale di successo. Leggi tutto >

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Intervista a Paolo Braguzzi

a cura di Daniela Rimicci

Il progetto di vita. Idee e strumenti per definire cosa si vuole nella vita e magari realizzarlo è il primo libro di Paolo Braguzzi, edito da ESTE: un metodo pratico per realizzare se stessi, strumento utile ad acquisire consapevolezza di sé, dei propri intenti e persino dei propri sogni, e tradurli in azioni concrete per realizzarli. Chi sono i destinatari del Progetto di vita? Quali le specificità di un libro per realizzare se stessi? Qual è il tuo progetto di vita? Per realizzare un sogno dobbiamo prima esserne consapevoli. E poi scriverlo… Leggi tutto >

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di Francesco Donato Perillo

Certo la leggerezza, virtù proclamata da Italo Calvino nelle sue Lezioni americane come valore da portare nel nuovo millennio, non è proprio caratteristica tipica del manager. La condizione manageriale è piuttosto caratterizzata dal suo opposto: la pesantezza, che si annida nelle priorità da inseguire, nelle performance da garantire, nelle pianificazioni, programmazioni e controllo di progetto, nelle puntuali revisioni di budget, nella necessaria tracciabilità di ogni azione gestionale. Ma nell’esecuzione del business c’è un punto critico, un buco nero, un tallone d’Achille: il coinvolgimento personale e la motivazione delle persone-risorse che abilitano la creazione del valore nell’impresa. I nostri manager lo sanno bene, ma non lo dicono: solo mettendo al centro della propria consapevolezza di ruolo il valore della persona e del lavoro è possibile divenire ‘project leader’. Chi è il project leader?
Archibald, nel suo fondamentale manuale di Project Management1, declina le competenze del PM e le riassume nella ‘project leadership’ che è necessario esercitare in ognuna delle tre fasi del ciclo di vita di un progetto: nel tenersi in contatto con gli stakeholders, nel giocarsi la palla, nel concentrarsi sul risultato. Capacità relazionali, creative e trasformazionali rappresentano così le condizioni per il raggiungimento del risultato e il fattore di successo di ogni progetto, direttamente proporzionali al grado di complessità da affrontare. ‘Soft skills’, competenze leggere perché distinte da quelle tecnicospecialistiche, che invece sarebbero ‘hard’, pesanti. La leggerezza tuttavia non risiede nel minore impegno che esse comportano, quasi si trattasse di capacità volatili e ineffabili. In realtà ciò che è soft richiede una piattaforma hard da cui decollare: soft è ad esempio la mente rispetto alla struttura neuronale, allo scheletro, ai muscoli, all’intero bios. Come la mente rispetto a qualsiasi corpo, è proprio questa competenza leggera a fare la differenza tra la mediocrità e l’eccellenza. A trasformare un normale tappeto in un tappeto volante, come direbbe Calvino.
Allora è davvero discutibile che all’impegno a investire e a sviluppare le capacità ‘pesanti’ non corrisponda altrettanto e maggiore impegno ad allenare quelle leggere. Quanto la leggerezza del manager è oggetto di formazione e valutazione nelle nostre aziende? Quanto ‘pesa’ per la carriera? Leggi tutto >

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