Tag: Mauro De Martini

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Quanto è buffo ascoltare il ricorrere, come mantra, di pareri negativi sulla natura dei giovani d’oggi che, secondo tali convinzioni, sarebbero pigri, svogliati, incapaci di accettare lavori umili, che non si saprebbero sacrificare, che mancherebbero di questo o di quello, non importa di cosa: l’importante è farne notare la totale mancanza.

In alcuni casi, questi atteggiamenti sono talmente diffusi da diventare bersaglio di barzellette. Si citano opinioni sulle nuove generazioni, giudizi che paiono assolutamente attuali, poi si svela che risalgono al 3000 a.C. o giù di lì. Leggi tutto >

Partecipazione, Team work, relazioni tra colleghi

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“Per loro sono importanti soprattutto l’amore, la co­municazione, la bellezza e i rapporti interpersona­li. Dedicano molto tempo ad aiutarsi e vezzeggiarsi l’una l’altra. Il loro senso del sé si definisce attraverso i sentimenti e la qualità dei rapporti interpersonali. Si sentono realizzate tramite la partecipazione e la rela­zione”.

Così John Gray descrive, nella sua simpatica e semplificante visione manichea, la vita su Venere. Sulla Stella del Mattino non ci sono mai andato né conosco le Venusiane di persona, però un’idea degli umani me la sono fatta. Noi, in fondo, non siamo tanto differenti dalle Venusiane anche se, nell’intenzione dell’autore, le Venusiane sono le donne. Leggi tutto >

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di Mauro De Martini

Se la funzione del manager richiama, nella mia testa, quella del direttore d’orchestra, accosterei l’imprenditore al compositore. Sappiamo bene che chi fa l’imprenditore spesso dirige la propria azienda. Ma qui vorrei porre attenzione alla fase che precede la gestione e concentrarmi sul momento del ‘concepimento’ di un’impresa, sulla sua scintilla nascente.
Difficile trattare il tema con maggior incompetenza, perché non faccio né l’imprenditore, né il compositore. Ma nello svolgere questo immodesto compito, mi sento tutto ispirato dal famoso motto: “Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna”, cui mi permetto di aggiungere “alcuni che non sanno neanche insegnare scrivono di ciò che ignorano”. Allo stesso tempo mi rassicuro da solo, pensando che potrò fare riferimento ai miei semplici modelli del comporre e dell’essere imprenditore, i quali, se presi da soli, servono a poco, ma messi insieme forse fanno venire in mente idee utili a chi s’intende veramente di imprenditorialità. Faccio questo, camminando sul sottile filo della metafora che, da un lato, presenta il pericolo della banalizzazione e, dall’altro, si espone a ragionamenti senza capo né coda. Vediamo se riesco a mantenere l’equilibrio.
Immaginando il compositore, mi rappresento qualcuno in grado di combinare pezzi di realtà –i suoni, le forme, gli strumenti musicali e così via–, che creano un mondo di significati coerenti. In questo ambiente, alcuni troveranno il bello, altri il nuovo e l’inedito, altri ancora la rassicurazione del ‘già sentito’. In tutti i casi, la maggior parte degli ascoltatori desidererà ‘abitare’ quell’universo di significati. Anche l’imprenditore genera uno spazio di senso in cui altri sono, in vari modi e a vario titolo, coinvolti. Prima di tutto si rivolge ai clienti, i destinatari della sua azione. Poi vi sono i collaboratori, incaricati di rendere concreta la sua ‘visione’. La relazione tra il compositore-imprenditore e il suo pubblico ci conduce a una riflessione su aspetti che non sono poi così immediati. L’azione imprenditoriale, così come quella compositiva, può essere letta come un’avventura comunicativa. Il compositore deve conoscere bene le regole del linguaggio con cui scrive, la technicality del mezzo con cui si rivolge al pubblico, attraverso gli esecutori.
Se così non fosse, la sua opera sarebbe pura “espressione” in cui passerebbe poco o nulla dell’intenzione.
Oggi, più che in altre epoche, la proliferazione dei linguaggi musicali consente ampie scelte a chi vuole scrivere musica, permette di individuare nuove, o vecchie, ‘nicchie’. Ma il dilemma del compositore, così come di ogni artista e, per estensione, dell’imprenditore, è attualissimo: risiede nella capacità o meno di farsi capire, di far stimare il proprio prodotto artistico e intellettuale. La soluzione al problema non è a portata di mano. È come una ricetta in cui alcuni ingredienti sono scritti, altri possono essere immaginati, ma mancano le indicazioni sulle proporzioni e sui tempi di cottura. Molto deve essere sperimentato e molto va rischiato se si vuole realizzare la propria impresa. Altri fattori comuni sono, come dicevamo, la competenza tecnica e la conoscenza del contesto in cui ci si muove. Ulteriori elementi di base sono la creatività e l’innovazione. Personalmente tendo a non attribuire grande valore alla loro ‘quantità’. Ritengo che non ne serva tantissima, solo un pizzico. Sono più portato ad apprezzare la capacità tecnica. La storia della musica ci propone talenti che hanno saputo comunicare con eccellenti strumenti tecnici. A parte qualche rara occasione –discutibile, peraltro–, non hanno compiuto salti creativi e innovativi enormi. Piuttosto, hanno canalizzato l’energia di un periodo storico; sono riusciti, in una fiammata, in un lampo geniale, a interpretare un fermento già presente, implicito, a lungo preparato, nel frangente in cui erano immersi. Hanno fatto l’ultimo, piccolo, gradino che ha condotto a una nuova vetta artistica. Ciò conduce a scoprire un altro costituente del comporre-imprendere: l’abilità di ‘far memoria’ del passato e dei precursori, unita all’umiltà di riconoscere l’importanza dei competitor. Non c’è azione imprenditoriale e compositiva isolata. L’amico-nemico imprenditore, che ha lo stabilimento accanto al mio, che produce il mio stesso prodotto, è un ostacolo e una risorsa, perché mi stimola a migliorare, mi dà spunti per crescere e cambiare. Chi vincerà? Difficile dirlo a priori. Uno passerà alla storia, come Bach, Mozart o Beethoven. Qualcuno verrà dimenticato. Ma il valore dell’imprendere, così come del comporre, è intrinseco e allude allo slancio vitale che c’è in ciascuno di noi. Va solo assecondato. 
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di Mauro De Martini

È ancora vivo il ricordo della bella serata celebrativa del decennale di Persone&Conoscenze. In quel momento d’incontro, così emozionante e ricco di contributi, Federica Fasoli, direttore del personale e pianista, ci ha fatto ascoltare il suo ‘musicale’ modo di leggere il ruolo del direttore del personale. Tutti insieme abbiamo gustato il risultato della presentazione. In questo breve spazio vorrei invitarvi nella ‘cucina dell’intervento’ e condividere un momento ancora denso di significato. Quando Federica e io abbiamo deciso di partecipare insieme all’animazione di quell’occasione, avevamo in testa le immagini di Grassilli, come finestre di senso e spunti di riflessione, allo stesso tempo, volevamo fare qualcosa con la musica, consapevoli del fatto che, generalmente, una musica è meno immediata di un’immagine. La nostra idea era fare emergere lo spirito della rubrica, che in questi anni ha proposto la musica come immagine dell’organizzazione e come riferimento costante alla dimensione autobiografica di chi scrive, per mantenere il contatto con la concretezza di un’esperienza in cui i lettori possono immedesimarsi o prendere distanza, come scriveva Montaigne: “Voglio che la gente mi veda come sono fatto nella mia semplicità, naturalezza e ordinarietà senza studi, né artificio”. Scriveva anche: “E io sono tutti”, frase non dettata dalla nota grandeur dei nostri cugini d’oltralpe, ma dal considerarsi un semplice esempio d’umanità. Leggi tutto >

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