Tag: lavorare all’estero

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La storia di copertina del numero di luglio-agosto-settembre 2019 di Persone&Conoscenze, dedicata ai ‘manager in movimento’, ha suscitato grande interesse tra i lettori. Alcuni di loro hanno deciso di contribuire al dibattito raccontando la propria esperienza personale di manager all’estero. Pubblichiamo di seguito il contributo di Paola Floris, VP e Country General Manager di Chep Canada. Chi volesse condividere la propria esperienza può scrivere a: dario.colombo@este.it Leggi tutto >

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Portsmouth è un porto nella nebbia, al di là della Manica che separa la grande isola dal resto d’Europa. L’ho conosciuta nell’esperienza in Alenia Marconi Systems nei mesi invernali, quando un vento gelido turbina tra le case di mattoni rossi e le taverne del suo piccolo cuore antico. Per il resto, capannoni, cemento e ampi prati anonimi di periferia industriale. In primavera è diverso, l’opacità del cielo, del mare e delle stesse aree industriali cede al colore e tutto si lucida di luminosità. Oltre il porto puoi scoprire l’Isola di Wight, sederti sul bordo del molo e sognare l’età che non ritorna, quella di quando anche tu eri un figlio dei fiori. Leggi tutto >

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di Tatiana Arini

Lavorare lontano dalla propria terra è difficile. Lasciare il proprio paese rimette in discussione l’identità dell’individuo, scatenando quello shock culturale che talvolta genera sentimenti di perdita e sradicamento: la ‘crisi’ che ne deriva (dal greco ‘krísis’: separazione, decisione, giudizio) è anche un’opportunità per apprendere e integrare le nuove conoscenze con le proprie radici, traducendosi in un processo di evoluzione e crescita della persona. La mobilità infatti permette quello scambio tra culture diverse, sempre arricchente, che dovrebbe essere ormai all’ordine del giorno nel mondo globalizzato. Tuttavia, non si può dire che l’internazionalizzazione sia un fatto sperimentato in ogni ambito lavorativo e da ogni fascia della popolazione italiana: molti contesti, infatti, non sono interessati dal contatto con l’altro –altri paesi, altre culture– rimanendo sostanzialmente isolati dalla dimensione globale. Ma l’Italia ha bisogno di assumere una connotazione più internazionale che possa renderla competitiva nello scenario attuale: quel che manca nel nostro Paese è dunque una condivisione delle best practice adottate a livello sopranazionale e apprese dai nostri emigrati all’estero, che potrebbe apportare idee inedite in settori strategici e dare una sferzata vitale al nostro sistema economico, per uscire così da un’impasse che ha messo in ginocchio numerose imprese e generato frustrazione e sfiducia da parte di molti lavoratori. Leggi tutto >

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