Tag: globalizzazione

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Siamo abituati ad associare gli approcci lean al settore produttivo. Ma anche spingere le persone a lavorare meglio e a raggiungere in maniera più efficace i risultati significa applicare tale approccio. Con questa riflessione di Fabrizio Baldassarre, ricercatore e professore dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, abbiamo aperto stamane la tappa barese del nostro ciclo di eventi dedicati alle risorse umane. Le persone devono essere competenti nelle attività che coinvolgono i processi ma anche avere una visione sistemica di quel che accade a monte e a valle. Il coinvolgimento è cruciale, la visione per processi obbliga alla corresponsabilità e le persone devono sentirsi parte delle possibili soluzioni. Lo spreco più grande è relativo alle conoscenze e il responsabile delle risorse umane è protagonista della gestione del cambiamento per negoziare con il top management eventi che spingano alla cultura del coinvolgimento. Le risorse non umane sono le conoscenze delle persone che rischiano di disperdersi mentre andrebbero, invece, coinvolte nel processo.
Il processo lean necessita di disciplina: la visione per processi rasserena le persone facendole lavorare di più, ottimizzando tutte le conoscenze e mettendo in gioco anche le emozioni. Il saper fare va portato alla luce. Di come si portano alla luce le conoscenze ci parla Cetti Galante, Amministratore Delegato di Intoo. Dobbiamo considerare ogni giorno le risorse come persone, prendere in mano la loro vita e guidarle in sentieri diversi, e questa è anche una responsabilità dei capi. Aggiornare continuamente le competenze dei collaboratori è un dovere morale dei capi. Le persone spesso non riescono a immaginarsi in attività diverse; Intoo le aiuta a ripensarsi. Per questo è importante farsi aiutare da chi lo fa di mestiere. Le aziende devono gestire con trasparenza i momenti di crisi e preoccuparsi che le persone non stiano chiuse nel loro ruolo senza leggere l’ambiente. È fondamentale allargare l’orizzonte, chiudersi nel proprio ruolo può rivelarsi una trappola.
Cosa fare per evitare le trappole? La formazione può essere una via. Pietro Scrimieri, direttore servizi centrali risorse umane, Organizzazione e Lavoro dell’Acquedotto Pugliese, racconta della nascita dell’Accademia dell’Acquedotto Pugliese per valorizzare tutte le competenze. Creare una faculty interna consente alle persone di diventare docenti per tramandare conoscenze, competenze e storia. L’obiettivo è anche formare percorsi per la creazione di manager, quadri e dirigenti e riconvertire alcuni profili per incidere sulla mobilità interna. Trovare quindi all’interno competenze che prima si ricercavano fuori, perché non si pensava di averle.
Ora le selezioni si fanno con il contagocce, conferma anche Riccardo Miazzo, Responsabile Direzione Risorse Umane di Bancapulia, e avvengono più per sostituzione che per espansione. Il lavoro in banca un tempo era sicuro; ma oggi come leggiamo il contesto? Per fortuna il mondo è cambiato, dice Miazzo. Bisogna vivere con la consapevolezza che l’incertezza richiede a tutti di mettere in pista nuove energie, superare pigrizie che portano al depauperamento delle competenze. Bisogna saper leggere i segni e far comprendere che il contesto è cambiato, la tecnologia ha modificato le relazioni degli utenti con le banche. Bisogna stimolare le persone ad acquisire nuove competenze e ad assumersi nuovi rischi. Così le aziende crescono.
Una storia emblematica di azienda del made in Italy è Birra Peroni. Ci racconta la sua storia Francesco Arbore, Human Resources Manager. Birra Peroni è una delle aziende più antiche d’Italia, ha oltre 160 anni di storia e ha scritto una delle pagine più importanti del capitalismo industriale italiano. All’inizio degli anni 2000 anche il mondo alimentare entra nelle dinamiche della globalizzazione e l’azienda viene acquisita da un grande gruppo straniero – Sab Miller –, il secondo produttore mondiale di birra. Un’azienda con una cultura diametralmente opposta. “Ho cambiato azienda e lavoro senza avere mai cambiato ufficio” racconta provocatoriamente Arbore, che ha dovuto costruire con i dipendenti un nuovo patto, alla luce di una nuova cultura aziendale, radicalmente differente. Il modo di intendere il patto con le persone è per gli anglosassoni molto diverso. Esiste una cultura della performance individuale differente, che si basa sulla misurabilità. E alla misurazione delle performance seguono azioni, premianti o di richiamo. Un’impronta culturale un po’ lontana dalla precedente… Un passaggio difficile, che il responsabile delle risorse umane ha saputo gestire bilanciando sapientemente tradizione e innovazione.
Sergio Rizzo, Direttore Territoriale Sud di Banca Popolare Pugliese, ci riporta in banca. Oggi il settore è maturo e ci troviamo di fronte a un grande rinnovamento. Dobbiamo sforzarci di aiutare i collaboratori a essere aperti al cambiamento. Ma l’azienda deve essere trasparente e saper comunicare le proprie necessità. Le persone, per aumentare il senso di responsabilità, devono sapere dove va l’azienda. Che non deve fare promesse impossibili da mantenere. Ma speranze sì.
Nel pomeriggio Antonio Messinese, Key Account Manager Area Sud di Intoo ha approfondito, nel corso del laboratorio, il tema della ricerca delle nuove opportunità. Le modalità di approccio al mercato cambiano e utilizzare strumenti di supporto al passo con i tempi è un fattore essenziale di successo. Leggi tutto >

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di Tatiana Arini

Lavorare lontano dalla propria terra è difficile. Lasciare il proprio paese rimette in discussione l’identità dell’individuo, scatenando quello shock culturale che talvolta genera sentimenti di perdita e sradicamento: la ‘crisi’ che ne deriva (dal greco ‘krísis’: separazione, decisione, giudizio) è anche un’opportunità per apprendere e integrare le nuove conoscenze con le proprie radici, traducendosi in un processo di evoluzione e crescita della persona. La mobilità infatti permette quello scambio tra culture diverse, sempre arricchente, che dovrebbe essere ormai all’ordine del giorno nel mondo globalizzato. Tuttavia, non si può dire che l’internazionalizzazione sia un fatto sperimentato in ogni ambito lavorativo e da ogni fascia della popolazione italiana: molti contesti, infatti, non sono interessati dal contatto con l’altro –altri paesi, altre culture– rimanendo sostanzialmente isolati dalla dimensione globale. Ma l’Italia ha bisogno di assumere una connotazione più internazionale che possa renderla competitiva nello scenario attuale: quel che manca nel nostro Paese è dunque una condivisione delle best practice adottate a livello sopranazionale e apprese dai nostri emigrati all’estero, che potrebbe apportare idee inedite in settori strategici e dare una sferzata vitale al nostro sistema economico, per uscire così da un’impasse che ha messo in ginocchio numerose imprese e generato frustrazione e sfiducia da parte di molti lavoratori. Leggi tutto >

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di Michela Vitale

Internazionalizzare significa confrontarsi con uno scenario complesso, con lingue ma soprattutto culture diverse. L’organizzazione che si affaccia a un Paese diverso dal proprio troppo spesso vive l’esperienza come un ‘appuntamento al buio’. È necessario analizzare il mercato di destinazione e, soprattutto, verificare le capacità delle proprie persone per affrontare al meglio il percorso e competere con successo. Capacità e competenze, però, hanno bisogno di strumenti adeguati per essere valorizzate ed efficaci. A partire dalla lingua che, si sa, unisce Paesi e persone: l’inglese. Quanto siamo internazionalizzati? Siamo pronti a partire…? Quali percorsi di formazione preparano le persone ad affrontare il mercato globale? Leggi tutto >

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di Giancarlo de Crescenzo 

In un contesto nel quale è difficile trovare certezze, salvaguardare la fabbrica, la produzione e il lavoro diventa un’impresa difficile. La fabbrica altro non è se non le persone che ci lavorano e che tengono tutto insieme. Passata l’epoca in cui l’attenzione si poteva concentrare sulle politiche di compensation e rewarding, oggi le persone si sentono fortunate se possono far parte di un progetto, se possono sentirsi parte di una squadra. Stare ‘dentro’ la fabbrica significa oggi poter affrontare con dignità il proprio presente. Gli interessi individuali lasciano spazio agli interessi collettivi ed è compito del responsabile del personale creare quel legame forte tra le persone e l’azienda. Un legame che si traduce in possibilità per l’azienda di poter contare su persone motivate a far crescere l’azienda e disposte a impegnarsi per costruire insieme un futuro. Leggi tutto >

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