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Stiga, trasparenza e collaborazione: gestire le persone con il dialogo

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Stiga è un gruppo creato nel 2001 dalla fusione di quattro aziende: Castelgarden Spa –produttore leader di tosaerba in Europa con sede a Castelfranco Veneto– e Alpina Professional & Garden Spa, produttore di motoseghe e decespugliatori, di Conegliano Veneto. Insieme con Stiga –azienda svedese specializzata nella produzione di tagliaerba, che porta nel Gruppo il contributo di un brand solidissimo– hanno dato vita a Global Garden Products (GGP), oggi denominata Stiga con piena identificazione con il brand più importante.

Il gruppo è divenuto in seguito il più grande produttore di prodotti per il taglio dell’erba, con vendite stimate in 1,8 milioni di tosaerba per operatore a piedi e 120mila trattorini. Nello stesso anno, l’espansione della GGP in Europa è proseguita con l’acquisizione di Mountfield, uno dei marchi di prodotti per il taglio dell’erba più famosi in Inghilterra.

Massimo Bottacin
Massimo Bottacin, Group HR & ICT Vice President di Stiga

Con la crisi, dal 2009 al 2014, Stiga ha subito notevoli cambiamenti ed è stata costretta a ristrutturare e riorganizzare la struttura produttiva, accentrando i processi e le funzioni presso l’headquarter italiano a Castelfranco Veneto. Attualmente, dunque, il volto di Stiga è così composto: un headquarter, 11 filiali commerciali (tra cui Francia, Germania, Gran Bretagna, Benelux, Polonia, Repubblica Ceca, Finlandia, Svezia, Austria) e due filiali produttive, oltre allo stabilimento italiano, in Cina e in Slovacchia.

Con un fatturato di oltre 500 milioni, il 95% del quale all’estero, Stiga si classifica come leader europeo nei prodotti consumer nel campo del giardinaggio (tosaerba e altri articoli per il gardening).
Merito anche delle persone che compongono l’organizzazione: sono circa 1.650 dipendenti a livello globale, che diventano 2.200 nel periodo di picco di produzione (650 in Italia con punte di 900).

Persone&Conoscenze ha chiesto a Massimo Bottacin, Group HR & ICT Vice President, di spiegare qualcosa di più sulla gestione nel campo delle Risorse Umane, sempre più partecipi al cambiamento e all’innovazione.

Com’è organizzata la vostra azienda, dal punto di vista HR?

La nostra è un’organizzazione molto flat: è molto comune venire nella nostra azienda e trovare l’Amministratore Delegato che chiacchiera con due o tre dipendenti degli altri uffici; c’è una possibilità di contatto più o meno con chiunque. Questo perché siamo un’azienda per necessità molto flessibile, soprattutto dal punto di vista organizzativo.

Trattorino rasaerba Stiga
Trattorino rasaerba Stiga

Sono orgoglioso di affermare che abbiamo precorso alcune soluzioni organizzative poi implementate da altre aziende italiane, grazie anche a un approccio molto franco e onesto –la cosiddetta transparency– anche con il sindacato. Abbiamo dovuto seguire alcune necessità che imponeva il territorio, dato che abbiamo una forza lavoro diretta molto variegata; siamo arrivati addirittura ad avere 22 nazionalità diverse in azienda. Abbiamo anche una grande ciclicità stagionale, quindi l’organico fluttua a causa di questa stagionalità: passiamo da un minimo di 1.100 dipendenti a un massimo di oltre 2.200, impiegati principalmente negli stabilimenti produttivi. In media, quindi, abbiamo circa 1.650 dipendenti.

Riferendoci alla situazione italiana, abbiamo 650 lavoratori in bassa stagione e 850-900 nel periodo di picco. Contrattualmente parlando, ci sono diversi lavoratori che impieghiamo solo in certi periodi, con contratti a termine e part-time verticale: una formula che ha trovato terreno fertile tra gli extracomunitari e le donne; soprattutto nell’ambito della produzione, le donne apprezzano i contratti a termine nel periodo invernale, di modo da poter essere libere nel periodo estivo.

Come relazionati con un organico così variegato?

Per capire meglio la situazione, vorrei esporre una best practice storica: nel 1997, siamo stati la prima azienda in Italia a creare una stanza che fosse a disposizione dei nostri dipendenti di fede musulmana per la preghiera; una sorta di moschea aziendale, con regole precise. Inizialmente, l’abbiamo creata per questioni di sicurezza, per evitare che durante la pausa i dipendenti si mettessero a pregare nello stabilimento con il rischio di infortuni; in seguito, abbiamo introdotto anche la possibilità di avere, nella mensa aziendale, un menù allineato alle loro ‘specificità alimentari’.

Headquarter di Stiga a Castelfranco Veneto
Headquarter di Stiga a Castelfranco Veneto

Entrambi i provvedimenti si sono dimostrati ottimi per le politiche di coinvolgimento che volevamo attuare, anche in ottica di fidelizzazione: dato che sono principalmente dipendenti stagionali, averli fatti sentire integrati li ha spinti a tornare a lavorare ciclicamente per noi, come persone già formate e consapevoli del lavoro che andavano a svolgere, con grande risparmio di tempo da parte nostra per una formazione ex novo.

Abbiamo anche creato le figure dei mediatori culturali per poter lavorare secondo logiche lean: per risolvere il problema della lingua e sveltire i passaggi, ci siamo rivolti al più anziano tra i nostri dipendenti che parlasse la lingua degli altri e l’abbiamo coinvolto nelle dinamiche di spiegazione e gestione dei processi, con ottimi risultati.

Quali strategie avete adottato per i compiti gestionali ‘hard’?

Negli anni di riorganizzazione, la parte ‘hard’ del mestiere è stata purtroppo, ma inevitabilmente, molto importante, con un approccio di cui però possiamo essere legittimamente contenti e orgogliosi: abbiamo realizzato i progetti di ristrutturazione in full transparency con i dipendenti. In alcuni casi, abbiamo fatto incontri diretti con l’intera forza lavoro (per esempio nel caso della Svezia) e abbiamo instaurato un dialogo molto aperto con la controparte sindacale.

Abbiamo costruito questo approccio di trasparenza perché la nostra volontà era che nessun lavoratore venisse lasciato a se stesso. Quando abbiamo ristrutturato circa 400 posti di lavoro tra Italia e Svezia sono stati firmati accordi collettivi con i sindacati ma, soprattutto, sono stati firmati accordi individuali con i singoli dipendenti per regolarne l’uscita, cercando di favorirne necessità o problematiche espresse.

rasaerba Stiga
Un dettaglio del rasaerba Stiga

La parte ‘hard’, dunque, è stata gestita con grande trasparenza e responsabilità da parte dell’azienda, che ha messo in campo gli strumenti necessari per risolvere le eventuali conflittualità; ce ne sono state alcune, ma abbiamo sempre concluso le fasi trovando un accordo collettivo anche con il sindacato. Il risultato di questa trasparenza è stata quindi una bassa conflittualità e, di conseguenza, una facilità nel trovare le soluzioni adatte per i lavoratori.

E parlando degli aspetti ‘soft’, invece?

Contemporaneamente alla riorganizzazione funzionale, siamo stati chiamati a cambiare il volto dell’azienda anche dal punto di vista delle competenze. Abbiamo quindi dato possibilità di crescita ai nostri dipendenti interni –attraverso strategie ad hoc– e, soprattutto, abbiamo ridefinito il set di valori a cui si vuole attenere l’azienda. Per formulare questi principi, abbiamo coinvolto le 100 persone più ‘importanti’ della nostra azienda e abbiamo chiesto loro di elaborare con noi i valori che avrebbe dovuto seguire la società, traducendoli quindi in comportamenti quotidiani.

Utilizzando questo nuovo set come punto di partenza, abbiamo ricavato un nuovo modello di leadership sulle cui basi abbiamo poi fondato tutte le nostre politiche aziendali: abbiamo riscritto le job description, formulato nuovi piani di sviluppo, tratteggiato le competenze dei nostri dipendenti e affrontato il cambio manageriale, soprattutto sul piano della gestione degli high potential e della leadership.

Il forte allineamento che si è creato è servito anche per l’attività di recruitment, dato che abbiamo dovuto affrontare molte attività di Change management, specialmente per quanto riguarda le strutture organizzative e i ruoli aziendali; abbiamo anche dovuto assumere nuove risorse esterne per far fronte alle nuove competenze necessarie a rilanciare l’azienda. Le attività di recruitment sono state guidate, dunque, da questo nuovo modello di leadership su cui basare la nostra attività e rilanciare l’azienda in ogni campo. I risultati sono stati ottimi.

Avete sfruttato la legge di Stabilità 2017 e le opportunità offerte in termini di formulazione di piani welfare?

Dopo una prima, timida, implementazione iniziata circa due anni fa, stiamo impostando oggi un piano di welfare molto più ambizioso basato sui flexible benefit, sfruttando proprio quanto propone la legge di Stabilità 2017. Il tutto, ovviamente, sempre seguendo l’approccio ormai collaudato di trasparenza e collaborazione tra l’azienda e i dipendenti. Abbiamo intenzione di proporre tutto il panel di servizi e vogliamo sfruttare le piattaforme di flexible benefit che sono state aperte, per mettere a disposizione tutte le offerte: dal wellness all’assistenza e sostegno alle famiglie.

Stiamo inoltre lavorando a un sistema che si metta a disposizione del singolo, di modo che possa scegliere in forma sostanzialmente autonoma verso quali opportunità orientarsi. Insomma, vogliamo personalizzare il sistema sul singolo nucleo familiare e sui suoi bisogni.

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