Sport e ‘fabbrica’: le due anime dell’Inter

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INTERVISTA A SERGIO ZANETTA, Direttore del personale di F. C. Internazionale

Di Daniela Rimicci

 

Sul grande schermo vediamo una squadra di calcio tra i top player internazionali: l’anima dello sport. Ma dietro le quinte? C’è un’altra anima: quella della ‘fabbrica’, l’azienda.

Ci sono persone che lavorano e sono parte fondante del risultato sia della performance durante le competizioni sportive sia in termini di business, derivante dalle altre attività della società.

Abbiamo incontrato Sergio Zanetta, direttore del personale della società F.C. Internazionale, a uno dei convegni Risorse Umane e non Umane di ESTE. Come non scambiare qualche battuta con lui?

 

Sergio Zanetta, Direttore del personale di F.C. Internazionale
Sergio Zanetta, Direttore del personale di F.C. Internazionale

Cosa significa e qual è il valore di gestire il personale in una società calcistica tra le top player?

Va prima di tutto osservato che il mondo dello sport e in particolare quello del calcio rappresenta un universo a se stante, difficilmente equiparabile ad altre realtà. La peculiarità consiste nel fatto che convivono due anime, quella strettamente calcistica e sportiva e quella che definisco ‘la fabbrica’, separate e per certi versi distinte ma di fatto legate in modo indissolubile. Per consentire alla squadra di entrare in campo ,la fabbrica deve presidiare un insieme di attività, quelle che in teatro svolgono gli addetti ai lavori (sceneggiatori, truccatori, elettricisti, costumisti) per consentire agli attori di andare in scena senza preoccuparsi di cosa è stato fatto per mandarceli.

La funzione Hr è strettamente collegata ai risultati di business. Quali sono le strategie Hr che adotta in funzione di un business così particolare?

Ancora una volta va sottolineata la distinzione fra risultato sportivo e risultato aziendale: ormai sono numerose le leve che consentono a una società calcistica di generare fatturato e possibilmente utili (merchandising, sponsorizzazioni, diritti televisivi, immagine) e in tal senso il punto di contatto fra risultati e gestione risorse è sottile. Al di là di un naturale e ovvio clima di partecipazione e motivazione derivante da risultati positivi, vanno adottati anche qui gli strumenti in uso presso realtà ‘tradizionali’ quali una sana politica retributiva, la possibilità di avere percorsi di carriera, la tutorship, le condizioni di lavoro in ottica work life balance.

Quali maggiori difficoltà si trova ad affrontare e come le gestisce?

Sono legate a un fatto storico e ineliminabile, almeno per ora, dove in generale il trattamento dei protagonisti dei due universi (giocatori e dipendenti) è soggetto e governato da regole e consuetudini diverse, che non sono facilmente modificabili e che verrebbero vissute in modo molto negativo in quanto si continua a volere una distinzione fra off e on field.

Motivazione ed engagement sono la base di un rapporto di lavoro. Ci sono differenze tra il personale ‘fisso’ e il personale ‘variabile’ dei giocatori, allenatori e tutte le persone coinvolte nella prima squadra e nei giovanili?

La stessa definizione tra personale ‘fisso’ e ‘variabile’ identifica la difficoltà se non l’impossibilità di un governo univoco. Le motivazioni personali e professionali sono differenti, i percorsi di crescita altrettanto, così come la durata dei contratti e l’anzianità aziendale. Le ragioni che portano giocatori, allenatori e addetti ai lavori a essere ‘meno fedeli’ sono da riferirsi a un mercato con regole, norme, leggi del tutto uniche, non paragonabili a quelle che governano il mondo del lavoro tradizionale.

Come si fa a costruire un gruppo di lavoro con persone dai background culturali diversissimi tra loro? Come si costruisce la ‘cultura di squadra’, come si valorizzano le differenze?

Per la squadra l’elemento unificatore e ‘appianatore’ delle differenze culturali, sociali e, specie oggi, etniche è e sarà il campo, l’incontro, la vittoria. All’interno di uno spogliatoio le distanze sono se mai determinate dal ruolo −vero o presunto− di ‘migliore’ e quindi dall’accettazione di una gerarchia informale che tuttavia sul campo tende a scomparire anche se la guida di coloro considerati ‘top’ ha un grande valore anche pratico.

Una delle sfide del direttore del personale è proprio integrare le differenze, dalla sua esperienza che consiglio può dare per valorizzare il patrimonio delle diversità?

Rispettare le differenze, valorizzarne gli aspetti più positivi e utili al raggiungimento del risultato, cogliere le sfumature che, opportunamente utilizzate e ‘sfruttate’, possono diventare patrimonio comune a tutti i membri della squadra e dei dipendenti più in generale.

Una società internazionale per competere sul mercato deve avere la garanzia di competenza delle proprie risorse. Ci racconta quali sono i piani formativi e di training?

In prima battura è importante la scelta di uomini e manager già in fase di ‘selezione’: devono possedere le competenze ritenute necessarie ed essere in grado di diffondere valori e cultura sintonici con gli obiettivi del business. In secondo luogo mi occupo dell’azione: ‘agenti di cambiamento’ dall’interno esercitata dai nuovi ingressi e dai manager presenti attraverso opportuni momenti di tutorship e coaching oltre a formali momenti di training. Ciò è soprattutto valido in momenti storici particolari quali, ad esempio, quelli che la nostra società sta vivendo a seguito della acquisizione da parte di nuovi soci del pacchetto di maggioranza azionaria.

Benessere e welfare aziendale: due temi caldi. Qual è la risposta della società al riguardo? Ci racconta eventuali programmi e iniziative?

Il nuovo socio di maggioranza −che proviene da culture aziendali e valori culturali diversi dai nostri− ha intenzione di puntare sulla costruzione di un clima di lavoro sia formale sia sostanziale che consenta di realizzare un corretto equilibrio fra personale e professionale attraverso l’introduzione di un modus operandi che lo rispetti.

2014: quali saranno i temi più importanti nella sua agenda?

Il passaggio da una società imprenditorial-famigliar-padronale a un’azienda di natura e vocazione manageriale. Un cambiamento, quindi, difficile e lungo che richiede grande disponibilità, attitudine e flessibilità: del resto solo attraverso tale nuovo corso si potrà percorrere un cammino di ripresa prima e crescita e successo poi.

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