Smart working, cresce l’apprezzamento dei lavoratori italiani

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Lo Smart working piace ai lavoratori italiani, ma c’è ancora una certa resistenza culturale ad adottare la modalità di lavoro agile.
Stando all’ultima edizione del Randstad Workmonitor, l’indagine trimestrale sul mondo del lavoro di Randstad, uno dei primi operatori mondiali nei servizi per le risorse umane, le iniziative di lavoro agile raccolgono grandi apprezzamenti, ma allo stesso tempo le persone restano legate alla modalità di lavoro tradizionale, evidenziando una resistenza al cambiamento.

Oltre otto dipendenti su 10, apprezzano la Smart working in quanto ritengono che migliori la creatività, la produttività e la soddisfazione sul posto di lavoro, mantenendo un buon equilibrio fra lavoro e vita privata. Quasi un italiano su due ha già sperimentato forme di lavoro agile e il 43% dichiara di trovarsi in una fase di transizione dalla modalità di lavoro tradizionale allo Smart working.

Anche se questi dati ci danno un riscontro positivo dal punto di vista dell’implementazione da parte delle aziende, di certo non sorde al benessere del dipendente, quasi due terzi dei dipendenti lavorano ancora esclusivamente in modalità tradizionale.

In particolare le donne, il segmento di lavoratori più attento al tema del work-life balance, aderiscono con molto meno entusiasmo dei loro colleghi uomini al lavoro agile, esprimendo meno fiducia nella sua capacità di garantire un corretto equilibrio fra vita privata e lavorativa e preferendo, invece, il lavoro in ufficio.

“Lo Smart working in Italia è una realtà estremamente dinamica e in trasformazione che coinvolge quasi la metà dei lavoratori intervistati, con alcune imprese che già stanno effettuando la transizione dall’impiego tradizionale a quello agile e altre che stanno applicando forme di flessibilità che riguardano il luogo e l’orario di lavoro”, ha dichiarato Valentina Sangiorgi, Chief Hr Officer di Randstad Italia.

“Tuttavia, nonostante la maggioranza degli italiani guardi con favore allo Smart working, due terzi dei dipendenti lavorano ancora esclusivamente in ufficio e quasi uno su due teme che il lavoro agile possa avere ripercussioni negative sulla propria vita privata. Un segno che c’è ancora una barriera culturale da superare e che le imprese devono ripensare l’organizzazione del lavoro per consentire a tutti i dipendenti l’accesso a forme di flessibilità lavorativa e a un corretto equilibrio fra vita professionale e tempo libero”.

Soluzione per gestire vita privata e lavoro

Secondo il Randstad Workmonitor, gli italiani sono fra i lavoratori che apprezzano maggiormente lo Smart working. All’87% dei dipendenti piace perché permette di mantenere un buon equilibrio fra vita professionale e privata (+5% rispetto alla media globale e +7% rispetto alla media europea), una percentuale che in Europa è superata soltanto dal Portogallo (90%).

L’84%, invece, ne apprezza il conseguente aumento di autonomia, produttività, creatività e soddisfazione sul posto di lavoro (3% in più della media globale e 5% in più della media europea); in Europa soltanto Francia (88%), Svizzera (88%) e Portogallo (90%) registrano consensi maggiori. Due italiani su tre (66%, +1% sulla media globale) vorrebbero lavorare occasionalmente in modalità agile, più di tutti gli altri europei, a eccezione di spagnoli e portoghesi (73%).

Nonostante l’apprezzamento sia molto alto, il 60% degli italiani continua a lavorare in ufficio, e ha il timore che lo Smart working possa aggiungere stress alla vita privata perché impedisce di staccare dal lavoro(47%).

Sono in particolare le donne ad assumere un atteggiamento più prudente nei confronti del lavoro agile. Nonostante siano meno libere di organizzare e gestire il proprio lavoro (-10% rispetto agli uomini) e più dipendenti dalle indicazioni di un superiore (+8%), sono però anche le meno inclini a individuare nello Smart working uno strumento di maggiore indipendenza (-6%) e un fattore di equilibrio fra lavoro e tempo libero (-11%). Inoltre, rispetto ai colleghi uomini, tendono a preferire l’ufficio come luogo di lavoro (+10%)e vedono meno favorevolmente il lavoro da casa anche in forma occasionale (-9%).

I dati contenuti nella ricerca confermano che anche le imprese stanno iniziando a ripensare l’organizzazione del lavoro in direzione più smart. Il 48% dei lavoratori, infatti, sta già lavorando in modalità agile, con la possibilità di svolgere le proprie mansioni in qualsiasi luogo e orario. Un dato che supera di 7 punti la media globale e di 9 punti la media europea, collocando l’Italia ai primi posti in Europa, superata solo da Germania (52%), Danimarca (51%) e Olanda (49%).

Oltre quattro lavoratori su dieci (43%, -1% sulla media globale, +3% rispetto alla media europea), invece, dichiarano di trovarsi in una situazione di transizione fra l’impiego tradizionale e forme di lavoro agile, un processo che in Europa vede soltanto inglesi (50%) e olandesi (46%)a uno stadio più avanzato. A conferma dell’impegno delle imprese su questo fronte, il 62% dei dipendenti afferma che la realtà in cui lavorano offre tutti gli strumenti tecnologici necessari per poter lavorare al di fuori dell’ufficio (+6% vs la media globale), il 65% dichiara di avere la libertà di organizzare e definire le priorità del proprio lavoro (-1% rispetto alla media globale) e quattro lavoratori su dieci (41%, contro il 36% della media mondiale) utilizzano con regolarità strumenti per organizzare riunioni online e virtuali in videoconferenza.

Eppure, dalla ricerca emerge anche un’immagine diversa dell’accettazione e penetrazione dello Smart working in Italia. Il 65% degli italiani lavora ancora soltanto in modalità tradizionale (-3% rispetto alla media mondiale e 2 punti in più della media europea) mentre il 70% dei lavoratori interessati al lavoro agile svolge mansioni che non prevedono questa possibilità (il 6% in più della media dei paesi analizzati), un altro 70%,inoltre, continua a privilegiare le riunioni in ufficio rispetto agli strumenti virtuali per discutere con i colleghi.

Una buona parte del campione, infine, lamenta ancora un’insufficiente grado di autonomia nell’organizzazione del proprio lavoro: oltre un italiano su due dichiara che sono i manager a stabilire le priorità sul posto di lavoro (il 53%, contro il 48% della media globale) e ben il 59% afferma che sono i manager a decidere quali compiti deve svolgere.

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