“Sconfiggere il nemico senza combattere è la massima abilità”, Sun Tzu e l’arte della guerra: Una metafora della strategia aziendale

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di Lucia Landi

Scritto più di 2000 anni fa, L’arte della guerra è un manuale per il generale che aspira all’eccellenza, ma è anche un testo fondamentale per ogni uomo che aspiri a fare il salto di qualità nelle proprie relazioni, lavorative o personali. Da alcuni anni tali insegnamenti sono stati studiati e interpretati a servizio dei manager e di coloro che sono chiamati a decidere la sorte delle imprese e delle risorse aziendali, che vogliono vincere ed essere consapevoli delle proprie armi e potenzialità. Alcuni insegnamenti fondamentali di quest’opera ne fanno una pietra miliare, guida assolutamente moderna: la razionalità lucida con cui esaminare i mezzi e i fini della strategia; la lungimiranza con cui valutare e adottare le decisioni, l’adattabilità alle mutevoli condizioni dell’ambiente esterno. L’insegnamento che colpisce è: la vittoria non è una vittoria a tutti i costi. È necessario bilanciare esigenze, valutare e mediare. Siamo nell’epoca della ‘win win solution’: può capitare che per vincere entrambi tutti rinuncino a qualcosa, per ottenere −apparentemente− meno di quanto prefissato. Un’azienda sarà vincente se tutte le abilità, competenze, conoscenze saranno messe a fattor comune e a beneficio di molti, perché le battaglie non si combattono e, soprattutto, non si vincono da soli.

L’approccio comunicativo alla ‘Django’
Sabato sera sono andata al cinema a vedere l’ultimo film di Tarantino Django Unchained e al di là di quello che può essere un gusto del tutto personale, ho trovato il film interessante dal punto di vista dell’approccio comunicativo utilizzato, ma soprattutto mi ha colpita l’attenzione al valore della trasmissione delle competenze. Mi sono infatti interrogata su cosa avesse determinato una visibile trasformazione nel personaggio del film; incontriamo all’inizio un giovane schiavo nero, incatenato, spaventato (pur senza paura) e con gli occhi curiosi sul mondo e su ciò che gli sta succedendo ma totalmente privo di strumenti che gli permettessero di capire e affrontare le situazioni. In una delle prime scene del film appare una fila di schiavi che nella notte e in catene percorre un sentiero a piccoli passi e a testa bassa…alla mia mente è apparso chiaro il ‘mito della caverna’ di Platone, contenuto nel settimo libro della Repubblica. Il filosofo ateniese afferma il primato della conoscenza e la vittoria della luce sulle ombre, Tarantino fa lo stesso attraverso un personaggio che nel dialogo filosofico solo immaginiamo: il Socrate di turno, il dottor King Schultz, che insegna senza insegnare in maniera scolastica. Schulz, che diventerà il mentore di Django, attraverso l’esempio, il ragionamento, la costruzione di uno schema permette al giovane schiavo di riacquistare la libertà non solo fisica ma anche intellettuale e cognitiva. Al di là della delicatezza del film e della grandiosa capacità del regista del Tenesse di parlare da una parte della superiorità comunque dell’uomo e di fondamentali valori e dall’altra di ridicolizzare invece l’atteggiamento di chiusura verso ciò che non conosciamo o ciò a cui non siamo abituati, mi ha colpito molto il livello di cambiamento espresso tanto che sono uscita dal cinema con una serie di riflessioni.

Rivisitazione delle caratteristiche del profilo Hr
Il ruolo anche educativo, soprattutto in questo periodo, di un referente Hr, non è a mio avviso quello di dettare semplicemente linee guida, che seppur utili e necessarie non hanno nessuna efficacia nel lungo periodo, se non sono accompagnate da un esempio concreto e puntuale. Se vogliamo infatti instaurare una politica, ad esempio anche strettamente commerciale, improntata su un nuovo modello di distribuzione o di modello di servizio, è necessario che tale processo venga non solo illustrato ma condiviso ‘bottom up’ e per fare questo, paradossalmente ci vuole un forte ‘top down’. Bisogna essere credibili nei fatti perché con le parole e dalle parole alcuni −molti− sono stati ingannati. La capacità di prendere decisioni, anche difficili, di scegliere, di chiedere dei sacrifici è una caratteristica da sempre presente nei profili Hr ma mai come oggi oggetto di rivisitazione. Empatia, intelligenza emotiva, approccio olistico, sono queste le nuove competenze che deve avere un manager o comunque chi vuole ‘fare bene il proprio lavoro’. Sapere, saper fare sono attitudini importanti ma non bastano più. Bisogna essere capaci di vedere oltre, di rischiare, di fare anche quello che sappiamo fare meno o meno bene. La mia personale esperienza mi ha portato a convincermi di una cosa: ogni decisione che prendi, ogni singola decisione, non è una decisione su cosa fare, è una decisione su chi sei. Se vedi questo, se capisci questo, tutto cambia. Cominci a vedere la vita in una nuova maniera, ogni evento, sfida, difficoltà diventa opportunità per fare in modo di affermare veramente chi sei. Solo così è possibile ottenere non solo risultati ma cambi di rotta; nei colloqui che quotidianamente svolgo parlo sempre più spesso dell’Arte della guerra che dei numeri, ma alla fine quello che ottengo è misurabile. Di recente parlavo con un collega, titolare di filiale, in difficoltà nella gestione del rapporto con e tra i collaboratori; ho notato subito che da come mi stava illustrando la situazione avrebbe potuto chiedermi “mi aiuti?”. Che esplicitato in una richiesta Hr significa: “Puoi trasferire uno dei due visto che non vanno d’accordo?”. In quel momento ho preso una decisione, ho preso il libro l’Arte della guerra e ho iniziato a leggere. Ho fatto come il dottor King Schultz con Django, perché qualcuno che vuole fare qualcosa troverà la strada, chi non vuole troverà una scusa o una giustificazione. Noi abbiamo il dovere di indicare, o almeno di provare a indicare la strada. “Non contrastare il nemico che si ritira verso casa. Lascia una via d’uscita a un esercito accerchiato. Non incalzare un nemico disperato. Poiché la disperazione può produrre una forza inaspettata”. “Non contare sul mancato arrivo del nemico, ma fai affidamento sulla capacità di affrontarlo; non contare sul mancato attacco del nemico, ma procurati di essere inattaccabile”. Finito di leggere queste due parti ho detto “Ti consiglio di leggerlo e quando avrai finito ci rivediamo”.

L’Arte della Guerra
Sconfiggere il nemico 2Mi sembra interessante, a questo punto, analizzare l’Arte della guerra, provando a offrire una lettura filosofica- aziendale. L’arte della Guerra con i suoi 2000 anni, è il più antico trattato militare nel mondo, ed è tornato alla ribalta perché in molti vedono nella competizione e nelle dinamiche del mercato e della concorrenza tra le aziende e all’interno di esse, una sorta di conflitto, al limite con quello militare, in cui l’obiettivo è conquistare. Conquistare quote di mercato e non territori, conquistare posizioni, promozioni, e non bottini. In questi ‘combattimenti aziendali’ in cui le armi sono la comunicazione e il marketing, le strategie e le tattiche hanno un’importanza primaria e il funzionamento dell’esercito/ impresa gioca un ruolo fondamentale. Sun Tzu non descrive soltanto quello che riteneva il modo più efficace di gestire le operazioni militari, ma esplora l’influenza della natura umana nel modo di condurre e organizzare le attività, così come il valore della conoscenza di se stessi e del rivale. Non si può prescindere dalla conoscenza di sé per conoscere, motivare e guidare gli altri. È interessante riportare alcune parti del testo, che lasciano capire quanto sia attuale e saggio lo studio dell’autore, ad esempio: “Quando si è in grado di attaccare, dobbiamo sembrare incapaci di farlo; quando muoviamo le nostre forze, dobbiamo sembrare inattivi; quando siamo vicini, dobbiamo sembrare lontani e quando lontani, dobbiamo far credere di essere a un passo… Se l’avversario è superiore di numero, evita lo scontro diretto; se è irritabile, fallo innervosire. Fai finta di essere debole per renderlo arrogante”. Tornando alle analogie tra l’arte della guerra e il management, si può fare riferimento al capitolo sui preparativi per la guerra, dove Sun Tzu afferma come sia non solo inutile, ma assolutamente controproducente, iniziare un conflitto solo nel momento in cui tutti i dettagli siano pronti e questo è evidente anche nell’attività lavorativa, che necessita costantemente di sperimentazione, per appurare quali sono le possibilità che offre il mercato e per individuare ad esempio strumenti di comunicazione innovativi. Il momento giusto non esiste, dobbiamo rinunciare all’idea della perfezione per provare a essere migliori con quello che abbiamo a disposizione. Questo vuol dire tendere alla perfezione. Attenersi a una programmazione a lungo termine, senza riflettere sui nuovi elementi che si manifestano durante l’attività, conduce a un’inconsapevolezza assolutamente pericolosa e molte aziende lo hanno appreso a proprie spese. Un altro elemento strategico piuttosto interessante riguarda il modo in cui si può raggiungere il successo, tanto per un generale che conquista un territorio, quanto parafrasando per le aziende a livello di attrazione/mantenimento dei talenti aziendali, alti profili ecc. “Nell’arte della guerra la cosa migliore tra tutte è prendere il territorio nemico intatto; saccheggiare e distruggere non porta alcun profitto… In quanto combattere e conquistare in tutte le tue battaglie non corrisponde alla suprema eccellenza; la suprema eccellenza consiste nell’infrangere la resistenza del nemico senza combattere”. “Vincerà chi saprà quando combattere e quando evitarlo; chi saprà come gestire una forza sia superiore sia inferiore al nemico; vincerà chi al suo interno sarà animato dallo stesso spirito a prescindere dal rango; chi si preparerà adeguatamente e saprà cogliere l’avversario impreparato. Se conosci le tue capacità e quelle del nemico non dovrai temere l’esito di cento battaglie; se conosci te stesso, ma non il tuo avversario, per ogni vittoria subirai una sconfitta, ma se non conosci né la tua forza, né quella del rivale, perderai in ogni battaglia”. “Chi comprende i vantaggi legati alle variazioni nella tattica, sa come gestire la propria organizzazione, ma chi non lo capisce appieno, pur possedendo un’ottima conoscenza dell’ambiente in cui agisce, non sarà in grado di trasformare la conoscenza in un’azione vantaggiosa”.

Se stessi, il nemico e la contingenza
Già leggendo questi piccoli passaggi si capisce come tali pensieri strategici-filosofici dell’autore siano un monito sulla vita quotidiana, sulla capacità di affrontare i problemi e le insidie e non un semplice libro di addestramento militare. Ed è questo che rende l’Arte della guerra un libro importante. Dovrebbe essere sulle scrivanie di tutti i manager e più semplicemente sui comodini di tutti noi. Già. Oltre a usarlo nella strategia quotidiana di vita sociale, andrebbe consultato anche per la vita privata: “Conosci il nemico e te stesso, e potrai combattere cento battaglie senza timore di essere sconfitto…”. Un principio che nel rapporto con gli altri è più che essenziale. Lo scopo di un combattimento non è quello di distruggere un nemico ma è quello di ridurlo all’impotenza per conquistarlo intatto. Un nemico distrutto non è più niente, un nemico impotente è costretto a eseguire gli ordini del vincitore. Attività di suprema importanza per vincere il conflitto: sconvolgere la strategia del nemico, spezzare le alleanze, attaccare il suo esercito, non assediare le sue città fortificate. La presa di una città fortificata ha un costo dispendioso in termini di tempo ed energie, per tanto, l’attacco a una fortezza è quasi sempre privo di grande utilità. Il comandante abile è colui che assume come fine la vittoria suprema e non si discosta da tale direttiva, sicché la massima abilità è nella conquista senza combattere. Conosci te stesso, e il nemico non potrà mai batterti: conosci te stesso e il nemico, e sarai invincibile. Sun Tzu è un testo prezioso perché conduce e stimola la conoscenza di tre elementi centrali del conflitto: se stessi, il nemico e la contingenza. L’arte della guerra mostra come esista una radice comune all’intera logica dello scontro, in qualunque sua forma, come abbiamo più volte mostrato in queste pagine. Questa logica, tuttavia, non si presta a una riduzione totale ma solo a una scomposizione per principi generali che devono trovare piena realizzazione solo all’interno della dimensione contingente. L’elemento contingente è il contesto in cui si situa materialmente il conflitto ed è solo in questa cornice materiale, che, come diceva Aristotele, non si lascia mai ricondurre ai soli principi della forma, che va dominata attraverso la conoscenza dei singoli dettagli che la compongono. Innanzi tutto, lo scopo di ogni conflitto, se è sensato, è quello di ottenere vantaggi. Una guerra, è un’attività che determina potenziali circoli viziosi estremamente pericolosi e indesiderabili: vanno a perderci tutti. Così, un conflitto ha senso solo se è in grado di portare l’ago della bilancia in modo che i vantaggi siano superiori ai vantaggi. Ma se conquistassimo il nemico dopo la sua totale distruzione, che vantaggio ne avremmo tratto? La vittoria sul campo è pur sempre una battaglia difficile e dispendiosa e, già solo per questo, va evitata, se possibile. Questo non significa che non bisogna combattere, semplicemente che esistono sistemi migliori per vincere un conflitto. Inoltre, anche nel momento in cui bisogna scendere in campo, bisogna rispettare alcuni principi aurei: non perdere mai la calma, calibrare la forza necessaria per vincere in base alle energie del nemico e colpire solo dove si può ottenere il massimo vantaggio con il minimo del dispendio delle risorse. Il grande generale sa scegliere altre strade, che la propria dissipazione di forze, anche se sono vie meno dirette e più tortuose, ma sono quelle che conseguono il massimo vantaggio, e così un manager ‘visionario’ percorre strade inusuali, poco battute e che spesso lo espongono a dei rischi.

Come si ottiene la vittoria? Bisogna essere preparati a ogni imprevisto
Sconfiggere il nemico 3Una domanda può sorgere spontanea: se proviamo ad asserire che non esiste un sistema per conoscere ogni possibilità a priori, perché nel presente si danno condizioni contingenti, allora perché Sun Tzu indica come condizione necessaria alla vittoria quella di “essere preparati ad ogni imprevisto”? La guerra è composta da noi e il nostro schieramento, dal nemico e dal suo schieramento e dal resto della realtà che compone lo spazio e il tempo della contesa. Conoscere noi stessi, il nemico e la realtà sono le condizioni grazie alle quali è possibile assicurarsi nei confronti delle avversità. Così, Sun Tzu termina con queste immortali parole. E così, nelle operazioni militari: “Se conosci il nemico e conosci te stesso, nemmeno in cento battaglie ti troverai in pericolo, se non conosci il nemico ma conosci te stesso, le tue possibilità di vittoria sono pari a quelle di sconfitta. Se non conosci né il nemico né te stesso, ogni battaglia significherà per te la sconfitta”. Da un punto di vista individuale, posso provare a trarre alcune considerazioni. Per vincere bisogna contare solo sulle proprie forze e sulla propria mente, per tanto, per prima cosa bisogna che la nostra razionalità sia assistita da una volontà non vacillante, così che non ci siano intromissioni delle emozioni nella nostra attività, emozioni che rischierebbero di lasciarci andare a considerazioni sentimentali che non massimizzano la nostra utilità. Una volta salda la mente, unificato lo spirito, bisogna analizzare le condizioni alle quali noi possiamo muovere contro un avversario, in modo economico, efficiente ed efficace. Ogni azione dissipa energia, ogni pensiero costa fatica, così che è necessario cercare un’armonia tra lo sforzo e l’obbiettivo, in modo da ordinare i mezzi nel modo migliore. Per fare questo, occorre conoscere bene se stessi e il nemico, perché solo a queste condizioni potremo operare nell’ottica di capitalizzare ogni nostro vantaggio. Realismo costruttivo, questa è l’ottica, l’unica, verso la quale la nostra mente deve tendere per giungere al massimo vantaggio, il solo scopo per cui valga la pena imbarcarsi in uno scontro, quale che sia. Ragionare in questi termini, cercando di essere sempre pronti al confronto, spazzando via quelle piccole verità che ognuno di noi crede di avere in tasca, lo ritengo un approccio non solo sensato ma decisamente vincente. Costa impegno, certo, e spesso le strade conosciute ci sembrano apparentemente più funzionali e comode, ma come ci è capitato di sperimentare almeno a tutti una volta nella vita, il vero miracolo accade fuori dalla zona di comfort. Un tale approccio, certe dinamiche, soprattutto in aziende, storicamente basate sulle leggi dei numeri, sono scommesse, ma per esperienza personale io posso dire di averla vinta. Le persone sono più attente, più sensibili. Si sentono più forti e allo stesso tempo più leggere. Ritengo infatti che bisogna essere leggeri per portare dei pesi e bisogna prendersi alla leggera per portare a termine progetti importanti. Io ho capito questo e ho avuto conferma quando il mio nuovo ‘artigiano della guerra’ mi ha detto che le cose stavano andando meglio e che non si sentiva più schiacciato. Anche Django alla fine solleva la testa, anche lui alla fine è disinvolto, anche lui acquista sicurezza perché qualcuno gli insegna il ‘come si fa’. Credo che in questo particolare periodo le parole, benché importanti, non abbiano la forza di insegnare fino in fondo. Scriviamo molto, ma brevemente. Mandiamo messaggi, chat, postiamo video, frasi, ma brevemente. Sono concetti, slogan, flash che accendono ma non insegnano; l’esempio è un altra cosa. Se pretendi devi dare, se vuoi sincerità devi essere limpido, se vuoi impegno devi essere tenace, se vuoi essere ascoltato devi ascoltare. Nell’epoca del dire paradossalmente è il fare che la ‘fa da padrone’. Essere concreti senza abbandonare il senso dell’effimero, essere solidi e veritieri. Questo è il consiglio che mi sento di dare ogni giorno a me stessa ed è sicuramente quello che cerco di trasmettere ogni giorni a colleghi e collaboratori. 

1 I brani citati sono stati tradotti dall’edizione di The art of War pubblicata da Dover Publication, New York. Lasker E., La lotta, Scacchi e Scienza applicata, Venezia, 2006 Sun Tzu, L’arte della guerra, Mondadori, Milano, 2003 

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