|rubrica| Raccontami

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Martina Galbiati

Ricordo di un professore al liceo che insegnava letteratura italiana in un’altra sezione e ogni tanto capitava nella mia classe per qualche supplenza. Zumbo, così si chiamava di cognome, era un gran lettore, il suo innamoramento per la letteratura trasudava da tutti i pori. Gli piaceva in particolare quella malinconica, arrovellante e struggente: i crepuscolari, gli scapigliati.

Nelle ore di supplenza lui si dedicava a quello che più gli piaceva: ci raccontava che cos’era la letteratura. Ci ipnotizzava con la sua voce morbida ma scandita quel tanto che basta per mantenere l’attenzione su di sé. Diceva, sicuramente parafrasando qualcuno venuto prima di lui, che noi iniziamo a esistere quando qualcuno ci racconta. Ed è vero. Il 29 marzo è morta mia nonna e il fatto di non averla più fisicamente qui mi ha fatto riflettere molto sul rapporto fra racconti, ricordi ed esistenza. Nei primi giorni senza di lei mi sono sentita come se avessero portato via un pezzo di me stessa, la custode di un vissuto, di tanti racconti, di tante cose che lei sapeva e che erano rimaste solo sue. Come se io e la mia famiglia avessimo perso la guardiana della nostra storia. Una telefonata durante la quale la linea cade all’improvviso e io rimango sola ad ascoltare il silenzio, in attesa.Raccontami

Lentamente poi, per spirito di sopravvivenza, il mio punto di osservazione si è spostato. Ho iniziato a scandagliare, recuperando voracemente e senza un metodo preciso, i ricordi che avevo piegato e riposto in maniera ordinata sugli scaffali della memoria. Li ho tirati fuori tutti con foga dall’armadio, li ho lanciati sul letto e ho visto che erano tanti, che uno sull’altro, accatastati alla rinfusa, avevano formato una grossa pigna, variopinta. Tanti colori, fantasie, trame, tessuti e pesi diversi. Da quella catasta disordinata, un po’ com’era lei, è uscita la nonna. Mi è venuto naturale condividere questi ricordi, queste ri-scoperte con mia mamma, mio fratello, perché speravo che ci ritrovassero la nonna e con lei lo stesso conforto che avevo trovato io. E ha funzionato: dalla condivisione delle nostre voci, custodi di immagini diverse e ignote agli altri, usciva sempre lei. Raccontare è dare essenza alle cose. Quando abbiamo salutato la nonna in chiesa ero convinta di questo. Per lei abbiamo scelto i giacinti blu e gli iris viola, perché ho ricordato, dopo anni, che li faceva crescere nei vasi sul balcone. Ricordo di quella volta in cui li abbiamo piantati insieme e nel terriccio abbiamo trovato delle grosse larve e lei, senza indugio e tirando un bell’urlo deciso, le ha lanciate dal terrazzo verso la loro sorte. Quando ho raccontato questo aneddoto a mio fratello ha sorriso e ha preso a raccontare di quando, da quello stesso balcone, la nonna rispondeva alle rocambolesche avance del fattorino che dieci anni fa ci consegnava tutti i sabati l’acqua a casa. Lasciar scorrere libero il flusso dei ricordi della nonna è come piegare l’angolo di una pagina del libro che stai leggendo, per fissarla nella memoria ed evitare di lasciarla andare, anonima, come le altre. Il racconto e soprattutto il contributo di tanti racconti, di punti di vista diversi, crea il senso delle cose. Le nostre azioni assumono un significato quando noi o qualcun altro ne facciamo oggetto di narrazione. E il bello viene quando i punti di vista sono tanti e quindi diversi; ognuno custode di un pezzettino di ‘cosa’ che agli altri è sfuggito.

‘Mettere insieme i pezzi’ è quello che facciamo anche con i convegni di Risorse Umane e non Umane. Il prossimo appuntamento è quello milanese, che quest’anno si chiama Convivio di Persone&Conoscenze. Persone che raccontano, conoscenze che si diffondono e cose che prendono forma. A Milano, il 21 maggio, ci sarà Giulio Sapelli che, con il suo fare fumantino, ci racconterà della primavera araba e degli impatti sulle nostre organizzazioni, ci sarà il punto di vista politologico di Mario Unnia, ci saranno i direttori del personale e i professionisti che in azienda si occupano di gestire le persone. Loro più che mai custodi della multiformità delle nostre aziende, che si costruiscono di nuovo e in maniera sempre diversa, ogni volta che qualcuno le racconta. Al Convivio troverete due cose: le persone che raccontano e quelle che ascoltano e che, il giorno dopo, si faranno essi stessi narratori, per far rivivere le persone, che fanno le aziende, che fanno le persone, in un eterno ritratto sempre diverso ma sempre fedele a se stesso.

Commento

  • Grazie per questa forte testimonianza che è poi la parabola dell’Uomo (con la U come UMANE). E’ attraverso la curiosità che si affina la capacità di apprezzare peculiarità ma anche differenze ed imperfezioni nelle persone, da cui possono nascere grandi opere. Il punto fondamentale è nell’essere bravi (direi capaci) ad ascoltare e sensibili nel mettere questo tesoro di conoscenza al posto giusto.

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