Welfare aziendale e premi di risultato: cosa prevede la norma

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Precisare tutti gli aspetti fiscali e previdenziali, calcolare il tetto di reddito per chi ha lavorato all’estero, chiarire le norme su welfare e premi e il coinvolgimento paritetico dei lavoratori all’organizzazione aziendale: è questo ciò che si prefigge di fare la circolare 11/2018 dei Consulenti del Lavoro, che approfondisce aspetti già chiariti dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 5/2018, dopo due anni dalla legge di Bilancio che introduce i premi di risultati convertibili in welfare aziendale.

Secondo la norma, gli aventi diritto al welfare aziendale sono tutti i dipendenti del settore privato con uno stipendio entro gli 80mila euro. Due le casistiche legate al rientro dei cervelli previste dalla norma: se il lavoratore è appena rientrato da un periodo di lavoro all’estero, utilizzando l’agevolazione fiscale che permette di ridurre l’imponibile, potrà allora calcolare gli 80mila euro per il diritto ai premi di risultato sulla base di quanto ha effettivamente percepito. Nel caso in cui il lavoratore abbia lavorato all’estero per più di sei mesi, mantenendo però la residenza in Italia, conteggerà il reddito sulla base della retribuzione standard come da decreto annuale del Ministero del Lavoro.

L’agevolazione è indirizzata verso la generalità dei dipendenti o verso specifiche categorie di lavoratori, non può essere applicata se i benefit o le somme spettano a un solo individuo. Il tetto massimo è fissato a 3mila euro: questa cifra deve comprendere tutte le somme percepite compresi i servizi di welfare o la partecipazione agli utili, sia che queste arrivino da una singola azienda sia che arrivino da più aziende.

I lavoratori che hanno lavorato per più aziende nel corso dell’anno devono stare attenti alla compilazione della dichiarazione dei redditi, indicando tutte le somme ricevute. Stesso discorso per l’agevolazione contributiva di 20 punti percentuali che spetta alle aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro su una quota massima di premio pari a 800 euro.

Per quanto riguarda il coinvolgimento paritetico, l’azienda deve avere uno specifico piano aziendale che preveda gruppi di lavoro comprendenti rappresentanze aziendali e lavorative appositamente dedicati alla definizione di misure innovative per l’organizzazione del lavoro.

Welfare come premio di risultato

All’interno del testo sono comprese altre precisazioni riguardanti l’utilizzo di welfare aziendale come premio di risultato. I contributi e premi versati da parte del datore di lavoro a favore dei dipendenti aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza sono limitati alle somme versate per long term care e dread disease, o volte ad assicurare la cura di terapie lunghe e malattie gravi; per il trasporto sono compresi abbonamenti, rimborso spese per l’acquisto degli stessi, abbonamenti per familiari a carico, mentre sono esclusi biglietti cumulativi o altri titoli di viaggio diversi dagli abbonamenti e carte di trasporto integrate; nel caso della previdenza complementare vanno comunicate al proprio fondo di appartenenza le somme sostitutive dei premi di risultato; per quanto riguarda l’assistenza sanitaria le detrazioni fiscali si applicano al netto della parte che non concorre a formare il reddito.

Nell’ambito della rappresentanza sindacale le PMI che non si avvalgono di sindacati possono ugualmente applicare il contratto territoriale di settore. Le agevolazioni fiscali infatti richiedono l’accordo sindacale sui criteri di misurazione dei risultati raggiunti, nel caso di un gruppo aziendale questa misurazione viene effettuata in base alla singola impresa che paga il premio.
Gli incrementi di produttività, se accertati dopo il conguaglio, possono essere compresi attraverso il rilascio di una Certificazione Unica. L’agevolazione viene applicata nel momento in cui il premio viene incassato, nel caso di un servizio di welfare dal momento in cui il voucher viene messo a disposizione.

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