Per una storia della retribuzione
Un libro sulla storia della retribuzione, specchio di tanti cambiamenti economici e sociali susseguitisi nei secoli e occasione di riflessione sullo scenario retributivo contemporaneo e sul futuro che ci attende.
Così Inaz ha deciso di festeggiare il suo 70esimo compleanno, a coronamento della storia di un’impresa che ha cercato di contribuire alla crescita della società puntando a essere trait d’union fra chi fa le leggi e chi le mette in pratica.
Secondo gli autori di Per una storia della retribuzione (Il Mulino, 2018), è di estremo interesse interrogarsi sulle modalità attraverso le quali il lavoro è stato compensato nei secoli, in quanto aiuta a capire dove e perché esso è riuscito a diventare maggiormente produttivo contribuendo allo sviluppo dell’intera società.
Il tutto è ancora più pregnante di significato nel contesto attuale, che mostra una profonda contraddizione fra la funzione del lavoro, centrale nell’affermazione della dignità dell’uomo, e la sua remunerazione, che persegue la concentrazione di ricchezza in un numero di mani sempre più ristretto: una dicotomia alla quale non si assisteva fin dai tempi dell’impero romano.
Appunto per questa ragione è necessario scavare a fondo nella storia della retribuzione, a partire dalle civiltà antiche –specie quella egiziana– passando per la tradizione giudaico-cristiana e le città Stato medievali, fino alla nascita del capitalismo e alle rivoluzioni industriali, che ci portano infine ai giorni nostri. Analizzando civiltà caratterizzate da livelli tecnologici molto differenti, il focus è posto in particolare sui momenti di svolta e criticità e sui relativi impatti.
La precisione della retribuzione apre la via della modernità
Così Matteo Landoni rivela come nella mentalità degli Antichi il lavoro fosse condizione necessaria per la sussistenza, ma non l’unica dimensione della vita dell’uomo, mentre l’età classica inizia a considerarlo attività tipica degli schiavi: la delega consente infatti ai cittadini di dedicarsi alla loro occupazione principale, la cura della polis o della res publica.
Se poi nell’Antico Egitto il lavoro viene retribuito in natura, in una prospettiva slegata dal valore del prodotto e veicolo per l’identificazione di uno status in base al contributo portato alla società, con l’ascesa del cristianesimo il lavoro viene elevato alla concezione di ‘opera’, in cui l’uomo trova la sua realizzazione e prosegue l’opera creatrice divina.
La ricostruzione attraverso i Millenni prosegue fino ad arrivare al Medioevo, grazie all’analisi attenta di Giuseppe De Luca, che sottolinea il passaggio dal negozio alla scienza, sostenuto dal desiderio di aumentare la disponibilità di risorse.
La quantificazione della realtà è infatti alla base della rivoluzione scientifica, spartiacque che introduce il Secolo dei Lumi.
Tra le nuove prospettive, l’introduzione della moneta nelle realtà comunali italiane segna senza ombra di dubbio uno stravolgimento epocale, dal linguaggio del ‘pressappoco’ ai numeri e alla precisione anche nell’ambito economico e finanziario.
È questo il cambio di paradigma necessario per avviarsi alla modernità, in una concezione del lavoro che racchiude fattori sempre meno legati alla morale a favore di un’interpretazione oggettiva, analizzabile e misurabile scientificamente.
Il lavoro forgia l’identità delle persone
A Vera Zamagni spetta invece il compito di condurre il lettore attraverso l’epoca delle rivoluzioni industriali, durante la quale grazie all’aumento della produttività si apre una prima fase di deciso miglioramento del sistema retributivo.
La creazione delle aziende riduce notevolmente il lavoro autonomo a favore del lavoro dipendente: in un simile contesto inizia a ritenersi doveroso che la retribuzione comprenda l’accesso a servizi in grado di assicurare al lavoratore la protezione da alcune gravi incertezze della vita, come per esempio malattie, infortuni o vecchiaia. È proprio qui che nasce il Welfare State.
Guardando al futuro, la remunerazione pone interessanti sfide, derivanti dai nuovi fattori critici del mercato contemporaneo: primo fra tutti, la globalizzazione e la possibilità di delocalizzare deprimono la retribuzione; l’instabilità del contesto economico crea precariato e disincentiva gli investimenti a lungo termine; la robotizzazione porta con sé il rischio che il lavoro diventi non solo precario, ma persino irrilevante.
Il volume, riccamente corredato di apparati iconografici, si conclude con un richiamo alle encicliche papali, a ricordare con la loro autorevolezza che il lavoro non è una merce, piuttosto forgia l’identità delle persone e la loro missione di vita (Leone XIII, Rerum Novarum).
Una visione da sempre legata all’operato e alla storia di Inaz.
Giuseppe De Luca, Matteo Landoni, Vera Zamagni
Per una storia della retribuzione
Lavoro, valore e metodi di remunerazione dall’antichità ad oggi
Il Mulino (2018)
pp. 234 – € 25,00