Obiettivo inplacement

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Parola d’ordine: flessibilità. Agevolare una maggior flessibilità nel mercato del lavoro contribuirebbe alla ripresa di un ciclo attivo di inserimenti e incoraggerebbe l’occupazione. Allo stato attuale, molte aziende non riescono ad assumere nuove persone; il sistema risulta ingessato e quindi meno competitivo. Per essere aderenti ai tempi, oltre a una revisione e a un uso migliore delle agenzie per il lavoro, è necessario dunque creare e avvalersi di forme di tutela differenti per i lavoratori.

Gli strumenti di indennità occupazionale, che pure devono continuare a essere utilizzati per chi sta per uscire dall’azienda o per chi rimane senza lavoro, rispondono alle esigenze di tutela e difesa della persona, ma non risolvono il problema dell’occupazione.
Una politica attiva che sia adeguata al mercato del lavoro contemporaneo deve puntare a una spinta verso il futuro, innescando meccanismi di reinserimento che garantiscono un corretto uso delle risorse dello Stato e delle aziende.
In questo panorama, l’outplacement si propone come uno strumento di concreta politica attiva che consente una riduzione dei tempi di ricollocazione e del proliferare del lavoro nero.

A tutela dei lavoratori
Nonostante nel nostro Paese la fiducia accordata all’outplacement risulti ancora inadeguata nel panorama del mercato del lavoro attuale, si registra oggi una maggior apertura sul tema anche da parte di alcuni sindacati.

Cetti Galante
Cetti Galante

Di fatto, in molti casi l’outplacement si è rivelato un vero e proprio strumento di tutela del lavoratore. Può risultare fondamentale utilizzarlo soprattutto nel caso di fuoriuscita di lavoratori alla base della piramide occupazionale: infatti, mentre un manager dispone di una sua rete di networking e di conoscenze che gli permettono un certo margine d’azione, spiega Cetti Galante, Direttore generale di Intoo, “in molti casi un operaio non sa affrontare un colloquio di lavoro in modo strutturato, non ha un curriculum o, se ce l’ha, risulta del tutto inadeguato. Perciò il sindacato dovrebbe appoggiare senza esitazione il ricorso all’outplacement perché queste figure, se non supportate, riescono difficilmente a ricollocarsi”.
Spingere un operaio a monetizzare la sua uscita dall’azienda rinunciando al supporto dell’outplacement risulta una scelta nociva per il lavoratore e controproducente alla sua ricollocazione futura, soprattutto perché il costo del supporto è davvero abbordabile da chiunque.
“Nel caso di operai o impiegati di livello basso, il nostro lavoro –racconta Galante– consiste nel prendere per mano il candidato fino a condurlo alla ricollocazione. In caso di outplacement collettivo ad esempio, attorno al punto di uscita tracciamo un cerchio a trenta chilometri, contattiamo a tappeto tutte le aziende di quel territorio individuando le posizioni aperte e quelle nascoste; facciamo un match con i profili e già dopo qualche giorno siamo in grado di proporre alle persone le posizioni reperite. A quel punto, procuriamo e fissiamo i colloqui, per cui predisponiamo una puntuale preparazione tramite simulazioni, role playing e consulenza totale, da come vestirsi e presentarsi, al curriculum ecc. È un metodo molto efficiente per ricollocare le persone – con un fortissimo focus sui tempi”.

Meccanismi di ricollocazione
Obiettivo inplacement“Accade spesso oggi che le persone uscite dall’azienda, che godono ad esempio di un’indennità di mobilità, tendano a sfruttarla fino al termine, integrando il proprio sostentamento anche con un lavoro in nero, piuttosto che accettare il supporto dell’outplacement. È una tendenza diffusa che denuncia la grave situazione in cui si trova il mercato del lavoro italiano –sostiene Galante–. Quando si decide di ricorrere all’outplacement come strumento di politica attiva, è fondamentale introdurre e far rispettare la regola dei rifiuti: se la persona rifiuta un’opportunità lavorativa congrua l’indennità viene ridotta; al secondo rifiuto viene decurtato ad esempio il 50% dell’indennità; al terzo, viene annullata. In questo modo le persone saranno maggiormente stimolate a trovare una ricollocazione. All’interno dei collettivi che percepiscono un’indennità poiché si trovano in mobilità o in cassa integrazione, capita spesso che molte persone non vogliano ricollocarsi, adagiandosi sull’assistenza: ecco perché riusciamo a ricollocare solo il 65-70% dei gruppi. Le persone che non si ricollocano, nel 90% dei casi non vogliono ricollocarsi. Il ruolo forte dello Stato, dunque, deve contribuire ad attivare meccanismi che non favoriscano il perdurare della condizione di disoccupazione e stimolino le persone a trovare un lavoro: l’outplacement, con la regola dei rifiuti, costituisce uno strumento molto efficace per utilizzare le risorse dove servono, supportando appieno il candidato nel suo reinserimento nel mondo del lavoro.

I valori
Con la Regione e le associazioni che partecipano ai vari tavoli che ruotano attorno al mondo del lavoro, Gi Group, a cui Intoo appartiene, grazie a una voce di rilievo e a una struttura consistente, mira a ritagliarsi il ruolo di leader culturale, ponendo al centro il benessere e la tutela delle persone e apportando, oltre a un pensiero ad ampio spettro, strumenti che aiutano a sensibilizzare e modernizzare il mondo del lavoro, reimmettendovi energia e vitalità.
“Gi Group –racconta Galante– ha apportato una forte impronta culturale e valoriale alla nostra società. È un business dai risvolti fortemente sociali ed etici e i nostri collaboratori devono dimostrare passione e grande impegno perché il mercato è ancora molto limitato. Attualmente lavoriamo con tutte le più grandi multinazionali e probabilmente grazie alla nuova normativa riusciremo a diffondere i nostri servizi anche presso le aziende mediopiccole, dove il ricorso all’outplacement non è ancora un processo spontaneo”.
Oltre a valori molto caratterizzanti, Gi Group si distingue per un approccio diverso da quello anglosassone- americano: “il nostro nuovo network internazionale dall’anima europea annovera società leader dei vari paesi, condivide un altissimo standard di qualità, grande attenzione alla persona e customizzazione dei servizi. I network americani invece rispondono piuttosto a una logica di standardizzazione.
Nel mondo mediterraneo l’outplacement non è gestito come in Uk e Stati Uniti dove risulta essere un puro coaching che termina prima della fase di accompagnamento al mercato. Il nostro compito invece è accompagnare le persone fino alla loro ricollocazione”, ci spiega Galante.

Developing career
Obiettivo inplacement 3Il percorso di outplacement che delinea Intoo è un momento di transizione, che a volte comporta un ridimensionamento al fine di garantire la ripartenza.
Il momento di grande difficoltà e fragilità si converte in un vero e proprio percorso di sviluppo, crescita ed evoluzione, che porta il candidato a una forte presa di coscienza: riesaminando skill, aree di debolezza e di miglioramento, si ricostruisce la solidità della persona portandola a uno sviluppo grazie anche all’affiancamento di un coach durante il percorso.
“Credo che Intoo sia l’unica azienda sul mercato ad offrire un servizio a tuttotondo” afferma Galante. La fase iniziale di supporto psicologico si basa su un’analisi della persona tramite test che restituiscono una diagnosi molto chiara delle aree di forza e debolezza; lo psicologo aiuta la lettura di se stessi in modo che sia interiorizzata e di reale supporto, al fine di accompagnare il candidato a puntare l’attenzione al futuro, abbandonando lo sguardo al passato e i sentimenti di rabbia e frustrazione ad esso legati. “Cerchiamo di fare questo percorso all’inizio, nel più breve tempo possibile, perché per la persona è importante ripartire subito”.
Inizia poi la fase chiave. “Innanzitutto la mappatura delle competenze permette una comprensione esaustiva di tutte le skill della persona –spiega Galante– inclusi hobby ed esperienze precedenti; il piano di marketing seguente garantisce una spendibilità a 360 gradi sul mercato. Nella fase di coaching ricostruiamo e rafforziamo la persona fino a farle esprimere il massimo delle sue potenzialità, intervenendo sulle aree di miglioramento attraverso simulazioni di colloquio con i nostri consulenti. Grazie al nostro database di aziende siamo in grado di fornire al candidato tutte le notizie per prepararsi all’incontro con l’azienda: i bilanci degli ultimi tre anni, la rassegna stampa aggiornata fino alla mattina del colloquio, la composizione del board, il portafoglio prodotti…”.

La caccia
“Terminata la fase di coaching –afferma Galante– molti operatori che dicono di fare outplacement si fermano”.
Intoo invece a questo punto dà avvio a una fase fondamentale, quella di scouting, nella quale affianca il candidato a usare al meglio il suo network di contatti; più la persona è di livello alto, più il suo network è chiave.
“Oggi stimiamo di ricollocare il 60% di dirigenti e alti quadri per i loro stessi contatti –aggiunge Galante– ma gli insegniamo come non bruciare il loro network, come usarlo nel modo più efficace e con quali strumenti. Anche le persone più vicine, se contattate nel modo sbagliato, non saranno di nessun aiuto. C’è una tecnica per tutto e in questa fase è fondamentale, perché il network del manager è il suo patrimonio più importante. Dal canto nostro, diamo un contributo fondamentale alla fase di scouting reperendo sul mercato le posizioni nascoste; ogni anno ne raccogliamo 4-5 mila. In Italia le posizioni che non compaiono nelle inserzioni costituiscono la maggior parte: ben l’85% secondo le fonti ufficiali. Facendole emergere, facilitiamo l’incontro domanda-offerta”.
Obiettivo inplacement 2Grazie a un’organizzazione di consulenti ampia e molto strutturata, il supporto di Intoo è molto mirato e di qualità: la squadra di 150 persone che si occupa di contattare direttamente le aziende per reperire le posizioni nascoste usa anche la rete di networking dei commerciali senior che provengono dalle aziende. Alcuni consulenti sono specializzati per industry –banking, farmaceutico, automotive, largo consumo e assicurativo– e sono in grado di tracciare una buona diagnosi della spendibilità del manager, anche in settori adiacenti; altri, provenienti trasversalmente da funzioni quali manifacturing, gestione di stabilimento, operation, finance, Hr, It, contribuiscono a un’approfondita comprensione dei ruoli. Network molto estesi e la capacità di correlare in modo ottimale il profilo del candidato e l’azienda garantiscono così un servizio di altissima qualità.

Consulenza contrattuale, previdenziale e imprenditoriale
Dal supporto psicologico al coaching, allo scouting, fino alla ricollocazione: con questo processo Intoo propone un outplacement che registra ottime percentuali di ricollocazione, “tra il 65 e l’85% dei gruppi (tipicamente operai o impiegati di livello basso) e il 90% degli individui –svela Galante–. Oltre a individuare tutte quelle opportunità che offrono contratti a tempo indeterminato, raccogliamo anche le proposte in Co.Co.Pro., partita Iva e a tempo determinato, che possono in seguito trasformarsi in impieghi a tempo indeterminato. Siamo in grado di suggerire ai candidati le forme contrattuali migliori grazie al check up previdenziale, servizio in cui siamo molto qualificati: chi si avvicina alla pensione deve valutare attentamente la forma contrattuale che gli viene proposta per evitare di danneggiare il passato previdenziale. Nei casi più complicati ci appoggiamo anche a uno studio esterno che ci aiuta nell’offrire una consulenza approfondita al candidato”.
La microimprenditorialità, che oggi è una strada sempre più intrapresa, raggiunge il 16% nelle figure di alto livello: dopo una valutazione della predisposizione della persona con appositi test, Intoo supporta i professionisti ritenuti idonei con un team specializzato in start up che si occupa della valutazione del business plan e li accompagna nel reperimento dei finanziamenti e nell’espletamento della documentazione necessaria. Durante il primo anno d’avvio il candidato viene seguito passo passo e può contare su una serie di garanzie, tra cui il rientro nel programma di outplacement in caso di fallimento dell’attività entro un anno.

Seguire le persone: dall’entrata in azienda alla ricollocazione
Tra le primissime realtà in Italia a offrire l’outplacement, Dbm Italia è stata il riferimento soprattutto delle aziende multinazionali, tuttora le maggiori utilizzatrici dello strumento. Nel 2005 Dbm Italia è stata acquisita da Gi, gruppo multinazionale presente in 20 paesi. “È stato un passaggio molto importante –racconta Cetti Galante, General manager di Intoo– perché ci siamo resi conto che l’outplacement non poteva rimanere isolato ma, in quanto momento del ciclo di vita lavorativa della persona, aveva ancora più senso se inserito fra i servizi di un gruppo che segue la persona dall’entrata in azienda fino alla ricollocazione”. Il Gruppo Gi ha così completato con l’outplacement il suo portafoglio di servizi che annoverava già somministrazione, recruitment e head hunter, consulenza Hr –che si è quasi subito affiancata a Dbm Italia – e formazione, proponendosi alle direzioni Hr come un interlocutore a 360 gradi. Con l’acquisizione a livello globale del marchio Dbm Italia da parte di Adecco, la struttura italiana –che apparteneva a Gi ed è dunque rimasta inalterata– ha scelto come nuovo marchio Intoo: “l’in, opposto all’out –spiega Galante– veicola l’idea di essere dentro, di fare le cose insieme: riteniamo infatti di lavorare per l’inplacement poiché, pur gestendo persone uscite dall’azienda, la nostra mission è ricollocarle”. Con sedi a Milano, Roma, Firenze, Bologna, Ancona, Padova, Genova, Torino, appoggi a Napoli e Bari e un team a Palermo (e la possibilità di creare team ovunque), Intoo è un’azienda molto strutturata, in grado di lavorare su tutto il territorio nazionale con enormi sinergie; forte di grandi dimensioni, specializzazione, organizzazione e inserita in un panorama di ampio respiro a livello di associazioni e sindacato, vanta una leadership del 40% sul mercato dell’outplacement in Italia. www.intoo.it

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