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Meno sussidi e più opportunità: il lavoro non si crea per decreto

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Delle diverse velocità dell’Unione europea se ne discute da tempo. Anche il lavoro non è esente da questo fenomeno. Gli ultimi dati diffusi dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) indicano che il tasso di occupazione per la fascia dai 16 ai 64 anni in Italia si è assestato al 58,71% contro il 67,19% dell’area euro e il 68,48% dell’Europa a 28 Paesi, con punte di eccellenza rappresentate da Svezia (77,50%), Paesi Bassi (77,46%, primo tra gli Stati che adottano la moneta unica europea) e Germania (76,03%).

La maglia nera va invece alla Grecia, con il 54,8%. Drammatici i numeri sugli occupati fino a 24 anni: nel nostro Paese non arriviamo al 18% contro la media dell’area euro del 33,16% e dell’Ue a 28 del 35,31%, e le solite eccezioni rappresentate dal Nord Europa.

E anche in questo caso nell’Ue peggio di noi fa solo Atene con il 14,42%. Nonostante le differenze numeriche, c’è da rilevare che mediamente l’Ue ha recuperato il livello di occupazione pre-crisi, principalmente grazie ai Paesi del Nord che compensano le difficoltà di quelli dell’area del Mediterraneo, ancora lontani dal recupero delle performance di un tempo.

Di contro c’è però da non sottovalutare che nella media Ue è aumentato il tasso di disoccupazione (sempre stando ai dati Ocse): in Italia è salito al 10,8%, mentre nell’area euro all’8,2% e nell’Ue a 28 al 6,9% (gli ultimi gradini della graduatoria, almeno in Europa, spettano alla Spagna con il 15% e alla Grecia con il 19,5%).

Tanti sono i fattori che hanno influito –e continuano a farlo– sull’oscillazione dei dati legati al mercato del lavoro. E anche le riforme e le varie misure adottate dai diversi Governi hanno un ruolo in questo scenario, sebbene non è con una legge che si può far ripartire un Paese e offrire nuovi posti di lavoro.

Ne è sicuro Stefano Scarpetta, Direttore della Direzione per l’Occupazione, il Lavoro e le Politiche Sociali dell’Ocse, che con Persone&Conoscenze ha ragionato sui trend occupazionali in Europa e in Italia, provando anche a offrire qualche ‘suggerimento’ su come far ripartire il mercato del lavoro (d’altra parte è proprio il ruolo dell’Ocse proporre occasioni di confronto per la risoluzione dei problemi comuni).

Polarizzazione dei posti di lavoro

Partiamo dall’ossimoro generato dal recupero dei livelli occupazionali in Europa e da un tasso di disoccupazione ancora al di sopra dei livelli pre-crisi. “La spiegazione è da ricercarsi nella maggior partecipazione al mercato del lavoro”, esordisce Scarpetta. “Per esempio da parte delle donne, ma anche dei lavoratori senior, i quali devono lavorare più a lungo a seguito delle norme che hanno ritardato la data di pensionamento”.

Ma più che di disoccupazione, serve concentrarsi sull’occupazione per capire il nuovo scenario che stiamo affrontando. “I posti creati dopo la crisi non sono quelli persi: c’è stata una perdita significativa nel settore Manifatturiero e nelle Costruzioni, mentre i nuovi lavori si concentrano principalmente nei Servizi”.

Ciò su cui punta l’attenzione Scarpetta è tuttavia la “polarizzazione dei posti di lavoro”, un fenomeno globale che sta avendo impatti diversi da Paese a Paese. “La trasformazione digitale, la globalizzazione e l’innovazione stanno generando nuove opportunità di occupazione e con esse anche posti di lavoro differenti rispetto al passato, con prospettive di carriera e di crescita diverse”.

In questa fase di transizione, secondo l’economista dell’Ocse, assistiamo alla creazione di “posti di lavoro ad alta produttività e che richiedono competenze specialistiche, quindi ben retribuiti” e altri posti di lavoro “a bassa produttività e poche competenze e dunque poco retribuiti”; tra questi due poli la tendenza è la “scomparsa” dei posti di lavoro intermedi in attività routinarie e quindi facilmente automatizzabili, che dà origine alla polarizzazione occupazionale.

L’articolo completo è pubblicato sul numero di Gennaio-Febbraio 2019 di Persone&Conoscenze.
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