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Marinella, alla ricerca degli artigiani del futuro

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“Ci sono ancora persone che si meravigliano se non possono spingere un tasto e ricevere a casa due giorni dopo la loro cravatta, ma noi vogliamo partecipare alla scelta, dare un consiglio, coccolare il cliente. Abbiamo bisogno del lavoro delle mani”. Maurizio Marinella, terza generazione alla guida dello storico marchio di cravatte napoletano, presidia una tradizione lunga 105 anni, iniziata dal nonno Eugenio e oggi proseguita dal figlio Alessandro.

La magia della sartoria, dove il tempo sembra essersi fermato, si scontra però con le difficoltà del presente. Prima fra tutte, la carenza di giovani sarte e apprendisti desiderosi di imparare il mestiere.

“L’Italia è ricca di tante realtà artigianali che se non vengono aiutate e sostenute sono destinate a finire. Basti pensare a cosa accade a Firenze con il cuoio, a Venezia con il vetro soffiato. Ormai gli studi sono proiettati verso altri mestieri e purtroppo le attività che costituiscono il vero Dna italiano stanno iniziando ad avere difficoltà a reperire ragazzi”, avverte Marinella. Non è la prima volta che il titolare dello storico marchio di cravatte fa suo questo appello.

Anzi, è stato fra i primi a promuovere la nascita di una ‘università degli antichi mestieri’, individuando insieme con la facoltà di Architettura dell’Università di Napoli uno spazio in cui potesse sorgere un luogo di formazione per i più giovani e di recupero delle tradizioni.

“In un’Italia sempre divisa a metà, vorrei che questa ventata di ottimismo partisse da Napoli. Siamo una delle capitali della disoccupazione italiana, eppure non si trovano giovani che si propongano”, continua Marinella. Secondo le ultime rilevazioni dell’Istat, nel 2018 il tasso di disoccupazione nella città di Napoli si è attestato al 24,2%. Nei primi tre mesi del 2019, in Campania ha raggiunto quota 21,6%, contro l’11,1% di media nazionale.

“Facciamo corsi interni e ci appoggiamo a istituti professionali che ci mandano le loro ragazze, ma anche queste hanno un’impostazione diversa: dopo pochi mesi di lavoro, vogliono diventare stiliste. Noi, invece, abbiamo bisogno del lavoro manuale”.

La saracinesca del negozio sulla Riviera di Chiaia, a due passi dal mare, si alza ogni giorno alle 6.10 e resta aperta fino alle 20. I telefoni squillano spesso in sartoria, dove dita esperte maneggiano forbici e scivolano sulla macchina da cucire. Lunghe telefonate sono preferite a rapidi messaggi via mail. Non esiste un e-commerce in Italia: per acquistare una cravatta Marinella bisogna andare a Napoli. “Le quantità sono il nostro vero nemico: con una mole immensa di modelli e disegni, catalogare 105 anni di storia non è facile”.

La difficoltà di reperire profili preparati nel lavoro di sartoria non ha, però, impedito all’impresa artigiana di ringiovanire il proprio personale. Un gruppo di ragazzi, spesso provenienti da master e corsi specifici, supporta il marketing, la comunicazione e tutta la parte legata alla digitalizzazione e catalogazione dei prodotti.

“La tecnologia non ha intaccato l’artigianalità: la nostra fortuna nel tempo è sempre stata il passaparola e ancora oggi apprezziamo una bella pagina di giornale piuttosto che una pubblicità online. Cerchiamo di aggiornarci a piccoli passi, senza snaturare il marchio”.

È la filosofia Marinella: si punta su un’identità forte e sull’abilità delle proprie persone. “Se si ha a che fare con il pubblico, occorre mantenere la capacità di accogliere, riconoscere, accompagnare il cliente anche dopo la vendita. Invece di un e-commerce abbiamo il ‘phone commerce’: parliamo a lungo al telefono e poi magari spediamo anche il prodotto”, rivela Marinella. “Ci dà un’emozione diversa: in un mondo spesso così freddo l’accoglienza è il valore che vogliamo continuare a coltivare”.

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