L’università entra nella fabbrica. Il valore della formazione ‘inutile’

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Intervista a Mario Di Nucci, Direttore di Stabilimento di Modulblok
di Dario Colombo

Un progetto formativo dedicato alla formazione umanistica negli spazi delle linee produttive. È il progetto Modul Life di Modulblok, azienda friulana che ha puntato su una nuova forma di sapere da diffondere tra le persone dell’organizzazione. Così, tra macchinari e scaffali, operai e dipendenti hanno interagito con i docenti dell’Università di Trieste. L’obiettivo? Non certo l’apprendimento tecnico, quanto un accrescimento personale. Per essere più umanamente consapevoli.


Non è solo il luogo dove si produce. La fabbrica può diventare anche il palcoscenico ideale per la formazione. Non quella tecnica, dettata da esigenze di business, funzionale all’attività quotidiana e orientata a migliorare risultati di processo e di prodotto: piuttosto per quella introspettiva che non serve a ‘diventare più capaci’, quanto a essere più consapevoli. Insomma, anche la cultura umanistica è diventata la benvenuta nelle linee di produzione.
A sposare questa filosofia è stata Modulblok, azienda di Pagnacco in provincia di Udine e specializzata in sistemi di stoccaggio e logistica di magazzino. Tra marzo e aprile 2016 è stato lanciato Modul Life: scaffali, palcoscenici e narrazioni; la logistica delle vite, un progetto sponsorizzato da Fulvio Fregonese, Direttore alle Operations, Mario Di Nucci, Direttore di Stabilimento presso la sede di Amaro, a circa 120 chilometri dal capoluogo del Friuli Venezia Giulia, con il beneplacito del proprietario dell’azienda, Mauro Savio.
“È stata una ‘sfida’ lanciata con l’amico Pedagogista Matteo Cornacchia che lavora come ricercatore presso il dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Trieste: abbiamo voluto fare un esperimento di formazione per gli adulti su temi delle humanities”, ricorda Di Nucci, ingegnere meccanico di professione, ma con una forte passione per la cultura umanistica. Modulblok ha dunque creduto nella sfida e la “scommessa” è partita con l’organizzazione di sei incontri su pedagogia, letteratura italiana e inglese, storia, teatro e filosofia: sei ‘lezioni’ gestite da altrettanti docenti, programmate dopo l’orario di lavoro presso lo stabilimento sia di Amaro sia di Pagnacco. Ecco l’altra novità: non solo formazione lontana dalla quotidianità lavorativa, ma addirittura in fascia pre-serale (dalle 17.30 alle 19). “Ci saremmo accontentati di avere una ventina di partecipanti”, spiega Di Nucci, all’inizio titubante che il progetto potesse essere accolto con passione dai 130 dipendenti dell’azienda (operai e impiegati). Invece la “partecipazione è andata ben oltre le attese, tanto che abbiamo dovuto raddoppiare gli incontri, replicandoli anche a Pagnacco”: “A ogni appuntamento ci sono stati circa 40 iscritti, ma per motivi legati alla turnazione di lavoro, c’erano 24 presenze fisse”, continua il Direttore di Stabilimento di Amaro. Che sottolinea come “chi ha iniziato il percorso è anche riuscito a finirlo, seguendo tutti i sei incontri”. Alla fine al progetto hanno aderito oltre 50 dipendenti, di cui 30 nella sede di Pagnacco e 24 nell’altra.

Diffondere i saperi umanistici
L’iniziativa di Modulblok, in realtà, non deve sorprendere; l’azienda negli ultimi anni si è fatta portatrice di un pensiero alternativo orientato alla frantumazione dei paradigmi mentali più scontati. Inoltre l’impresa friulana sta operando una trasformazione che la sta portando gradualmente ad affermare un nuovo stile di management, maggiormente orientato alla valutazione del capitale umano come bene primario da salvaguardare e da curare sotto molteplici aspetti: questo atteggiamento innovativo ha poi condotto l’impresa a trovare un modo per portare i saperi umanistici all’interno della fabbrica, per restituire senso e significato originari alla formazione.
Gli incontri tematici, infatti, non sono stati “lezioni frontali”, quanto confronti aperti, “partecipati” e sviluppati “come un racconto di sé”: “Ci siamo fatti ispirare da Duccio Demetrio, il filosofo italiano che ha ideato l’auto-narrazione”, continua Di Nucci; “l’idea era proprio quella di fare formazione attraverso lo storytelling; questa era una seconda sfida del progetto”. A tal proposito, il Direttore dello Stabilimento di Amaro ricorda come “i docenti, abituati a parlare davanti a platee di studenti nelle università, si sono addirittura emozionati a parlare in fabbrica di fronte agli operai”.
Così dopo la fase di engagement in azienda, durata due giorni, in cui tutti i dipendenti di Modulblok sono stati informati della proposta (questa volta durante l’orario di lavoro), Modul Life è iniziato diffondendo le humanities. Cornacchia, per esempio, ha affrontato il tema della formazione nel mondo del lavoro non solo perché è funzionale a qualcosa, ma anche perché è utile a se stessi (il titolo dell’incontro era L’utile e l’inutile); la docente di Storia contemporanea Tullia Catalan, invece, ha cercato di capire chi sono i nuovi lavoratori attraverso i racconti dei dipendenti dell’azienda (Ti racconto il mio lavoro: vita in fabbrica, ieri e oggi, fra storia e memoria); sempre la fabbrica è stata al centro dell’intervento di Fabio Romanini, ricercatore di linguistica italiana: è stato un momento di confronto tra stili diversi di racconto, con l’esplorazione del linguaggio degli operai. Poi è stata la volta di Storia del teatro con Paolo Quazzolo (La rappresentazione di se stessi nella vita, tra sincerità, finzione e ipocrisia) che, partendo da Luigi Pirandello e utilizzando il teatro come specchio critico della società ha indagato come il gioco delle maschere sia applicabile anche alla vita quotidiana. Sempre la narrazione è stata al centro dell’incontro di Paolo Labinaz, docente di Filosofia del linguaggio, che ha cercato di dimostrare come, nel narrare noi stessi, usiamo strutture narrative non molto diverse da quelle utilizzate da letteratura e media. Infine Laura Pelaschiar, docente di Letteratura inglese, ha interroga to la platea su come sarebbe comportato Otello, personaggio dell’omonima tragedia di William Shakespeare, se oggi avesse dovuto creare il suo profilo Facebook e su cosa può insegnare il Bardo sui rischi, le magie e le trappole dell’autorappresentazione.

Non lasciare la vita fuori dal lavoro
Il ciclo di incontri (Modulblok sta progettando altri appuntamenti, ma dall’azienda preferiscono non anticipare nulla, visto che al momento non c’è ancora niente di confermato, se non che il progetto non è finito) non è stato solo un successo in termini di numeri e partecipazione: ha permesso di ‘rompere’ alcuni paradigmi mentali, come precisa il Direttore di Stabilimento. “Per prima cosa abbiamo dimostrato che non è vero che la formazione serve solo a lavorare meglio, è utile anche ‘per stare meglio’ e per questo non deve essere per forza diretta alla persona in quanto dipendente: serve all’uomo in quanto tale”. Ma non è finita, perché Di Nucci ricorda come il progetto abbia avvicinato i dipendenti ad ambienti fino a ieri molto lontani: “Molte persone si sentivano estranee rispetto all’università, noi abbiamo fatto in modo che l’accademia entrasse in fabbrica e si confrontasse con gli operai; inoltre abbiamo ‘costretto’ i docenti a uscire dal loro ambiente per entrare in uno spazio che non è quello cui sono abituati”, argomenta il manager di Modulblok. Che non dimentica il caso del dipendente ormai vicino alla pensione che ha scoperto la vocazione per la storia e ha espresso il desiderio di frequentare l’università una volta ritiratosi dal lavoro: “Queste sono le occasioni in cui riscopriamo alcuni aspetti dei nostri collaboratori cui siamo legati dalla normale vita aziendale”, dice Di Nucci.
Quest’ultimo aspetto, infatti, è forse quello più importante emerso dagli appuntamenti di Modul Life. Anche perché l’azienda, “già all’avanguardia per gli ottimi livelli di relazioni con management e dipendenti”, aveva predicato “l’inutilità di queste attività” sul lavoro quotidiano. Eppure, nonostante fosse stato esplicitato che la formazione non sarebbe servita al business, alla fine “ha offerto numerosi spunti”. Per esempio? “Ricordo il confronto sulla figura di Otello, durante la ‘lezione’ di letteratura inglese, o la chiacchierata su Socrate: si è sgretolato anche il paradigma secondo cui le storie personali devono rimanere fuori dai cancelli dell’azienda; dopo 12 anni felicemente trascorsi in Modulblok sono sempre più convinto che le storie di ognuno fanno parte integrante della storia di un’impresa e che concorrono al suo arricchimento”. Il delicato equilibrio tra la narrazione delle storie e la vita quotidiana aziendale, confessa Di Nucci, rimane l’equilibrio più delicato e proficuo di ricercare. E alla fine, il confronto con i dipendenti resta un momento formativo per tutti: “Comprendere meglio le persone che ci circondano permette di lavorare e far lavorare meglio”. 

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