L’outdoor del clochard

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La nuova realtà

Comincerete a fissare con attenzione i passanti, radi ma diversi, per fortuna sembra che non vi vedano, non fanno caso a voi, il loro passo frettoloso denota che hanno le idee chiare sul dove andare e cosa fare, vi divertirete a immaginare le loro vite, i loro lavori, i loro amori… Quale altro passatempo potete concedervi? State anche canticchiando a bassa voce, quasi fosse un rap, una singolare poesiola: Senza casa, famiglia e padrone da nullatenente molto oculato e senza essere un pozzo di scienza ho organizzato la mia provvidenza Il letto dai treni / il pasto dai frati e i cicchettini elemosinati durante il dì / ho molto da fare guardo la gente, i treni e il tempo passare questa è la vita / questo il destino sembra bella / invece è un casino! Sì, pensandoci bene non ci sono solo ‘rose e fiori’, anche sensazioni assai poco piacevoli, come la paura vi attraverseranno quando penserete di non avere un riparo, alcun tipo di protezione e che non ci sarà nessuno a vegliare sul vostro sonno stanotte.

Outdoor del Clochard - 2

Il valore dei soldi

Interromperete bruscamente le vostre fantasticherie, avete deciso che non è più tempo d’oziare, bisogna rimediare il pasto, la vostra fame è diventata adulta. Siete passati anche davanti alla chiesa del paese magari nella ricerca di una mensa per i senzatetto cui potersi aggregare con disinvoltura, ma l’avete trovata chiusa e non ci sono avvisi di sorta. Vi state accorgendo che i vostri occhi sono attivissimi, in tutte le direzioni, e… ad un tratto si accendono febbrilmente nell’avvistare un miraggio, forse un tesoro? Nella fessura della macchinetta distributrice di sigarette posizionata davanti alla tabaccheria chiusa per ferie vi pare di intravedere una banconota. Da cinque o da dieci euro? Col cuore in gola cominciate ad armeggiare con un filo di ferro che avete preso in prestito da un gazebo là vicino… attenzione, potrebbero prendervi per degli scassinatori! Dopo esservi guardati circospetti intorno avete preso possesso della situazione, quei soldi sono vostri, li avete messi voi e si sono incastrati, vi siete profondamente autoconvinti e infervorati: che qualcuno vi dimostri il contrario! Non sarà stato facile estrarre la banconota incastrata, d’altronde se è rimasta lì ci deve essere pur un valido motivo per cui il precedente possessore vi abbia rinunciato, ma come problem solver non siete secondi a nessuno e dopo mezz’ora di lotta dieci euro fruscianti entreranno trionfalmente nelle vostre tasche assicurandovi almeno il pranzo, e anche la cena se vi accontenterete di un panino e di una coca. Il valore dei soldi, vi riapproprierete di questa consapevolezza; in mezza giornata avete incassato undici euro e cinquantacinque centesimi. Euforici addenterete con entusiasmo (forse troppo, vi siete morsi anche il labbro!) il panino che vi siete conquistati, per risparmiare avete comprato una ‘ciabatta’ al panificio e poi in drogheria vi siete fatti affettare trenta grammi di prosciutto cotto a cui avete abbinato una fettina sottilissima di pecorino. L’unica seccatura è che vi avranno guardato prima con sospetto e, quando avete pagato in contanti, con commiserazione. I soldi rimanenti li avete posti con cura nell’unica tasca buona dei jeans, essendo le altre bucate.

Qualche fantasticheria

Se non vedrete più il vostro collega della panchina non preoccupatevi, deve essere andato anche lui in caccia di qualcosa da azzannare! (Una riflessione farà inevitabilmente capolino… “Non sarà che per ‘lavorare’ per la mia crescita individuale e quindi per il mio futuro ho imboccato un percorso di regressione?” …State infatti lentamente ritornando alle origini nelle espressioni e nei comportamenti). Comunque, in quel momento, con la pancia piena sarete quasi orgogliosi di sentirvi dei veri e propri clochard e anche la vostra autostima sarà in ascesa; degli sguardi altrui, farciti di preconcetti, e delle sensazioni di pietismo che questi vi trasferiranno non ve ne importerà un bel nulla! Potrete pure concedervi una meritata siesta su quella panchina fino al tramonto, scacciando ogni paura e fantasticando di essere in un bellissimo posto in riva al mare. Quando il sole Regala l’ultimo sorriso Il pigro tonfo dei remi in mare Culla il mio sogno Culla il mio sonno Che vorrei eterno

La solitudine della notte

Sarà un mal di schiena fortissimo a svegliarvi e una nuvola scura attraverserà la vostra mente, dove passerete la notte? Ripenserete al vostro letto con un pizzico di rimpianto ma caccerete subito via questa sensazione, per una notte vi arrangerete, in fondo sarà solo una notte e voi avete già dormito! Entrerete nel locale più gaio del paese frequentato soprattutto da giovani, che sarà sicuramente dotato anche di televisore a colori: sentirete cosa dicono al telegiornale. Con i soldi rimanenti passerete la serata fino alla chiusura del locale sorseggiando parsimoniosamente un paio di spume e sgranocchiando noccioline e patatine avanzate dagli aperitivi altrui. Poco dopo la mezzanotte il locale chiuderà e voi sarete fuori, a spasso; passerete dalla stazione e troverete l’unica panchina al coperto già occupata, ma comunque non avreste mai potuto coricarvi là: il tanfo in quel locale sarebbe stato per voi insopportabile! Per un po’ camminerete come degli stupidi in lungo e largo per il paese non trovando un luogo idoneo alle vostre aspettative, l’aria sarà fresca e per fortuna vi siete rifocillati a dovere. Camminerete e penserete, penserete e camminerete. Alle tre del mattino, non ci sarà proprio nessuno in giro, sarete gli unici abitanti svegli di quel paese che comincerete a fare vostro, vi starà diventando fastidiosamente familiare, e comincerete ad amoreggiare con la solitudine. Solitudine che vi avrà già tenuto la mano innumerevoli volte …Sempre accompagna / i miei passi in ruolo tra le tempeste / d’ansia e di dubbio Sorella, amante / non mi abbandona nell’ardua scelta / dei miei sentieri Sarà suo / il geloso schiaffo se in qualche gregge / cercherò riparo… e che in quel momento condividerete con quel vostro collega che ha preso possesso dell’unica panchina al riparo dall’umidità, ma non dal fetore, e che avrete già giudicato, con una certa superficialità, non essere molto espansivo. Con tenerezza vi verrà sulle labbra anche questa: La solitudine / m’avvolge come la nebbia / il mare e io dentro il suo grembo / mi lascio andare. Ho detto tutto già da tempo / agli altri non voglio più parlare. Comunque anche se avete scelto un paese tranquillo e non ci sono brutte facce in giro continuerete a gironzolare in tondo, il tempo non passerà mai e l’alba sarà un’araba fenice.

Un altro giorno

Il sorgere del sole vi sorprenderà spossati, gli occhi arrossati… Ho accarezzato il volo delle rondini con occhi gonfi di sonno Dovrete ancora passare un’intera giornata in quel paese! Avrete consultato almeno una cinquantina di volte l’orario dei treni affisso fuori e avrete già deciso di prendere l’ultimo treno della sera, quello che parte alle ventuno e che arriverebbe alle ventitré e qualcosa… poi il tragitto a piedi verso casa; quando arriverete non dovrete trovare nessuno sveglio! Se vi vedessero verrebbe loro un colpo e sarete ormai troppo stanchi per fornire esaurienti spiegazioni a chicchessia. Fantasticando del più e del meno vi addormenterete pesantemente sulla famosa panchina dei giardinetti della stazione e al risveglio troverete il sole alto nel cielo e i soliti cinquanta centesimi per terra. Sarà stata quella bimba del giorno prima? Un sentimento di tenera emozione vi rapirà per qualche istante fino a quando la fame e la consapevolezza di non aver abbastanza contanti per pranzare riprenderanno tragicamente il sopravvento.

Gli ultimi accadimenti

Per quella domenica altre monetine probabilmente non salteranno fuori, in verità non le cercherete nemmeno: avete iniziato finalmente a fare la vostra famosa dieta! Alle tre del pomeriggio per passare in qualche modo il tempo che vi sarà rimasto, vi posizionerete dignitosamente sul marciapiede davanti alla vetrina del bar che sul televisore sta trasmettendo casualmente la partita della squadra di cui voi siete accaniti sostenitori. Alla metà del primo tempo sul punteggio di parità il garzone del barista uscirà dal locale insultandovi in malo modo deprecando la vostra incapacità di sostenere la spesa della consumazione e quindi negandovi il diritto di guardare anche da lontano la bramata partita di pallone. Questo gesto inatteso e gratuito, arrivato per iniziativa di uno fra gli ultimi della scala gerarchica, vi rovinerà irrimediabilmente la giornata, ma non essendo inclini a gettare la maschera, accetterete dolorosamente questo schiaffo consci che non era rivolto a voi ma al ‘ruolo’ temporaneamente ricoperto e vi riprometterete, qualora vi fosse data l’occasione, di invitare in futuro al vostro tavolo eventuali clochard tifosi che si trovassero in questa tristissima condizione (assistere alla partita della squadra del cuore è da annoverare tra i diritti fondamentali dell’essere umano!). Questo evento vi legherà ancora più profondamente al personaggio, che cercavate di impersonare in questa singolare esercitazione outdoor, e alla percezione della sua vulnerabilità in un mondo in cui status, boria, aggressività, hanno quasi sempre la meglio. Non so se avrete modo di vivere altre avventure degne di citazione fino al calar del sole ma sarà comunque assicurata quella del viaggio di ritorno in treno con la replica dell’ansia da controllore e il rientro a casa alla ‘chetichella’.

L’outdoor sui generis come formazione

In conclusione mi auguro che questa prova, che ho definito ‘l’outdoor del clochard’ vi avrà sicuramente donato sensazioni nuove, forse avrete convissuto con il panico di non avere alcuna rete di protezione, ma anche con la grande consapevolezza che ci sono altre possibili vite vissute, bersaglio di molti attacchi, che dobbiamo rispettare, e se ne abbiamo la possibilità aiutare. Mi auguro di avervi fornito anche alcuni spunti di riflessione su tematiche che considerate già acquisite e metabolizzate a livello personale ma che in fondo non sono poi così scontate. Chiedo poi scusa a tutti i veri clochard se in qualche passaggio o espressione del testo li ho offesi, (per esempio quando ho usato l’espressione ‘collega’) non era assolutamente mia intenzione farlo, anzi! Ho preso per mano i miei 50 anni e i miei presunti saperi li ho portati orgogliosi a fare il clochard una pioggia di schiaffi ha cominciato a suonare una dolorosissima nenia che mi ha fatto pensare

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