L’obiettivo dell’Hr è il successo degli altri?

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ANTEPRIMA: INTERVISTA A MASSIMO BRUSCAGLIONI, RISFOR (estratto)

Di Daniela Rimicci

 

(leggi l’intervista integrale su Persone&Conoscenze n°91 ottobre-novembre) 

 

Formazione e formatori: professionalità, amore, forza, comunità: questo il titolo di un incontro a cui abbiamo partecipato. Organizzato da AIF (Associazione Formatori Italiani) lo scorso settembre presso la Casa di Vetro a Milano, l’appuntamento è stato occasione di confronto tra formatori e direttori del personale sulla formazione. I relatori hanno sì parlato di metodologie e strumenti che sono la ‘roccia’ della professionalità, ma soprattutto delle emozioni individuali e condivise che rendono il formatore un ricercatore di talento.

Ci siamo confrontati con Massimo Bruscaglioni, Past President AIF e fondatore di Risfor, a seguito dell’incontro. Quali sono i valori più importanti per un formatore? Cosa si aspetta la persona che intraprende un cammino formativo? Un’azienda che vuole essere competitiva, per assicurare competenze ed efficienza, deve investire sulla preparazione eccellente delle persone. Nel contesto attuale, però, è ancora possibile garantire qualità della formazione? Sì, se la formazione è ‘di consistenza’.

 

Durante l’incontro AIF Lei ha parlato di ‘valore della consistenza’ e qualità della formazione e del formatore. Quali sono gli elementi da tenere in considerazione per garantirle?

Massimo Bruscaglioni, Risfor
Massimo Bruscaglioni, Risfor

Qualità, semplicità ed efficacia. Il professionista, prima di tutto, svolge una formazione dedicata: sa quello che fa, perché lo fa e come lo fa in funzione dei risultati da raggiungere. E, soprattutto, sa raccontare la sua attività. Il lavoro del formatore si può quindi definire una ‘professione trasparente’. Si tratta, appunto, di consistenza come il principale parametro che indica la qualità della formazione. Il suo valore è enorme: i formatori sono responsabili di ciò che fanno, è il loro compito primario. Anche Roberto Benigni fa formazione, ma il suo compito primario è un altro…

Esistono molti approcci formativi: riteniamo validi i metodi che seguono il criterio della trasparenza e della responsabilità che ci si assume, diversa dalla manipolazione. La qualità della formazione, e del formatore, esiste ed è tangibile quando porta con sé il binomio semplicità ed efficacia. Questa professione richiede modelli e strumenti di riferimento, ma il formatore è, in prima battuta, un ricercatore… non solo un pragmatico.

 

Riprendendo le sue parole “bisogna distinguere tra bisogno e desiderio” e “la felicità è quando impari sorprendendoti”. Qual è il bisogno più grande rispetto alla formazione? E cosa si aspetta da un formatore la persona che intraprende un cammino formativo?

La necessità è quella di ricevere/dare un appoggio alla dimensione operativa del funzionamento dell’organizzazione e alla dimensione dinamica-evolutiva-innovativa per integrare le due dimensioni e poter innescare un’apertura a nuove possibilità: questo il maggior bisogno per la vita delle aziende e ruolo della formazione.

Il distinguo tra bisogno e desiderio è che il bisogno è riparare qualcosa che è necessario, mentre il desiderio è la speranza di un salto di qualità. Il concetto si traspone perfettamente anche nella vita ‘privata’: vi è una continua sottile speranza di un salto di qualità. E così anche in ambito formativo: questo dà senso al lavoro del professionista. Chi intraprende un cammino di formazione si aspetta spessore e di ricevere quel supporto necessario a fare proprio il salto di qualità. È un po’ come l’acqua con lo sciroppo: si può cambiare il colore, il sapore… eppur è sempre acqua, eppur ha tutto un altro gusto. Come nella vita, bisogna portare sempre con sé gusto, competenza, amore e forza.

 

L’evento AIF si è focalizzato su 4 termini-temi che lei ha scelto: professionalità, amore, forza, comunità. Qual è il loro valore?

La professionalità si traduce proprio nella consistenza del proprio mestiere. Amore e forza vanno di pari passo: se c’è amore c’è anche forza, in caso contrario non è amore. L’amore è l’intrinseco gusto per l’apprendimento e l’insegnamento: le competenze si acquisiscono, mentre l’‘esserci’ con tutta la propria persona –l’engagement− come l’orgoglio e il sentirsi speciali sono qualcosa di innato. La forza è mettere nel lavoro tutta la propria energia, il coraggio di pensarsi in modi diversi per invadere il futuro. Il lavoro è energia pura e, insieme a consistenza e dinamicità, esplode in generatività, creazione: lavorare diventa un mezzo per creare un mondo migliore ed essere costruttori della vita di domani. Questo è il vero obiettivo da raggiungere ed è un concetto che può essere esteso a qualsiasi attività professionale.

All’evento di AIF ho parlato anche di comunità: la formazione ha bisogno di essere analizzata in una comunità di persone per cogliere il meglio di ciò che si sa fare e darsi l’un l’altro nuovi spunti di riflessione per generare il futuro e aprire nuove opportunità. In primis, bisogna mettersi in movimento, con gusto, da soli e con gli altri.

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