L’Italia al lavoro, a Firenze si raccontano le imprese toscane

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Parliamo di impresa, di lavoro e di persone. L’Italia al lavoro è il nuovo progetto della rivista Persone&Conoscenze che ha l’obiettivo di intercettare storie che incarnano il fare impresa che si esprime in un ‘made in Italy’ che rappresenta la nostra forza. Raccontiamo storie di imprese tipicamente medie, quelle PMI che, anche con un po’ di retorica, vengono definite la ‘spina dorsale’ dell’economia italiana ma che poi nei fatti non sono sostenute con una politica industriale che ha davvero a cuore il loro sviluppo. Le nostre Piccole e medie imprese fanno impresa nonostante la politica, nonostante il sistema finanziario le sostenga a fatica, nonostante il nostro impianto burocratico.

Eppure le nostre medie imprese si fanno largo in uno scenario competitivo internazionale incarnando qualità e capacità che ci vengono riconosciute in tutto il mondo e che sono espressione di un saper fare che non ha eguali.

Ma allora la domanda è: qual è il comune denominatore di queste imprese? Cosa le accomuna? Innanzitutto la forza dell’imprenditore, capace di creare ricchezza al di fuori degli schemi. L’imprenditore crea un suo mondo e quindi ogni impresa ha un suo modello e l’imprenditore si identifica con la sua creazione.

L’imprenditore sceglie di far partecipare alla creazione del suo mondo persone simili a lui, persone che condividono il suo impianto valoriale e si identificano nel suo sogno. Al contempo l’imprenditore è consapevole del fatto che l’impresa prospera se si riesce a mettere a valore e a condividere le conoscenze di tutti coloro che ogni giorno contribuiscono alla sua crescita.

L’imprenditore, oltre a creare un business, ha saputo dar vita a un mondo che ha una sua identità forte, che l’imprenditore non è disposto a sacrificare sull’altare della crescita. Per questo se crescere significa snaturarsi, cambiare codice genetico, l’impresa non si espande. Non per non voler crescere a priori ma per non voler snaturare l’impresa, la sua creatura.

Con il nostro progetto cerchiamo di intercettare imprese che contribuiscono alla crescita dei nostri territori e vogliamo ascoltare le loro storie. In alcuni casi sono aziende conosciute, in altri casi si tratta di realtà meno avvezze all’esposizione mediatica. Da questi racconti ne possiamo trarre la descrizione di mondi che non conosciamo, perché ognuno ha una propria storia, un vissuto differente e, anche, diverse idee di futuro.

Iacomoni, un imprenditore in continua evoluzione

Piero Iacomoni

Piero Iacomoni, Presidente e Fondatore di Monnalisa, azienda di Arezzo specializzata nell’abbigliamento per bambini, è sempre l’imprenditore partito 50 anni fa e oggi è entrato in Borsa. “Mi sono adeguato e rinnovato ogni volta”, racconta. “Le donne che lavoravano per noi all’inizio lavoravano nelle loro case. Il bello è stato adeguarsi nel tempo ai cambiamenti, alla tecnologia in modo che il mercato apprezzi i nostri prodotti. Produciamo idee tutto l’anno, abbiamo un ambiente creativo”. La bellezza del cambiamento è proprio questa: il cambiamento va intercettato. “Vorrei che Monnalisa durasse oltre me”, afferma Iacomoni.
“Uno dei grandi cambiamenti è stato togliere la rete commerciale degli agenti. Abbiamo trovato accordi con tutti ed è terminata un’epoca. Volevamo accorciare la catena e aumentare il controllo sulla filiera. Oggi abbiamo sette showroom nel mondo con collaboratori che vendono direttamente al trade finale. Saltare alcuni passaggi è stato un cambiamento di valore per avvicinarci al cliente e prendere decisioni correttive in tempo reale”.
Partendo dal prodotto e rimanendo legati a esso, si può accedere al mondo finanziario pensando sempre prima alla produzione che alla dimensione finanziaria. Alla base ci vuole la volontà di avere un’azienda che produce: “Prima di tutto siamo produttori, questo il nostro valore. Sono convinto che sia importante continuare a puntare sul prodotto”.
Monnalisa esporta in Europa, poi Cina, Giappone, Usa, il mercato si è allargato. Il futuro? “Mi piace pensare che non siamo arrivati, c’è un domani ancora brillante e c’è ancora spazio per creare e crescere”, sostiene Iacomoni. “Bisogna essere testardi, bisogna volere una cosa e anche sbagliare, perché tutto ciò serve a migliorare. Bisogna credere in se stessi. Fare l’imprenditore è il mestiere più bello del mondo”.
Sara Tommasiello, Direttore HR e CFO di Monnalisa, spiega che “l’azienda controlla tutta la filiera e il 70% del fatturato è realizzato all’estero. Negli ultimi anni sono state aperte sei controllate nel mondo. Il nostro bilancio di sostenibilità è integrato con il bilancio civilistico. La sostenibilità raccontata insieme ai numeri contribuisce a darne un senso differente”. Tempo, retribuzione e benessere sono i focus HR dell’azienda: in questo ambito “l’endorsement della direzione è fondamentale”.

Vranjes e l’impresa come un gioco

Paolo Vranjes (a sinistra) e Francesco Varanini

Paolo Vranjes, Presidente e fondatore di Dr. Vranjes Firenze, sostiene che “per fare impresa bisogna avere qualcosa nel Dna: curiosità, creatività, investimento, innovazione e continua evoluzione nella formazione. Ho iniziato a fare l’imprenditore perché ho iniziato a investire la ‘paghetta settimanale’ in un laboratorio artigianale per estrarre profumi da tutto ciò che capitava per le mani, fiori, alberi… Rimane sempre questa dimensione di gioco, divertimento, emozione“.
La formazione è fondamentale “ma si lega al piacere di nutrire un’idea che nasceva da un gioco. Possiamo dire che fare l’imprenditore è il gioco degli adulti. La creatività è un gioco“.
Dr. Vranjes lavora con le maestranze dell’artigianato fiorentino e crea oggetti che arredano e profumano gli ambienti. Ma come sta usando le tecnologie? “L’azienda investe in sistemi informativi per il monitoraggio dell’andamento e in automazione, formiamo risorse perché sappiano gestire questa complessità”.
Il passo successivo dello sviluppo aziendale va in direzione di “curiosità, creatività, investimento, innovazione e formazione. L’obiettivo è aumentare la quota di mercato estero. La presenza internazionale è consistente con negozi monomarca in Giappone e Kuwait City. Industrializziamo i processi ma continuiamo a creare oggetti che hanno un alto contenuto di qualità e artigianalità”.

Novella Ferri è la Responsabile Risorse Umane di The Bridge, azienda che si trova a Scandicci, nel distretto della pelletteria mondiale e ha contribuito a farne cresce l’indotto. The Bridge è stata acquisita da Piquadro “che ha saputo garantire la salvaguardia dell’identità dell’azienda“. Ferri, figlia dell’imprenditore fondatore, racconta del passaggio a una proprietà “che parlava la stessa lingua dei fondatori”. L’azienda ha una competenza manifatturiera “che ha valori incontrastati e riconosciuti”.
Nell’ambito della formazione, il sogno di Ferri è “creare una scuola di formazione all’interno dell’azienda. Oggi si fanno corsi per far crescere le persone in azienda per far crescere e gli store manager. Credo nella formazione e nella crescita dei nuovi talenti oltre a mantenere forte il legame con il territorio e con l’italianità”.

HR Disruption e formazione digitale

Paolo Brossa di Teamsystem

Con Paolo Brossa, Direttore commerciale di Teamsystem Service, parliamo di HR Disruption. Teamsystem, fornitore di soluzioni e servizi HR per supportare la competitività dei propri clienti, propone una riflessione sul cambiamento in atto che coinvolge le aziende e i propri modelli organizzativi. Le aziende e i fornitori devono prepararsi al mutamento con nuove soluzioni e modelli organizzativi, senza perdere di vista lo scopo principale dell’esistenza stessa dell’impresa e i valori che essa esprime. Come fornitore nell’ambito delle risorse umane, Teamsystem riflette sui processi che coinvolgono la risorsa “principale” di ogni imprenditore o azionista: i collaboratori.

Daniela Alessandri, District director Italy south di Berlitz, parla della digitalizzazione della formazione. La formazione linguistica rientra fra gli elementi di cambiamento, sia per lo studente/utente sia per la formazione del personale che si può dotare di strumenti di tracciabilità “real time”. Le piattaforme di e-learning si sono specializzate, si sono evolute, hanno aggiunto strumenti video ad alta definizione, tracciabilità e visibilità dei risultati e delle performance, strumenti di ingaggio come la “gamification”: sono sempre più vicine alle esigenze di persone che per lavoro richiedono flessibilità, personalizzazione, focus su obiettivi definiti e, perché no, anche un rapporto umano con un insegnante madrelingua che le segua sul loro PC.

Una delle chiavi di successo dell’azienda è la modalità con la quale vengono gestite le Risorse Umane. MEF – Distribuzione Materiale Elettrico da sempre attribuisce un valore fondante e fondamentale alle persone che ne fanno parte al fine del raggiungimento dei propri obiettivi. Oggi, oltre 600 collaboratori fanno parte di MEF e ne supportano la crescita con la loro passione, professionalità e competenza. Alcune modalità di approccio sempre più partecipativo alla vita aziendale e alla definizione delle sue strategie e obiettivi sono state raccontate da Luca Giaffreda, Direttore HR e logistica e membro del Cda di MEF e Christian Giaffreda, Auditor interno, coordinatore qualità-ambiente-sicurezza e membro del Cda. “I collaboratori supportano con le loro competenze una crescita vertiginosa. L’azienda non ha mai fatto ricorso a riduzioni del personale e cassa intergrazione, anche nei tempi di maggiore crisi. Il Direttore del Personale conosce tutti i dipendenti e l’azienda vuole partecipare del vissuto delle persone. Oggi lavorano in MEF fino a tre generazioni”. La formazione è da sempre un tema di primaria importanza: “Il personale MEF deve essere formato visto che l’azienda vende soluzioni. La dimensione collaborativa viene alimentata anche attraverso uno strumento, IBM Connection, che consente ai collaboratori di condividere informazioni e conoscenze. Il turnover è intorno all’1% e anche questo ha contribuito a raggiungere risultati positivi”.

Le esperienze di Fabianelli e Ruffino

Emanuele Rossini

Luca Fabianelli, Amministratore Delegato di Pastificio Fabianelli, racconta come attorno alla produzione di pasta gravitino professionalità estremamente specializzate e “i collaboratori siano parte integrante della famiglia”.
I prodotti mantengono la medesima qualità e artiginalità, ma alla tradizione si affianca un intenso programma di innovazione. Il consumatore ha sempre più bisogno di sicurezze alimentari ed è disposto a sopportare un differenziale di prezzo. L’azienda, da parte sua, attraverso il Qr code può dare informazioni sulla produzione e sulla provenienza delle materie prime.
Oggi il Pastificio esporta l’85% della sua produzione e deve fare i conti con “una concorrenza spietata all’estero”, dove secondo Fabianelli “manca un’adeguata tutela del made in Italy”.

Emanuele Rossini è l’Hr director di Ruffino, cantina fondata nel 1877 da due cugini a Pontassieve. Oggi Ruffino è stata acquistita da Constellation Brands ed è uno dei cinque brand strategici del Gruppo: basti pensare che il Chianti Ruffino è il più venduto negli Stati Uniti.
“Le persone sono molto fedeli all’azienda, il turnover è pari a zero”, afferma Rossini. “Cerchiamo di far crescere le persone all’interno dando loro la possibilità di avere un percorso di carriera. Non sempre è facile portare le persone a lavorare in un’azienda agricola. La multinazionale ha lasciato la libertà di gestire l’azienda e tende a dare fiducia alle persone e ai manager“.
Come è possibile continuare a fare sviluppo? “Lasciandosi guidare dal cliente innanzitutto, produrre quello che il cliente vuole e non ciò che piace all’imprenditore”, risponde Rossini. Lo slogan che troviamo su un fiasco Ruffino recita: “Il futuro è di chi lo ha cominciato”. Un monito per tutti noi.

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