
Industria 4.0, lavoro e welfare, cosa prevede il Governo Di Maio-Salvini
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Oltre alla Vicepresidenza del Consiglio dei Ministri, condivisa con il leader della Lega Matteo Salvini, nelle mani di Luigi Di Maio, capo politico del Movimento 5 Stelle, ci sono il Lavoro, lo Sviluppo Economico e le Politiche sociali (quindi il welfare).
Il mondo dell’industria è stata la parte d’Italia che il M5S ha faticato maggiormente a ‘conquistare’, seppur già a marzo, subito dopo le elezioni, Vincenzo Boccia, Presidente di Confindustria, si è detto fiducioso, ma non ha mancato di esprimere un monito: “Riteniamo che alcuni provvedimenti abbiano dato effetti sull’economia reale in questo momento storico, in particolare il Jobs Act e il Piano Industria 4.0. Smontarli significa rallentare, invece dobbiamo accelerare. Se vogliamo ridurre il divario e aumentare l’occupazione nel Paese, abbiamo bisogno di una precondizione che si chiama crescita”.
Il Governo del cambiamento punta sulla formazione
E anche se tra le prime dichiarazione da Ministro del Lavoro c’è la volontà di rivedere il Job Act ritenendo che abbia aumentato la precarietà, in realtà i primi passi mossi sono stati di apertura alle imprese, in particolare sul tema della formazione: “Se vogliamo creare lavoro dobbiamo lasciare in pace le imprese, dobbiamo formare chi non ha il lavoro per quelle mansioni che servono alle aziende ed è per questo che ho chiesto il Ministero del Lavoro e dello Sviluppo economico perché le due cose non sono separate”.
Secondo Di Maio, per migliorare l’occupazione bisogna partire da una riforma dei centri per l’impiego, “un’umiliazione per chi cerca lavoro”: “Deve essere lo Stato a dire ai disoccupati in quale ambito formarsi nell’attesa della prossima occupazione”.
Quello che invece proprio non piacerebbe a Confindustria (ed è la notizia più recente) è il passaggio dell’onere degli esuberi e quindi dei pre pensionamenti dalle casse statali a quelle dei privati. Ipotesi avanzata dal Governo gialloverde nell’ambito della revisione della legge Fornero che allarma Boccia: “Noi abbiamo un problema importante nel Paese, il 60% delle imprese è ancora in una fase di transizione. Se carichiamo di costi le aziende, che sono il grande valore dell’Italia, visto che siamo la seconda manifattura d’Europa, facciamo un errore, da qualsiasi parte arrivi la dimensione di tassazione. Dobbiamo fare i conti con un contesto esterno in cui l’Italia deve rafforzarsi dal punto di vista industriale e non indebolirsi”.
Migliorare il rapporto tra imprese e Pa
Il Ministro del Lavoro ha scelto un consulente che si chiama Sergio Bramini, un imprenditore finito agli onori della cronaca perché costretto a chiudere l’azienda a causa dei debiti per una commessa statale, come ha spiegato Di Maio: “Mi sono ricordato di una promessa che ho fatto e che unisce il Nord e il Sud. C’è un imprenditore del Nord che si chiama Sergio Bramini che aveva fatto dei lavori in provincia di Ragusa con la sua azienda, lo Stato non lo ha pagato e non pagandolo lo ha costretto a fallire. Non solo, nonostante dovesse avere dei soldi, dopo anni lo Stato gli è andato a pignorare la casa. Sono stato con lui il giorno prima che gliela pignorassero e gli ho detto: ti prometto che se andiamo al Governo vieni con noi e scriviamo una legge per salvare tutti quelli come te a cui lo Stato deve dei soldi. E così adesso è un consulente esperto dello Sviluppo Economico e ci aiuterà a salvare imprenditori, commercianti, professionisti”.
Il caso di Bramini, che si è detto felice per l’incarico affidatogli da Di Maio, potrebbe non essere unico, considerando che la mole di debiti commerciali della Pubblica amministrazione è pari a 58 miliardi, di cui oltre la metà con tempi di pagamento in ritardo, stando a quanto emerso da un’analisi della Banca Ifis, presentata in occasione dell’ultimo Forum Pa. Lo studio ha certificato quindi un ‘cattivo’ rapporto tra la Pa e le imprese che a loro volta pagano le commesse allo Stato con almeno 30 giorni di ritardo. E neanche la fatturazione elettronica ha migliorato la situazione.
Il welfare aziendale “aiuta il Paese a crescere”
Il Ministro del Lavoro, invece, non si è ancora espresso sul tema welfare. Resta ‘agli atti’ però il programma del suo partito, secondo il quale: “La legge di Stabilità 2016 come noto ha cambiato le regole che determinano il reddito da lavoro dipendente – ampliando il novero delle erogazioni aventi finalità sociali, educative e assistenziali fiscalmente agevolate – e promosso il welfare aziendale nell’ambito dell’erogazione della parte variabile del salario legata alla produttività (il cosiddetto premio) favorendo fiscalmente i servizi di welfare rispetto all’equivalente in denaro. La ‘rivoluzione’ attuata da quel provvedimento è stata ampliata dalla successiva legge di Stabilità 2017. Con la legge di Bilancio 2018 il Legislatore sceglie di continuare sulla strada tracciata dalle precedenti manovre. […]L’incoraggiamento al welfare aziendale è un aspetto indubbiamente positivo, perché significa potenziare un’idea di responsabilità sociale di impresa che aiuta il nostro Paese a crescere. Nel nostro programma prevediamo strumenti che incentivano le aziende a fare politiche family friendly. Bisogna mettersi in linea con il resto d’Europa, per esempio, sul fronte dei congedi parentali o degli assegni familiari. Si tratta di strumenti che non solo migliorano la qualità della vita delle persone, che è il nostro primo obiettivo, ma comportano anche un aumento della produttività”.
Nel proprio programma, inoltre, il Movimento 5 Stelle ricorda di essere stato tra i protagonisti della Legge sul Lavoro agile e in tema Smart working ha sostenuto: “Riteniamo che lo Smart working debba essere considerata una modalità di svolgimento dell’attività lavorativa di carattere volontario e reversibile, la previsione di una cornice di contrattazione collettiva, il diritto alla disconnessione con l’individualizzazione delle fasce di reperibilità, nonché di periodica formazione e incontri con il team dei dipendenti per favorire l’inclusione e il lavoro di gruppo”.
Ma cosa pensa la Lega del welfare aziendale? Anche Salvini, neo Ministro dell’Interno, non si è espresso sul tema, ma il programma del suo partito prevede “aumenti salariali mediante l’adozione di sistemi incentivanti su base meritocratica che tengano conto di specifici obiettivi di risultato e produttività. Revisione della busta paga, aumentando la parte variabile legata alla produttività rispetto alla parte fissa. Valorizzare al contempo il ruolo della contrattazione di secondo livello, mediante l’adozione di piani di welfare aziendali”.
Sì all’Industria 4.0, ma non ai robot
E se Di Maio ha rilasciato dichiarazioni in merito alla necessità di investire sulle competenze in ottica Industria 4.0, ancora non è chiaro come e se il Piano Industria 4.0 anzi Impresa 4.0 andrà avanti, anche se il programma elettorale del M5S farebbe ben sperare gli industriali visto che si parla di investimenti in ambito tecnologico: “Il Movimento 5 Stelle desidera promuovere il lavoro sinergico tra imprese, Pubblica amministrazione, mondo dell’università e della ricerca, sviluppando modelli virtuosi di Smart city, coinvolgendo le attività economiche del territorio, le startup innovative, i gruppi di ricerca e le autorità territoriali, al fine di risolvere problemi per i cittadini e fornire servizi efficienti. Intendiamo, inoltre, sviluppare nuovi modelli di welfare per attutire l’impatto sociale della nuova ‘rivoluzione industriale’ e prevenire le conseguenze dell’impiego sempre più ampio di soluzioni di robotica. Riteniamo fondamentali tutte le misure volte alla promozione degli investimenti in nuovi beni e servizi al fine di realizzare prodotti ad alto valore tecnologico in aree strategiche di mercato, e creare consapevolezza tra i potenziali nuovi attori del mondo dell’innovazione rispetto alle grandi opportunità della quarta rivoluzione industriale. Il M5S punta a far diventare l’Italia un importante attore nella quarta rivoluzione industriale abolendo le barriere che oggi limitano la nascita e lo sviluppo delle idee innovative”.
Il sostegno fiscale alle imprese che innovano, inoltre, è stato anche uno dei punti programmatici della Lega, ‘l’altra metà del cielo’ dell’attuale Governo che condivide con i 5 Stelle anche la tesi robot uguale perdita di posti di lavoro, come sostenuto anche dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), secondo la quale “un posto di lavoro su due rischia di essere messo in dubbio dalla robotica, dalla digitalizzazione e dalle nuove tecnologie”.
Si legge infatti nel programma di Salvini: “La quarta rivoluzione industriale in atto pone a rischio le occupazioni meno retribuite, poiché sono le più sostituibili dai robot. Il costo sociale in termini occupazionali che l’innovazione tecnologica inevitabilmente comporterà potrebbe essere compensato da una tassazione sui robot che svolgono lavori umani e l’avvento della rivoluzione tecnologica affrontato attraverso idonee misure, anche di natura fiscale tese alla salvaguardia degli standard di welfare, necessarie per scongiurare una crisi occupazionale, considerando anche l’opportunità della creazione di specifici percorsi formativi per la riqualificazione dei lavoratori; l’implementazione della formazione scolastica delle scuole secondarie di secondo grado e di quella universitaria al fine di favorire la nascita di nuove figure professionali idonee alle competenze richieste dalla quarta rivoluzione industriale e in possesso degli opportuni skill; sostegno alle micro e piccole imprese nel rinnovamento dei loro processi produttivi, integrandoli con quella parte del sistema industriale già interconnessa, quale presupposto per lo sviluppo di una strategia che miri alla più ampia diffusione delle tecnologie avanzate”.