
Il valore delle biblioteche aziendali come strumenti di welfare culturale
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Non è una novità: le strategie di successo delle imprese nell’epoca della globalizzazione si sviluppano attorno agli strumenti della conoscenza. Dalla Silicon Valley ai distretti del tessile della provincia italiana, elementi quali cultura d’impresa, know how di prodotto e innovazione si nutrono di conoscenze, competenze e creatività.
Il modello economico basato su un mero scambio di ‘denaro contro tempo’ appare ormai superato anche nei Paesi in cui si ottiene manodopera a basso costo, mentre in contesti produttivi più avanzati già da diversi anni ci si interroga su nuove implicazioni e interpretazioni della relazione tra impresa e lavoro.
La tradizione e la storia dell’imprenditoria italiana rivelano come la cultura sia stata parte integrante della vita delle realtà industriali più avanzate, ben oltre l’espressione artistica di loghi, pubblicità e architetture di fabbrica.
Accanto ai servizi di welfare più tradizionali, quali asili, scuole e soggiorni estivi per i figli dei dipendenti, servizi sanitari, convenzioni e agevolazioni, non mancano infatti esempi di servizi culturali destinati al tempo oltre il lavoro, dall’istituzione di Cral aziendali alla creazione di vere e proprie biblioteche.
Negli anni dello sviluppo economico italiano e negli ultimi della crisi, però, tale funzione del welfare culturale è andata affievolendosi, lasciando spazio a più rigide politiche orientate alla produttività. Oggi il puro approccio di mercato, che mira a ingaggiare le risorse esclusivamente attraverso la retribuzione, sta mostrando tutti i suoi limiti anche fuori dai perimetri più ricchi della grande industria e dell’economia della conoscenza.
La sola componente economica, infatti, non è più sufficiente a motivare dipendenti che cercano nel lavoro un ambito di realizzazione personale oltre che professionale.
Conciliazione di flessibilità e concretezza
I soggetti più giovani e quelli professionalmente più forti chiedono di potersi riconoscere nell’attività d’impresa, ne valutano le finalità industriali e sociali ed esprimono un’istanza di autodeterminazione: pur essendo dipendenti, desiderano investire nel lavoro un talento imprenditoriale tale da garantire ampi margini di autonomia decisionale.
Per questo le aziende sono alla ricerca di strategie che possano sostenere una cultura aziendale orientata all’innovazione e capace di attrarre e trattenere i nuovi talenti, e anche a tale scopo si stanno affermando in questi anni forme di welfare aziendale che vanno oltre il work-life balance, con l’obiettivo di connettersi a quelle reti di servizi capaci di trasformare il lavoro in una porta di accesso privilegiata a opportunità di vita oltre il lavoro.
Nella gran parte dei casi, infatti, non si tratta più di welfare erogato dall’azienda in modo diretto, come avveniva prevalentemente all’epoca della crescita industriale del Dopoguerra, ma di un paniere di opportunità di mercato cui i dipendenti hanno accesso gratuitamente o a costi convenzionati.
Si comprende come questo modello presenti molti vantaggi: dalla varietà di offerta disponibile, alla flessibilità organizzativa con cui è possibile attivarlo e trasformarlo. Si tratta inoltre di soluzioni spesso più economiche rispetto ai servizi a gestione interna.
Resta però un limite legato al valore simbolico di queste iniziative, perché se è vero che sono facilmente accessibili per le imprese, i servizi di mercato non possono che rimanere all’esterno dei luoghi di lavoro. Questo ne riduce inevitabilmente la capacità di interagire con la percezione dei dipendenti e ne limita l’impatto trasformativo sulla cultura aziendale.
In ragione di queste aspettative, le biblioteche aziendali acquisiscono un significato importante, perché sono in grado di conciliare la flessibilità con la concretezza di uno spazio fisico; la loro presenza esprime un valore ed esplicita la natura ibrida verso la quale stanno evolvendo i luoghi di lavoro, che oggi non sono più spazi esclusivamente dedicati alla produzione ma si trasformano in ambiti in cui relazione e cultura sono elementi fondamentali per la creazione di valore.
L’articolo integrale è pubblicato sul numero di giugno 2019 di Persone&Conoscenze.
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