
Il passato che ritorna
Anni 70, passato, problemi del lavoro, violenza del web
Il telefono squillò nel tardo pomeriggio. Il capo ufficio rispose. Lo vidi improvvisamente impallidire, balbettare qualcosa e uscire di corsa. I miei colleghi e io venimmo quasi subito a sapere ciò che una persona a lui vicina, ancora sotto choc, gli aveva appena raccontato. Era stata testimone, all’interno della Scuola di Amministrazione di Torino, del sequestro di un’intera classe di oltre 200 persone, del ferimento di 10 tra studenti e insegnanti, gambizzati a freddo, e della ‘lezione ideologica’ impartita dal gruppo di brigatisti di Prima Linea, resosi artefice di questa azione terroristica.
Tra il 1970 e il 1980 si poteva morire o essere resi invalidi per il semplice fatto di essere un dirigente aziendale, un docente universitario, un magistrato o un servitore dello Stato. Anche solo studiare Ingegneria o Economia, per essere poi assunti in una multinazionale, costituiva una macchia indelebile da perseguire con minacce e terrore e da lavare, nei casi estremi, con il sangue.
Far parte della Direzione del Personale significava sovente, trovarsi in prima fila davanti a un nemico invisibile subdolo, abile nello studiare le tue mosse sotto le rassicuranti sembianze di un vicino di casa, di un collega che improvvisamente scompariva dall’ufficio, di un conoscente che per un po’ frequentava il tuo giro.
Lavorare in una funzione soft quale lo sviluppo organizzativo diminuiva solo in parte i rischi, ma non li annullava. Si veniva addestrati regolarmente a riconoscere le classiche trappole che precedevano gli agguati. Qualcuno, più temerario, prendeva lezioni di tiro al Poligono.
Un paio di volte, con emozione e un po’ di paura, ho tenuto tra le mani i ciclostilati con la stella a cinque punte appena trovati in un angolo dello stabilimento o in una cabina telefonica nei paraggi dell’azienda. Non ricordo di aver provato un particolare disagio a lavorare in quegli anni.
Forse per una certa incoscienza giovanile o forse perché tutti noi avevamo fiducia in uno Stato che, prima o poi, avrebbe fatto definitivamente valere i principi della legalità e del diritto. In ogni caso ognuno teneva per sé le proprie preoccupazioni, evitando con cura di farle trasparire in famiglia, dove il momento peggiore era l’ora dei notiziari serali che troppe volte erano introdotti da servizi giornalistici a dir poco agghiaccianti.
In quegli anni si sarebbe potuto abbassare la guardia, cedere alle lusinghe di un lavoro meno rischioso o, peggio, ricercare una specie di compromesso con il nemico. Al contrario si preferì andare avanti, credendo nei propri principi fino in fondo.
Per questo in alcuni casi molti pagarono di persona, alcuni con la vita. Ne uscì alla fine una classe lavoratrice più forte e più matura, che accompagnò il Paese in Europa, in una serie di scelte coraggiose capaci di superare una volta per tutte decenni di confronti ideologici talmente aspri da sfociare, come poi si vide, in forme di lotta armata.
Per la mia propensione a ricordare il passato, vengo scherzosamente rimproverato di comportarmi da “laudator temporis acti”. No, non rimpiangerò mai quegli anni che ancor oggi continuano a evocare scenari cupi e violenti. L’averli vissuti lascia ancora ricordi molto nitidi, che lo scorrere di qualche decennio non potrà mai cancellare. È la totale indifferenza che le nuove generazioni parrebbero avere di quel passato che fa seriamente riflettere.
Se è vero che la storia è maestra di vita, solo uno studio approfondito di quel periodo può fornire le chiavi di lettura per non ripetere gli stessi errori. Accade invece che si preferisca lasciare ai fatti dell’ultimo secolo una valutazione superficiale, capace solo di esasperare la loro natura divisiva, quando, al contrario, servirebbe un’analisi serena con cui finalmente ritrovare un pacifico equilibrio collettivo.
Oggi non si va al lavoro con l’angoscia che la vita possa essere messa in pericolo da un killer invisibile. Ma la violenza ha solo cambiato pelle. Con forme e contenuti differenti. Da scontro tra classi sociali che portavano un conflitto politico sul terreno del lavoro, si è passati a forme permanenti di guerriglia tra gruppi di facinorosi del web, nascosti dietro la garanzia dell’anonimato.
E gli annosi problemi insoluti legati a diseguaglianze, gender gap, crisi industriali che scuotono la società rischiano di dare un senso di inutilità al sacrificio di chi perse la vita per difendere i valori più alti. Il nostro passato, se rimosso, può ritornare a essere quel futuro che non avremmo mai voluto si ripetesse: aiutiamo i più giovani a non dimenticarlo.