Il lavoro c’è, mancano le competenze

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Nell’attuale scenario lavorativo, la relazione tra le nuove tecnologie e le professioni si traduce in una carenza di competenze e in un vuoto organizzativo che impattano negativamente sulla produttività.

Non siamo in presenza di una crisi causata dall’assenza di lavoro, come spesso si tende a credere, piuttosto stiamo vivendo una vera e propria emergenza legata alle competenze.

Per evitare che questo problema diventi sempre più grave, nelle aziende la formazione non può subire interruzioni e le persone vanno formate in modo continuo lungo tutto il loro ciclo di vita professionale.

Bisogna saper leggere le evoluzioni dei ruoli e costruire percorsi formativi che garantiscano l’impiegabilità delle persone a lungo termine. La trasformazione digitale, infatti, non cancellerà soltanto posti di lavoro, ma ne creerà di nuovi.

Secondo uno studio di Confindustria su dati Unioncamere e Anpal, tra il 2018 e il 2022 le imprese italiane saranno pronte a offrire un posto di lavoro a 469mila tecnici, super periti degli Istituti Tecnici Scientifici (ITS) e laureati nelle materie Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics), di cui 264mila operai specializzati.

Ma l’attuale offerta formativa non è in grado di soddisfare la richiesta del mondo del lavoro. Ciò penalizza –e lo farà sempre di più in futuro– il tessuto produttivo e i territori, oltre studenti e famiglie, che devono essere sempre più coinvolte nel processo di orientamento alla formazione dei figli.

Da qui al 2022 –spiega il report di Confindustria– quasi la metà dei periti Under 29 sarà “di difficile reperimento”. Eppure solo il 24% degli studenti (meno di uno su quattro) si iscrive dopo la maturità a facoltà scientifiche, nonostante nei prossimi 10 anni questi settori rappresenteranno l’85% dell’occupazione.

Oggi il tasso di disoccupazione in Italia è attorno al 10%, mentre quello giovanile supera il 30%, un dato allarmante, “ma ci sono 140mila posti di lavoro vacanti nell’Innovation Technology e nei prossimi 24 mesi ce ne potrebbero essere 270mila”, ha affermato l’Amministratore Delegato di Microsoft Italia, Silvia Candiani, una delle tante voci che hanno lanciato l’allarme. “Le carenze maggiori non sono nelle infrastrutture, ma nelle competenze: le aziende si rubano i pochi esperti l’una con l’altra. Noi stiamo facendo la nostra parte, creando corsi brevi con le università e formazione gratuita online con il progetto Ambizione Italia che intende diplomare 500mila persone. Ma è tutto il Paese che deve crederci”.

In questo periodo di grande cambiamento anche alla funzione HR viene richiesto di adeguare le proprie competenze, trasformando il proprio ruolo da puramente ‘di staff’ a vero e proprio attore della trasformazione digitale.

La redazione di Persone&Conoscenze ha intervistato alcuni player di questo mercato per capire la loro opinione sulla nuova configurazione del mondo del lavoro e sulla necessità di una formazione continua per la creazione di nuove competenze.

La voce dei protagonisti

Da sinistra a destra: Francesco Seghezzi, Alessandro Boracina, Leonardo Paoletti, Emanuele Castellani, Diego Malerba, Roberto Savini Zangrandi, Filippo Meraldi e Roberto Degli Esposti

Francesco Seghezzi, Direttore di Fondazione ADAPT: “Viviamo in una situazione paradossale: nonostante i nostri tassi di laureati e diplomati siano bassi in confronto alla media europea, la generazione dei giovani italiani di oggi è la più formata della storia, ma la disoccupazione giovanile nel nostro Paese è molto alta”.

Alessandro Boracina, Sales Director di Westhouse Italia: “Il tema della gestione per obiettivi è sempre più importante, di conseguenza non conta più la sola competenza, ma anche la velocità di aggiornamento professionale”.

Leonardo Paoletti, partner di AdActa Consulting: “Siamo di fronte a un’emergenza causata dalla mancanza di laureati in materie scientifiche, informatiche e tecniche, che le aziende cercano disperatamente. Parliamo quotidianamente con imprenditori che hanno difficoltà a riempire posizioni vacanti, ma purtroppo molti giovani e le loro famiglie continuano a scegliere percorsi che non portano a studi utili pertrovare una rapida collocazione lavorativa”.

Emanuele Castellani, Amministratore Delegato di Cegos Italia: “Esistono due necessità: l’auto-responsabilizzazione, ovvero l’esigenza che dovrebbe spingere ciascun dipendente a volersi formare e la continuità della formazione, in quanto il mercato non permette più di fermarsi e di colmare i gap di competenze”.

Diego Malerba, Founder di Execo: “È in atto una mutazione genetica, un cambiamento netto e discontinuo rispetto al passato, generato da diversi fenomeni in relazione tra loro molto di più di quanto sembri”.

Roberto Savini Zangrandi, Direttore di Quadrifor: “L’Ocse ha certificato che l’Italia è in ritardo rispetto alla maggior parte dei Paesi europei sia nel numero di laureati sia nel ranking delle università, con un mismatch tra il livello di qualificazione delle persone e le esigenze del mercato che arriva al 40%”.

Filippo Meraldi, Vice President Digital Marketing di Jobrapido: “Esiste un andamento comune che riguarda la richiesta da parte delle aziende di una maggiore specializzazione in ambito tecnologico”.

Roberto Degli Esposti, Managing partner &Executive business coach di Performant: “Il lavoro è il risultato delle competenze, non il contrario”.

Puoi leggere l’articolo completo nel numero di Dicembre 2018 di Persone&Conoscenze.
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