Il beneficio diffuso dell’attività d’impresa: dal dichiarato all’agito attraverso la negoziazione

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Il risultato cui mira la negoziazione come modalità di condurre una trattativa è quello di generare soddisfazione e benefici per tutte le parti coinvolte, anche per ‘parti’ terze non direttamente partecipi alla trattativa. La negoziazione è un iniettore di benessere sociale e collettivo, circolo virtuoso della dinamica negoziale è essere un generatore di valore per l’azienda e gli stakeholders. Possiamo chiamarli benefici sociali, valore diffuso, soddisfazione di ampi interessi, in ogni caso questo obiettivo ambizioso non può prescindere dalle capacità per ottenerlo se non vuol restare mera dichiarazione d’intenti. L’attività d’impresa è figlia di fatti concreti e reali capacità, espressioni tangibili di cultura, sensibilità e accortezza gestionale che i leader di oggi e domani sono chiamati a creare attraverso l’agito e non solo il dichiarato. Siamo i primi ad augurarci che l’attività di impresa coniughi i valori originari di un sano capitalismo a una ricaduta positiva a livello sociale. La negoziazione è la sola modalità gestionale che lo permette, perché potenzia il valore degli accordi e assicura il maggior benessere aggregato possibile: ogni politica aziendale gestionale −che prescinda da accorte politiche negoziali− è miope, poco lungimirante e non potrà generare profitti soddisfacenti e durevoli.

Vulnerabilità: scommessa per una nuova leadership
L’attuale crisi italiana può essere letta da tanti punti di vista e sarebbe poco realistico non analizzarla anche come una crisi strutturale di leadership dei centri di potere della vita pubblica e del sistema privato e aziendale. Non si può prescindere da questa considerazione per una questione in primis di assunzione di sana responsabilità e rifiuto di quella cultura dell’alibi paralizzante, che nega la vulnerabilità e vede solo negli eventi terzi la causa dei propri insuccessi e fallimenti: l’accettazione delle proprie ‘incapacità’ ha in sé il valore primario della ricerca di miglioramento e rinnovamento che permettono di svolgere appieno il ruolo cui si è chiamati con responsabilità, anche senza garanzie di successo. Un sistema alimenta la cultura della responsabilità quando incentiva la meritocrazia e −come rovescio della stessa medaglia− l’attivazione della ‘sanzione’ in conseguenza del proprio agire. Per chi si occupa di accompagnare lo sviluppo e la crescita delle capacità delle persone rispetto alla competenza di leadership delicata come la negoziazione, ha in sé il senso della responsabilità come valore intrinseco.

Mai come negli ultimi mesi gli esperti hanno avvertito un profondo senso di smarrimento e demotivazione, acuito da una sensazione di mancanza di regole del gioco chiare, ma anche di giocatori capaci e di una guida che costituisca un saldo punto di riferimento. Complice di ciò anche la situazione istituzionale del paese con tutte le sue implicazioni. L’etimo delle parole ci può, in tanta confusa incertezza, aiutare a riprendere il filo. La parola ‘autorità’ deriva dal latino augere, far crescere addossando all’esercizio dell’autorità un significato profondo di ‘servizio’.
Non a caso il titolo di Augusto venne riconosciuto a coloro che con il loro potere avrebbero accresciuto il benessere e la prosperi tà della società romana. Non a caso il declino dell’Impero Romano è iniziato quando sul titolo di Augusto è prevalso quello di Imperatore, legato a un concetto di primarietà fondata sui privilegi guadagnati grazie per ereditarietà o supremazia della forza.

C’è una potenza enorme nella parola augere: racchiude in sé il concetto di responsabilità del comando e meritocrazia. In tutto questo però sembra essersi perso tanto il ‘senso dell’umano’ quanto il ‘senso dell’agire’ e delle conseguenze che le condotte hanno, e quindi delle responsabilità che ne discendono. I giornali raccolgono sfoghi di politici incapaci di trovare accordi, e che ne individuano la causa nelle preclusioni poste da terzi, lamentele di manager di aziende pubbliche e private che imputano l’asfissia del sistema economico a sistemi creditizi inadeguati e alla crisi globale, scoramenti di imprenditori che accusano il sistema di frenarne la competitività. Il ricorso a un linguaggio impersonale, non è casuale ed è funzionale al tacere le proprie responsabilità, contribuendo all’erosione del ruolo stesso dell’autorità alla base dello smarrimento attuale. Si tende diffusamente a negare responsabilità con conseguenze e implicazioni ancora più gravi, che minano i principi della meritocrazia e infettano il sistema, dall’alto verso il basso. Ancora di più significa negare la grandezza della vulnerabilità dell’essere umano, unico vero elemento che lo accomuna a tutti i suoi simili.

“Quando eravamo bambini,
pensavamo che una volta cresciuti

non saremmo più stati vulnerabili.
Ma crescere vuol dire accettare la vulnerabilità.
Essere vivi significa essere vulnerabili”.

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