
Helpling e il modello piattaforma, le nuove frontiere del recruiting
Helpling Italia, piattaforme di lavoro digitale, recruiting online, servizi domestici
Nell’ultimo decennio, la diffusione di piattaforme di lavoro digitale ha attirato l’attenzione di studiosi, decisori politici e cittadini. Come McDonald’s ha rappresentato la globalizzazione negli Anni 90 (Ritzer, 1992), così Uber è l’azienda simbolo del ‘modello piattaforma’: le piattaforme, diffuse ormai negli ambiti più disparati, sono infatti state descritte come ‘l’Uber del settore x’.
La centralità simbolica di quest’azienda ha, però, spesso portato a sottovalutare le specificità dei singoli settori, dei contesti socio-economici di riferimento e delle caratteristiche dei lavoratori coinvolti.
La Gig economy non è un settore, ma è radicata in diversi contesti socio-economici e occupazionali (Pais, 2019). Per questo, assume particolare rilevanza l’analisi di piattaforme nate fuori dalla Silicon Valley, attive in settori diversi da quelli dove si è inizialmente diffuso il ‘modello piattaforma’ (Trasporti e Turismo) e che coinvolgono lavoratori con caratteristiche diverse da autisti e – oggi – rider (che, per esempio, sono quasi esclusivamente uomini).
Il caso che qui si prende in considerazione è Helpling, una piattaforma per pulizie domestiche, fondata da Philip Huffman e Benedikt Franke nel marzo 2014 a Colonia, in Germania. Fin dal primo anno di operatività, grazie a un finanziamento di 56,5 milioni di euro (da Mangrove Capital, Lakestar, APACIG, Rocket Internet e Unilever Ventures), la Helpling apre in numerosi Paesi europei ed extra-europei (Francia, Olanda e Italia nei mesi di giugno e luglio 2014, Australia nel settembre 2014, Singapore ed Emirati Arabi Uniti a febbraio 2015).
Nel giugno 2015 acquisisce Hassle.com, il pioniere europeo dei servizi domestici online e leader di mercato nel Regno Unito; nel settembre dello stesso anno GetYourHero in Francia e nell’ottobre 2018 Book a Tiger in Svizzera.
Alla velocità di apertura corrisponde anche la decisione di chiudere immediatamente le aree che non si dimostrano all’altezza delle aspettative: nel settembre 2015 Helpling vende il business in Brasile, Canada, Svezia e Spagna.
In questi mesi, la piattaforma in Germania sta sperimentando il passaggio dalle pulizie domestiche a una più ampia gamma di servizi domestici. Helpling è oggi presente in 200 città del mondo, distribuite in 10 Paesi in tre continenti. Gli addetti alle pulizie attivi su Helpling sono mediamente 10mila per 100mila case ogni mese.
L’85% dei clienti è fidelizzato, con ordini settimanali o bisettimanali. In questo contributo, prenderemo in esame Helpling Srl: in Italia il servizio è attivo in 12 città (Milano, Roma, Torino, Firenze, Bologna, Padova, Como, Pavia, Piacenza, Pisa, Verona e Vicenza).
Helpling Italia gestisce direttamente Operation (supporto clienti, supporto partner, sviluppo specificità della piattaforma per il mercato italiano), Marketing offline e Partnership e HR. Restano invece in capo all’headquarter di Berlino Marketing online, Finance e IT & Sviluppo prodotto.
Il lavoro domestico in Italia
Il lavoro domestico “is not just another labour market” (Lutz, 2016), perché caratterizzato da evidenti specificità: l’intimità della sfera sociale dove viene svolto, la costruzione sociale di questa attività, etichettata come ‘femminile’, una relazione di dipendenza reciproca tra datore di lavoro e lavoratore, le logiche di cura che lo differenziano da ogni altro ambito di attività professionale.
Inoltre, non può essere esternalizzato a Paesi dove il costo del lavoro è inferiore, ma può determinare catene migratorie. Il lavoro domestico si caratterizza, dunque, per tre regimi: di cura, migratorio e di genere (Lutz, 2016).
Secondo le stime conservative Ilo, nel 2010 si contavano almeno 52,6 milioni di lavoratori domestici al mondo, pari al 3,6% del lavoro retribuito, a cui si aggiungono 7,3 milioni di bambini e ragazzi tra i 5 e i 14 anni. In Italia, l’osservatorio Inps sui lavoratori domestici registra 859.233 persone che abbiano versato almeno un contributo nel 2018, un dato in costante diminuzione dopo il picco del 2012, a seguito della sanatoria riguardante i lavoratori extracomunitari irregolari (D.lgs 109/2012).
I lavoratori domestici si distinguono in colf (53%), che corrispondono più direttamente al profilo dei lavoratori di Helpling, e badanti (47%). L’area geografica che presenta il maggior numero di lavoratori domestici è il Nord Ovest (29,7%), seguita dal Centro (28,4%), dal Nord Est (20,0%), dal Sud (12,3%) e dalle isole (9,6%). Più della metà delle colf si concentra in Lombardia, Lazio, Emilia Romagna e Toscana.
Il lavoro domestico in Italia è un ambito di occupazione prioritario per le donne straniere e, negli ultimi anni, la presenza femminile si è rafforzata, raggiungendo l’88,4% nel 2018 (superiore alla media mondiale, pari all’83%, secondo le stime Ilo).
I lavoratori stranieri, in ambito domestico, sono il 71,4% del totale, provenienti in larga misura dall’Europa dell’Est (il 42,2% dei lavoratori stranieri), anche se si sta registrando una crescita degli italiani. La classe d’età 50-54 anni è quella con maggiore frequenza (17,5%), seguita dagli Over 60 (15,9%).
Si registra una forte tendenza all’aumento dell’età media: i lavoratori sotto i 45 anni, dieci anni fa, erano il 61,4%, oggi rappresentano solo il 34,4% del totale. Solo il 10% dei lavoratori domestici, infine, ottiene una retribuzione annua pari o superiore ai 13mila euro.
L’articolo integrale è pubblicato sul numero di settembre-ottobre 2019 di Sviluppo&Organizzazione.
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