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Gender gap: uomini, fate un passo di lato

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Tempi non facili, questi, per le donne. Pare che il mondo intero stia cercando, grazie alla complicità di una regia ben orchestrata, di riportare indietro le lancette dell’orologio di una storia di conquiste travagliate e sovente incompiute. Viene da pensare che anche nel nostro Paese in tanti abbiano atteso il fatidico grido “tana libera tutti” per potersi scatenare in una gara al ribasso di pessimo gusto: dal grottesco manifesto ‘pro famiglia’ di un sindaco del Sud Italia in occasione del recente 8 marzo, a disegni di legge pronti a ravvivare i focolari domestici d’antan, per non parlare di alcune sentenze della magistratura che parrebbero uscite da un tribunale della prima metà del secolo scorso.

La tradizione insegna che non siamo mai stati cultori di best practice in materia di pari opportunità. Da Paese latino permeato di cultura maschilista, nel corso dei secoli abbiamo modellato una società asimmetricamente arroccata sullo squilibrio dichiarato tra i due sessi, complice anche la mano dei poteri dominanti, temporali e non solo.

Senza voler scomodare gli antichi Romani, che le Cleopatre di turno preferivano combatterle anziché nominarle consoli o imperatrici, dalla monarchia fino alle recenti istituzioni repubblicane la nostra storia non ha lasciato in eredità figure del calibro di Elisabetta I d’Inghilterra o di Caterina de’ Medici. Fece scalpore la nomina di Tina Anselmi a prima donna Ministro della Repubblica nel 1976, tuttavia a quei tempi Margareth Thatcher, già leader dei Tories, era pronta a guidare il Regno Unito e Indira Gandhi governava un miliardo di indiani.

E che dire di Angela Merkel, per 15 anni incontrastata padrona d’Europa? È vero, oggi è normale vedere donne Ministro se non addirittura Presidenti dei rami del Parlamento. Ma chi di noi non ha mai sospettato che dietro questi ruoli di prestigio non si nascondano semplici premi di consolazione? È inutile nascondere che la stanza dei bottoni sia pertinenza esclusiva dell’universo maschile.

E l’orizzonte di medio periodo sembrerebbe lasciare le cose come sono. Il contesto di lavoro privato, come sempre un passo avanti, ha negli anni in parte smorzato le forti resistenze di quella fetta di società nostalgica del tempo in cui gli uffici paghe e contributi, le sezioni contabili amministrative o i reparti perforazione di schede meccanografiche erano puro appannaggio di solerti e silenziose impiegate comandate a bacchetta da ‘virago’ arcigne e crepuscolari nei loro grembiuli neri d’ordinanza.

Questo era il mondo di 40 anni fa. Solo negli Anni 80 una schiera di ragazze colte, laureate, dinamiche ha saputo arricchire e rivoluzionare aree professionali a elevatissima specializzazione quali Marketing, Sviluppo e Formazione, R&D, Vendite, per non parlare della Finanza nelle sue sfaccettature più sofisticate.

Ma allora come oggi il potere, quello vero, rimane lontano, mèta solo per poche elette e non è un caso che si continui a citare Marisa Bellisario, la prima grande manager italiana approdata al comando di una big del settore nel 1981 e ancora additata come esempio alle nuove generazioni. È mia personale opinione che la diffidenza verso le donne si manifesti in chi non ha mai veramente operato al loro fianco. O forse, se lo ha fatto, non ha saputo reggere il confronto.

Ho avuto il privilegio di avere colleghe che sono state indiscutibilmente il valore aggiunto della mia storia professionale. Ho ammirato il loro impegno e autonomia, la loro resilienza e la capacità di andare oltre discriminazioni e ingiustizie di ogni sorta all’interno di ambienti arroganti o, nell’ipotesi migliore, falsamente cortesi.

Mi hanno insegnato che la carriera non è un diritto, ma una conquista difficile da par suo e che gli errori, quando commessi, vengono da esse pagati a caro prezzo. E che dire della loro innata propensione all’onestà? A capo di un’azienda o all’interno di un modesto impiego, il loro senso di responsabilità e la predisposizione alla trasparenza costituiscono da soli potenti antidoti contro ogni sorta di tentazione.

Portiamo pazienza se qualche volta il potere si abbinerà a una certa rudezza: è normale e comprensibile che una storia segnata da continue rincorse e preclusioni scateni un più che comprensibile istinto difensivo. Può bastare? Lasciamo che il nostro futuro continui a propinarci ricette sbagliate che non fanno che aggravare i mali della società? Signori Uomini, per favore: un passo di lato.

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