La formazione come strumento di management nella sanità

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Autori:

Valerio Brescia, Studente Phd presso il Dipartimento di Management dell’Università degli Studi di Torino, Auditor e Ispettore
della Qualità Sistema ECM Regione Piemonte.
Christian Rainero, Ricercatore presso il Dipartimento di Management dell’Università degli Studi di Torino.
Luigi Puddu, Professore Ordinario presso il Dipartimento di Management dell’Università degli Studi di Torino.
Maria Rosaria Gualano, Ricercatore presso il Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche dell’Università degli
Studi di Torino.
Fabrizio Bert, Ricercatore presso il Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche dell’Università degli Studi di
Torino.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha intrapreso nel 2004 un percorso di equiparazione delle conoscenze in ambito sanitario focalizzando l’attenzione sulla sicurezza dei pazienti e le competenze dei professionisti. In Italia, il D.Lgs. 150/2009 ha ripreso il tema sottolineando la necessità di incentivare produttività, efficienza e trasparenza nelle aziende pubbliche a partire da una valutazione delle performance delle strutture e ponendo attenzione alle competenze dei professionisti. Per acconsentire alle richieste della normativa, la formazione è stata individuata come strumento-cardine del management delle aziende sanitarie. La formazione in ambito manageriale in sanità si è evoluta di pari passo con l’evoluzione dei sistemi sanitari, modificando ruoli e competenze di ciascuna professionalità coinvolta. La ricerca qui esposta è volta all’individuazione di metodologie, strumenti e buone pratiche atte a migliorare conoscenze, competenze e capacità in ambito manageriale dei professionisti e dei dirigenti coinvolti a diverso titolo nel sistema sanitario.          

 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) si è impegnata a sostenere gli stati membri nel migliorare la qualità dell’istruzione e della formazione degli operatori sanitari attraverso un approccio evidence-based. Negli ultimi anni numerosi documenti sono stati promossi a tal fine e dal 2004 l’OMS, in accordo con la World Federation for Medical Education, ha proposto piani formativi per tutti i professionisti del sistema sanitario.
Ogni sistema sanitario ha infatti il dovere di formare personale competente capace di rispondere alle sfide innovative, di misurare il livello delle performance con dati di esito rintracciabili e certi e di verificare l’efficacia dell’offerta formativa. Per raggiungere tale scopo, la formazione è divenuta uno degli strumenti utilizzati dal governo clinico, mutuato dall’inglese clinical governance, per accompagnare il raggiungimento dell’appropriatezza dei livelli minimi di assistenza. Queste esigenze vanno di pari passo con la necessità di mantenere le competenze tipicamente acquisite con processi di apprendimento formalizzati. In Italia, ad assistere il processo formativo in sanità è il Progetto di Educazione Continua in Medicina individuato dal D.lsg. 19 giugno 1999, n. 2292 nel Pronunciamento del Consiglio dei Ministri sulla “Razionalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale”, e riprodotto e gestito a livello regionale, con autonomia e con un proprio sistema e manuale di accreditamento, solo dal 2007.
Il presente lavoro si pone l’obiettivo di analizzare la letteratura e la normativa nazionale in ambito di formazione manageriale e di aggiornamento professionale in età adulta nell’ambito sanitario. 
Lo stato dell’arte servirà non solo a sintetizzare le conoscenze e le esperienze sul tema, ma anche a proporre un modello volto alla realizzazione di un sistema manageriale per la formazione sanitaria.

Il background teorico

Andragogia
La formazione in ambito sanitario e la condivisione della politica sanitaria rientrano a pieno titolo nella disciplina nota come andragogia, la quale evidenzia l’importanza di un’istruzione che duri per tutto l’arco della vita individuando distinzioni significative tra strumenti didattici per adulti e per bambini. Caratteristica della didattica rivolta agli adulti, secondo Knowles, è la prerogativa dei learner come soggetti con prospettive individuali. L’obiettivo di apprendimento viene definito come progressiva acquisizione di competenze in autonomia da parte degli individui per svolgere i ruoli nelle diverse fasi della vita. Nell’elaborazione di un modello andragogico gli elementi fondamentali, in sintesi, sono i seguenti:
• assicurare un clima favorevole all’apprendimento, dal punto di vista delle strutture, delle risorse, dell’organizzazione;
• creare un meccanismo per la progettazione comune;
• diagnosticare i bisogni di apprendimento, elaborando un modello delle competenze;
• progettare un modello di esperienze di apprendimento, non il semplice ‘programma’, ma un vero e proprio ‘progetto’ di apprendimento;
• mettere in atto il programma (gestire le attività di apprendimento) e valutarlo;
• incentivare un apprendimento per contratto (individualizzato e responsabilizzante).
Le radici dell’andragogia risalgono ai primi decenni del secolo scorso. Nel 1940, ad esempio, Harold Fields5 esortò a rinnovare non solo i contenuti dei corsi, ma anche la metodologia didattica per quelle occasioni formative che riguardavano soggetti in età adulta. Le classiche lezioni frontali, tipiche dell’insegnamento dell’epoca, dovevano essere sostituite, secondo Fields, con esercitazioni di gruppo che fossero fortemente interattive e partecipate dai discenti. Egli suggeriva di adottare il motto “lasciate fare tutto il lavoro al gruppo” dando maggiore spazio a incontri, discussioni e dibattiti. Sempre lo stesso Fields ribadiva la necessità di considerare giornali, circolari e riviste al pari dei libri di testo e di valorizzare le attività extra-curriculari come parte integrante del processo formativo. Nel corso degli anni l’apprendimento in età adulta è stato sempre più slegato da un mero concetto nozionistico e associato al concetto di problem-solving. L’apprendimento attraverso la ricerca e la risoluzione di problemi venne definito, ad esempio da Crutchfield (1972), come “processo produttivo”, contemplante quattro serie di abilità:
• scoprire e formulare problemi;
• organizzare e trattare le informazioni riguardanti il problema;
• trovare delle idee;
• valutare queste idee.
Queste abilità, fondamentali per l’apprendimento, secondo il suddetto autore possono essere acquisite solo in un ambiente formativo con determinate caratteristiche come: il rispetto per la personalità, la partecipazione al processo decisionale, la libertà di espressione e la disponibilità di informazioni, la condivisione della responsabilità nella definizione degli obiettivi, nella programmazione e nella valutazione. Ogni individuo, a seconda del ruolo professionale che dovrà ricoprire, delle competenze che gli saranno necessarie per lavorare e dell’educazione a lui utile per poter esprimere la sua personalità e le sue competenze nel contesto sociale di provenienza, avrà la necessità di soddisfare differenti, ma ben definibili, bisogni di apprendimento. Un bisogno di apprendimento può essere definito, in questo caso, come la discrepanza o il divario esistente tra le competenze definite nel programma di apprendimento e il loro livello di sviluppo attuale nei discenti. Secondo l’andragogia, l’elemento critico nella valutazione di questi divari è la percezione che gli stessi discenti hanno della discrepanza tra il punto in cui sono ora e quello che vogliono raggiungere. Tale momento di autovalutazione si accompagna all’individuazione di un percorso formativo che si caratterizza come progetto individuale e personalizzato. Il discente deve pertanto essere coinvolto, possedere uno stimolo all’apprendimento e una responsabilità all’apprendere. Senza un’intenzione progettuale di partenza, che sottintenda una precisa volontà di apprendimento, il discente non può definirsi tale e quindi nemmeno auto-dirigersi e auto-valutarsi. Questa autonomia di apprendimento necessita tuttavia di soggetti che la monitorino e che possono essere definiti accompagnatori o facilitatori. Il ruolo del facilitatore resta quindi fondamentale per l’apprendimento in età adulta, pur essendo questo fortemente soggettivo e personalizzato. 

Per leggere l’articolo completo (totale battute: 58000 circa – acquista la versione .pdf scrivendo a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434419)

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