Darsi da fare e coltivare le passioni, così si può trovare la via alla felicità

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Chi, da piccolo, non ha mai sognato di fare l’astronauta? Senz’altro lo ha fatto Luca Rossettini (nella foto), che su questo desiderio ha costruito tutta la sua vita, anche quella professionale. Alla fine, non è diventato astronauta, ma è ugualmente riuscito ad andare nello spazio. Come? Attraverso la sua azienda D-Orbit, che si occupa di fornire prodotti e servizi per il settore aerospaziale.

“A cinque anni sapevo già di voler fare l’astronauta”, racconta. Ma quello che per molti è un desiderio che si accompagna alla consapevolezza della sua irrealizzabilità, per lui è stato uno scopo di vita almeno fino ai 30 anni. “Fino a quel momento, tutte le mie scelte personali, formative e professionali si erano concentrate su quell’unico obiettivo: superare il concorso per diventare astronauta”.

È per questo che, dopo il liceo, ha studiato Ingegneria aerospaziale. Ha vinto, poi, un dottorato in Propulsione avanzata per lo spazio e ha superato tutti gli step delle durissime selezioni europee per realizzare il suo sogno: “Il concorso per astronauti si svolge ogni 10 anni. Arrivano circa 10mila domande da tutta Europa, alla fine ne scelgono quattro. Dal mio concorso, per capirci, uscì vincitrice Samantha Cristoforetti. Arrivai fra i 196 semifinalisti. Una bella soddisfazione, ma arrivare a un passo dalla fine fu per me molto deludente”.

Eppure, quel doloroso rifiuto si trasforma, per il giovane ingegnere, nella ‘spinta propulsiva’ (è il caso di dirlo) alla sua svolta professionale. Non a caso, la parola “desiderio” ha in sé la radice etimologica delle stelle: de– più sidus, in latino, significa, letteralmente, “avvertire la mancanza delle stelle”.

Infatti, sfumata la possibilità di partire per lo spazio come astronauta, non diminuisce in Rossettini la voglia di arrivarci: “Pensai: non mi ci mandate voi? Benissimo, costruirò la mia navicella e partirò lo stesso”. Sembra un proposito un po’ ambizioso, invece Rossettini, a distanza di quasi 15 anni, è vicino a realizzare il suo sogno: “Il trasporto di persone nello spazio resta la mia ambizione. Nel frattempo, mi alleno inviando satelliti”.

L’ispirazione per una nuova avventura

All’epoca del concorso, Rossettini aveva già una sua azienda che si occupava di droni: non proprio navicelle spaziali, ma comunque oggetti volanti. “Anche in questo campo ero già all’avanguardia”, spiega. “Infatti, nel 2008, quando i droni sembravano oggetti futuristici e non erano diffusi come oggi, la mia azienda realizzava, attraverso questi strumenti, filmati particolari per il cinema, unici in Italia”.

Un giorno, mentre cerca l’aula di una conferenza al Politecnico di Milano, Rossettini inciampa letteralmente sull’occasione della sua vita: “Caddi su un pannello che pubblicizzava un incontro sulla borsa di studio Fulbright”, un programma di scambio internazionale che gli ha permesso di partire per la Silicon Valley. “All’inizio ero diffidente. Da bravo italiano mi chiedevo dove stesse la fregatura”, sorride. “Invece, l’esperienza si è rivelata al di sopra di ogni mia aspettativa”.

Infatti, durante l’anno trascorso nel distretto tecnologico californiano, Rossettini ha potuto studiare business in maniera approfondita: “Non solo: ho avuto occasione di fare il tirocinio alla Nasa. Lì ho scoperto che, nello spazio, c’è il problema dei detriti: avevo trovato la mia nicchia: anche se il trasporto orbitale restava la mia ambizione, almeno avevo individuato la prima tappa della mia roadmap”.

Tornato in Italia nel 2010 con le idee più chiare e un business plan da 5 milioni di euro, subito Rossettini si è mosso a caccia di finanziatori: “Ci ho messo qualche mese, ma nel 2011 ho trovato un venture capital che mi ha affidato 300mila euro, quando le startup non andavano ancora ‘di moda’, figuriamoci quelle nell’ambito del mercato spaziale. Però il manager del fondo aveva un background simile al mio, mi ha dato fiducia ed è stata ben riposta: quello è stato il punto di partenza di D-Orbit”.

A distanza di otto anni, l’azienda ha 52 dipendenti, ricavi per circa 4 milioni di euro, una crescita rapidissima, una sede di produzione sul Lago di Como, una amministrativa a Sesto Fiorentino, due sussidiarie a Lisbona e a Washington D. C.

La crescita, in questo momento, è di tutto il mercato dell’Aerospaziale: da quando grandi colossi internazionali hanno annunciato di volersi aprire a questo settore, sono aumentati esponenzialmente gli investimenti. Basti pensare che, nel 2016, ben 110 fondi di venture capital hanno investito nell’Aerospaziale, mettendo a disposizione risorse più alte di quelle di tutto il decennio precedente.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di ottobre 2019 di Persone&Conoscenze.
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