Customer Experience: essere digital, diventare social

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Di Valentina Casali

Organizzato dalle riviste Sistemi & Impresa e Sviluppo & Organizzazione, si è tenuto a Milano, il 16 aprile, il convegno Customer Experience: innovazione tecnologica e modelli organizzativiAlla presenza di oltre 100 partecipanti, si è affrontato il tema della customer experience dal punto di vista dell’innovazione tecnologica, a suo sostegno, e dal punto di vista degli impatti sul modello organizzativo.

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Multicanalità: social e digital tool per migliorare la brand experience

Ad aprire la giornata, un intervento a cura di Angela Perego, professore di sistemi informativi presso SDA Bocconi, che ha trattato il tema della gestione seamless e integrata dei diversi canali di contatto per favorire al cliente la medesima brand experience. Lo scenario globale in rapida evoluzione porta con sé una nuova sfida per le organizzazioni: con l’avvento dei social media e della tecnologia 2.0 mutano radicalmente le modalità d’accesso degli end user agli articoli di consumo. Non è più il brand a dettare le regole del gioco, bensì il consumatore, che può diventare una grossa opportunità, ma anche una fastidiosa spina nel fianco. Ciò a cui si guarda con curiosità oggi è la fruizione esperienziale del prodotto che porta con sé una rivoluzione tecnologica atta non solo a garantire “tutto, sempre e ovunque” – flagship stores, pop-up stores, hybrid stores, e-commerce, m-commerce –, ma anche a gestire un’enorme mole di dati che, se giustamente interpretati, possono aiutare a monitorare, anticipare e controllare i fenomeni di vendita, prevedendo l’evoluzione dei consumi e delle tendenze di mercato.

“Oggi l’online permette di rivoluzionare il posizionamento di un brand, permette di generare, nella mente di potenziali clienti, stimoli che in negozio non si creerebbero o addirittura di vivere la shopping experience offline in modo più piacevole, perché si arriva più preparati e più informati: si sa cosa cercare.” Ai grandi retailer ancora titubanti nel creare un canale di e-commerce forte Monica Gagliardi, responsabile CRM ed E-commerce, responsabile partnership commerciali OVS – Gruppo Coin, suggerisce che “un online perfetto è solo l’inizio di una multicanalità che accresce il valore del brand oltre che il fatturato. Conditio sine qua non è che l’experience, ovunque avvenga, debba essere impeccabile e coerente al marchio. Solo così l’onda sarà davvero perfetta.”

L’utilizzo di più canali è stato il punto di partenza anche del progetto ‘Voci del rugby’, campagna lanciata da Adidas nell’autunno 2012, che ha valso al brand numerosi premi e il cambiamento di rotta verso una customer experience moderna, capace di coniugare la viva voce del consumatore finale con gli strumenti social a disposizione oggi, come ci fa sapere il digital marketing manager di Adidas Andrea Codurri.

Forum, blog, siti compara prezzi e beauty advisor: sono solo alcuni degli strumenti social che vanno ad affiancare l’esperienza del consumatore in negozio. In un doppio intervento a cura di Evelina Locatelli, communication manager, e Cristina Stefanutti, responsabile marketing retail, abbiamo indagato le strategie di comunicazione che oggi il Gruppo Deborah adotta per accrescere l’appeal del brand. Sicuramente vincente è la relazione con blogger e influencer, responsabili di condizionare la linea produttiva del brand.

Non può prescindere dal canale social nemmeno un’industria del lusso come quella di Azimut-Benetti. Bilanciare elementi legati all’esclusività del prodotto con i codici di una comunicazione diretta alla platea potenzialmente infinita della rete è l’obiettivo di Francesco Ansalone, direttore marketing di Azimut-Benetti Group. Spinosa, quando si ha a che fare con un prodotto di lusso, diventa la questione della privacy e dell’interazione online. La loro ispirazione teorica è orientata al problem solving come leva per migliorare la customer experience e, di conseguenza, la reputazione del brand.

Anche TNT si è attrezzata al cambiamento di paradigma. Attraverso le parole del suo CIT manager Tommaso Barbieri abbiamo appreso delle ‘spedizioni 2.0’, una serie di tool innovativi per lo snellimento delle operazioni di customer experience e per la riduzione delle distanze tra azienda e cliente.

La frammentazione del mercato, in parallelo alla decrescita del business pubblicitario, ha prodotto un cambiamento nella catena del valore, una concentrazione delle risorse e una moltiplicazione dell’offerta, commenta Andrea Delogu, vice direttore generale in seno alla Direzione Informazione del Gruppo Mediaset. In sintonia con le pratiche mutuate dai social network e dai nuovi media tecnologici – cloud e mobile –, ciò ha inciso sulla qualità dei contenuti, sempre meno generalisti e sempre più specializzati, tanto da far ritenere che la TV non sia più un mercato per tutti.

Social collaboration e digital transformation

Stando ai risultati della Social Collaboration Survey 2013, realizzata da Stefano Besana ed Emanuele Quintarelli per mappare il territorio delle pratiche collaborative nel nostro Paese, la parola d’ordine pare oggi essere ‘collaborazione’. La ricerca ha coinvolto 300 aziende italiane in una radiografia senza precedenti della collaboration a partire da 4 assi centrali per la sua diffusione: cultura, organizzazione e processi, tecnologia, misurazione. Nel corso del convegno abbiamo approfondito i dati emersi con l’ausilio di uno dei suoi ideatori, Emanuele Quintarelli, digital transformation e social enterprise leader EY. La comunicazione, i processi di marketing, d’innovazione, di sales support e di customer care passano oggi dal social e dal digital; non si tratta più di scegliere se intraprendere o meno il percorso di trasformazione verso la cultura digitale, ma piuttosto di comprendere quale sia la strategia migliore per farlo. La collaboration è ben più di una moda passeggera; l’importanza che le aziende italiane gli assegnano è già elevata, ma soprattutto destinata a crescere nell’arco dei prossimi tre anni fino a raggiungere il 75% del campione. Collaborare genera valore tangibile per l’impresa. Un impiego mirato delle piattaforme social aumenta l’efficienza dell’impresa (43%), facilita il riuso della conoscenza (40%), migliora il coordinamento dei progetti (30%) e consente di rimanere costantemente aggiornati su quanto prodotto dai colleghi (30%). Pur non potendo essere considerata il punto di arrivo, un’adozione pervasiva delle nuove modalità di lavoro è strumentale al materializzarsi dei ritorni economici auspicati dal management. Per la maggioranza dei partecipanti alla survey ciò non succede ancora, dato che solo una piccola percentuale dei dipendenti (<30%) è già coinvolta tramite strumenti 2.0. Meno del 10% delle aziende ha invece raggiunto il traguardo di un’adozione virtualmente totale (>75% dei dipendenti). Si tratta dunque di coinvolgere le organizzazioni a 360°, tenendo in considerazione sia gli stimoli del top management sia quelli dei collaboratori.

La trasformazione digitale è, per il sales consulting senior manager CX di Oracle Italia Adriano Ceccherini, ormai imminente e costringe le aziende a ripensare la customer experience in modo diverso rispetto al passato. Occorre dunque ideare nuove modalità di gestione della clientela digitale che abilitino nuovi modelli di business grazie alla tecnologia. Dal messaggio promozionale valido per tutti a quello customizzato con servizi aggiuntivi e personalizzati che producono digital engagement. La digital maturity oggi è data da due parametri: digital intensity e transformation management intensity. Il compito di Oracle è quello di lavorare sulla digital instensity, fornendo innovazione a costi il più possibile contenuti.

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L’innovazione tecnologica

Sponsor al convegno, Nanosoft ha illustrato alcuni strumenti messi a disposizione delle aziende per migliorare la customer experience e accrescere la propria brand reputation. “Nessuno di noi ha la sfera di cristallo per definire l’infrastruttura IT che risponda meglio alle dinamiche fluttuanti delle diverse economie aziendali. Il Cloud potrebbe essere la risposta. Essere tecno-mitologico, il Cloud computing risponde quale soluzione must per realizzare l’infrastruttura IT.” Abbiamo scoperto insieme a Mattia Paolini, marketing manager di Nanosoft, il senso del ‘Cloud journey’, inteso come “approccio per ottenere la migliore customer experience”, e di ‘Safetycloud’. Necessario affinché il Cloud diventi davvero un’opportunità è il coinvolgimento da parte del business management del reparto IT: condividere obiettivi con il CIO, coinvolgerlo nelle decisioni poiché egli è colui che, più di tutti, si occupa della manutenzione e dell’upgrade dei sistemi informativi, colui che ha il maggior know how in materia all’interno dell’azienda.

L’impatto sul paradigma organizzativo

Innovazione tecnologica e riforma dei modelli organizzativi vanno a creare le basi per una rivoluzione: Gianfranco Rebora, professore di organizzazione aziendale presso l’Università Liuc di Castellanza e direttore della rivista Sviluppo & Organizzazione, è convinto che siamo di fronte a un vero e proprio cambio di passo che riguarda i ruoli professionali, le competenze, i comportamenti, per finire, l’intera struttura aziendale. Ecco allora che ci si pone il problema di come formare alle nuove professioni. Giulio Xhaet, autore di Professioni del Web (Hoepli 2012), ha fatto di questo dilemma la propria missione. Oggi insegna, in diversi contesti formativi, a diventare un esperto digital, certo del fatto che accanto ai professionisti del ‘codice informatico’, occorrano figure che appartengono al ‘codice umanistico’: comunicatori, marketer, creativi, giornalisti, linguisti, filosofi, altrettanto capaci di utilizzare il mezzo per incidere sulla cosiddetta brand reputation; per ottenere la quale è necessario un costante presidio della rete – attraverso un sito internet, ad esempio, piuttosto che i maggiori social network attualmente online.

“Girare l’azienda dal lato del cliente” è un’operazione complessa ma, per Roberto Maran – fondatore e managing partner di Next Strategy –, fondamentale. Il customer experience management (CEM) diventa un vero e proprio attivatore di cambiamento ed esso stesso strategia. Nelle diverse situazioni: stores, centri di servizio, contact center, reti di vendita, organizzazioni di marketing, ecc., il CEM deve necessariamente sviluppare le competenze e far evolvere i comportamenti: diventare quindi people engagement. Nell’ambito CEM il people engagement si realizza attraverso una puntuale customizzazione di alcuni strumenti, in genere utilizzati a livello manageriale: leadership operativa, action learning, employees survey, development center, team coaching, execution, social learning e knowlege 2.0. Tali strumenti sono quelli si stanno diffondendo più frequentemente, dimostrando efficacia rispetto ai destinatari e ai risultati attesi. Per portare avanti una strategia di questo tipo occorre anche far evolvere le tradizionali funzioni di customer care; il Customer Experience Officer assume un ruolo centrale nelle iniziative di sviluppo dell’impresa ed entra gradualmente nel board. È bene allora anche capire meglio ‘chi è costui’, quale profilo deve avere, come si va a organizzare.

Conclusioni

Produrre una cultura digital che permei tutta l’organizzazione, formare le persone ai nuovi ruoli e alle nuove professionalità (sia in ambito HR sia in ambito IT e Marketing), adottare tecnologie capaci di gestire la multicanalità in maniera seamless e integrata: non si tratta tanto di suggerimenti, quanto di imperativi che interessano tutti i settori. Al convegno abbiamo presentato uno spaccato del mercato, accorgendoci che ogni organizzazione, indipendentemente dal settore di appartenenza, ha bisogno di ripensare in toto a se stessa. La rivoluzione è già partita e nessuno può permettersi di perdere questo treno.

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