
Convivio Napoli 2017, creare lavoro nel Mezzogiorno
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Creare occupazione nel Mezzogiorno. Su questo tema si è svolta la prima edizione del Convivio di Persone&Conoscenze di Napoli, l’evento dedicato a chi gestisce le persone in azienda e organizzato dalla casa editrice ESTE.
Ad aprire la giornata sono stati Chiara Lupi, Direttore Editoriale di ESTE, insieme con Francesco Varanini, Direttore di Persone&Conoscenze, che hanno introdotto i temi dell’evento parlando di “lavoro senza remunerazione e remunerazione senza lavoro”, tema analizzato nella storia di copertina del numero di giugno di Persone&Conoscenze. “Stiamo riscoprendo la missione di chi si occupa dell’uomo all’interno delle aziende”, il messaggio di Varanini. Ricordando anche come è necessario “riscoprire quelle attività svolte nel tempo libero, ma che nessuno remunera nonostante siano svolte con amore e passione”.
Di questi temi – ma non solo – ne hanno poi parlato in colloqui-interviste con lo stesso Varanini, Luciano Cimmino, Imprenditore e Presidente di Pianoforte Holding, Domenico Menniti, Imprenditore e Presidente CDA Harmont&Blaine, Antonio Picascia, Imprenditore e Amministratore Delegato di Cleprin, Stefania Brancaccio, Vice Presidente di Coelmo.
“Negli Anni 60 tutti avevano una speranza di lavorare e di fare la loro strada”, ha esordito Cimmino, che da Nola, in provincia di Napoli, ha costruito una serie di brand posizionati in tutto il mondo.
“Poi ci sono stati gli Anni 70, momenti difficili e oscuri; poi negli Anni 80 tornò la ripresa, ma non ci siamo accorti che stavamo mettendo un’ipoteca sul nostro futuro, perché il debito pubblico stava esplodendo”, ha ricordato l’imprenditore, che non nasconde come fu una strategia per sostenere il Sud.
Cimmino ha spiegato, tra le varie cose, come è nato il marchio Yamamay, ad appena una settimana dall’apertura del primo negozio, dopo aver fondato un altro marchio, Original Marines (poi ceduto nei primi Anni Duemila): “Mio padre mi lasciò molti libri, tra cui un manuale per la filatura della seta e lì ho trovato il nome Yamamay, che era un baco da seta”.
In merito al nuovo scenario, invece, l’imprenditore ha lanciato un messaggio: “Dobbiamo dirigere le aziende in maniera diversa, perché serve una nuova apertura alla condivisione cui affiancare tuttavia una persona in grado di fare la sintesi e prendere una decisione“. E sulla sostenibilità ha spiegato: “Si tratta di temi che erano conosciuti anche 10 anni fa, ma un tempo nessuno se ne preoccupava; oggi invece è il consumatore stesso a richiederlo, perché è estremamente attento e vuole consumare prodotti di un’azienda che sia in grado di assicurare una certa sostenibilità. Si tratta di valori teorici diventati realtà pratica”.
“Non c’è solo l’Industria 4.0”, ha proseguito Cimmino, “ma è in atto una rivoluzione culturale che riguarda tutti, dalle aziende ai consumatori. La sfida sarà vinta da chi saprà interpretare al meglio questi temi”.
“Certi problemi non solo causati dalla classe politica, ma anche dalla classe imprenditoriale che si è sviluppata nella vicinanza al potere”, ha esordito Menniti nel suo intervento. Che ha affrontato anche il tema dell’attuale scenario internazionale, raccontando le difficoltà attuali di coprire alcuni mercati, come Russia e Medio Oriente, soprattutto a fronte degli ultimi sviluppi geopolitici (Mosca che punta i missili verso l’Europa; il Qatar isolato dalle altre monarchie del Golfo).
“Siamo passati dal programmare da tre anni a tre mesi”, ha detto l’imprenditore, ricordando l’esigenza di “superare il provincialismo, perché al di fuori dell’Italia Harmont&Blaine può essere considerata una startup, perché il suo primo concorrente è un’azienda che fattura 8 miliardi di dollari…”. Quindi ha chiuso dicendo: “La risorsa umana è alla base e al vertice, in mezzo c’è tutto il resto, ma se non hai attenzione e rispetto alla funzione umana non andrai da nessuna parte, nonostante l’era dei robot che si sta sviluppando”.
Di Industria 4.0 ne ha parlato anche Brancaccio, precisando come non si tratti solo di “mettere sensori”, oppure “introdurre dei robot” in azienda: “Dobbiamo parlare di società 4.0 che è stravolta dalla tecnologia”, ha ammesso la Vice Presidente di Coelmo. “Oggi l’azienda lavora in un contesto globale e se un tempo la grandezza dell’organizzazione si poteva misurare dalle dimensioni degli stabilimenti, ora con la digitalizzazione sono apparentemente tutte uguali“. E a tal proposito, ha raccontato come anche il processo di lavoro di Coelmo è cambiato, per esempio “collaborando con uno studio in India per la valutazione dei progetti fatti per i nostri clienti“.
Poi Brancaccio ha evidenziato come “oggi non si possa fare impresa senza cultura“: “Un imprenditore non può essere ignorante e servono capacità di certo più complicate rispetto al passato, perché l’economia dell’Industria 4.0 viaggia a velocità impressionante, mentre la nostra economia è lentissima”.
Sul tema imprenditori, la Vice Presidente di Coelmo ha spiegato che “non tutti sono portati a ricoprire questo ruolo“, tuttavia “tutti sono portati a fare bene il proprio lavoro in azienda“: “La mia generazione è stata di certo ‘fortunata’ perché dopo la laurea ho potuto scegliere se diventare professoressa universitario oppure andare a lavorare in azienda; oggi le nuove generazioni non hanno le stesse occasioni“.
Quale allora la ricetta per rilanciare l’occupazione? “Serve per prima cosa una nuova cultura, ma gli esempi non servono più; inoltre serve una politica industriale per aiutare a diventare imprenditori, che a loro volta devono evolversi”.
Di etica ne ha parlato anche Picascia che ha raccontato il suo progetto di alternanza scuola-lavoro, “Impretica” (crasi di impresa-etica). Ed è stata proprio l’etica il fil rouge del suo intervento nel quale ha raccontato la sua esperienza di azienda, esempio di resistenza alla camorra. “Un impiegato di un Comune voleva che assumessi il fratello di un boss: ma che cosa sarebbe venuto a fare nella mia azienda?”, ha spiegato Picascia, citando uno dei tanti episodi simili che l’hanno visto resistere alle pressioni di stampo mafioso (solo in Campania ci sono 5 miliardi di beni confiscati alla mafia).
“Voglio rispettare le regole, ma se una cosa mi spetta, allora la voglio”, ha detto l’imprenditore. Ricordando come “non è vero che non c’è lavoro”: “Non possiamo essere un popolo povero, ma dobbiamo esserne coscienti e dobbiamo ripartire dalle regole sin dall’ambito familiare, ritornando a essere delle brave persone riaccendendo la mente”. Quindi ha aggiunto: “Dobbiamo prenderci cura delle persone che lavorano insieme a noi e del nostro territorio, altrimenti non ci sarà futuro, nono solo per il sistema-Italia, ma per il genere umano”.