Bridge Partners: parliamo di responsabilità

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Quest’anno l’azienda affronterà tra­sversalmente il tema della responsabi­lità, argomento sicuramente ampio e un po’ figlio del tema dell’anno scorso, la cultura dell’alibi e le sue nefaste con­seguenze. ‘Responsabile’ per Aristotele (Etica Nicomachea, III, 1113 b 1114 a) è co­lui che porta in sé il principio dei suoi atti, ovvero colui che ne è la sorgente e l’origine. Costui, per il filosofo greco, è il ‘padre dell’atto’. Il concetto di responsabilità può essere esplorato e approfondito da tanti pun­ti di vista, etico, filosofico, religioso, medico, scientifico, giuridico, politico, solo per fare degli esempi. Bridge Partners, senza intenzioni di svilire il dibattito o la riflessione, ma allo scopo di focalizzarla su un preciso aspetto e su questo dare il proprio con­tributo, vuole, nel corso di quest’anno, considerare la responsabilità come leva di potenza per l’essere umano. L’in­tento è provare a legare il concetto di responsabilità a quello della sua assun­zione consapevole e del suo riconosci­mento come strumento di crescita. Al di là di come la si concepisca, spesso si osserva che, nelle dinamiche relazio­nali, si tende a rifuggire dalla respon­sabilità, preventivamente o successi­vamente all’accadere di qualcosa. Con quanta frequenza si violano accordi, si attribuiscono a cause terze le conse­guenze dei propri gesti, ci si autoassolve con varie giustificazioni, e così via, fino ai gesti più banali come mettere in copia mille persone nelle nostre mail… Così tutti sanno e non si hanno colpe. Forse ci portiamo dietro il retaggio concettuale che ha sempre abbinato il concetto di responsabilità a quello di espiazione o risarcimento, posto che, senza volere fare polemi­ca, ma limitando la que­stione ad un aspetto ana­litico, nel nostro paese la questione è molto più teo­rica che pratica, visto che responsabilità e pena non vanno spesso a braccetto. Questo abbinamento tut­tavia, concettuale o anche pratico che sia, può farci rifuggire dalle nostre re­sponsabilità.

La responsabilità di incidere sugli eventi
Proviamo a vederla anche in altro modo, da un’altra prospettiva. E qui è il cuore della riflessione. Proviamo a vedere la responsabilità come il mezzo per incidere sugli eventi, determinarli grazie alle nostre capacità, alla nostra iniziativa e al nostro coinvolgimento. Questo ci renderà protagonisti della nostra vita, personale e professionale, e non solo vittime. Questo ci permet­terà di attingere a risorse di cui neppu­re pensiamo di disporre, alimentando energie infinite e potentissime. Non è neppure giusto che solo una situazione di crisi o difficoltà ci trovi pronti a rea­gire.
Ogni giorno, nel quotidiano, sen­za aspettare l’eccezionalità di un evento come stimolo, dovremmo imbracciare l’esistenza da artefici. Diversamente, prepariamoci a subire l’esistenza e a lasciare che essa ci passi sopra. In un film di recente uscita nelle sale, Argo, che racconta un episodio del fa­moso sequestro del personale dell’am­basciata americana a Teheran dopo l’ascesa al potere di Khomeini, il prota­gonista, nel cuore della notte, di fronte a un contrordine piovuto dall’alto che avrebbe compromesso di certo la vita di molte persone, prende la decisione di non rispettarlo dicendo “Io mi sono assunto la responsabilità e la sosterrò fino alla fine, sobbarcandomi tutte le conseguenze che questo comporterà”.

 

La fortuna non esiste
Josefa Idem GuerriniPer questo non vogliamo pensare che ci siano persone più fortunate di noi, ci sono persone più brave. Un famoso giocatore di golf, dopo tre pat imbucati in tre buche successive da parecchi me­tri con un solo colpo, tacciato di fortuna da un suo avversario, rispose “Certo, più pratico e più sono fortunato”.  Certo senza false utopie ci muoviamo in un’arena in cui ci sono persone che corrompono, che si fanno corrompere, che imbrogliano, che si dopano, met­tiamoci dentro tutto, ma al netto di ciò ci sono comunque persone più brave e da loro possiamo imparare.  Ecco perché il workshop dell’8 marzo con Josefa Idem, ecco perché affidare a una sportiva di questo calibro una rifles­sione sulla costruzione di una leadership efficace.  Vincere non vuol dire fare soccombe­re qualcuno o arrivare primo: significa dare il meglio di se stessi, il risultato è solo un effetto, spesso anche trascura­bile. Per vincere, tuttavia, il necessario e inevitabile viatico è prendere respon­sabilmente in mano la propria vita e costruirla nel quotidiano con piena consapevolezza.  Per fare questo, ciascun essere umano dispone di potenzialità: non sprecare questo dono e tradurle in capacità è la­sciato al nostro responsabile arbitrio. In sintesi, l’azienda dedicherà il 2013 alla responsabilità e alla sua piena ac­cettazione come strumento di crescita.
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