Big data e lavoro, potenzialità e rischi dell’AI

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“Guidate dagli sviluppi di Intelligenza Artificiale (AI) e del Machine learning, le tecnologie digitali stanno portando all’automazione o alla sostituzione di lavori in varie competenze e settori economici, mentre creano una grande varietà di nuovi lavori e aumentano le abilità dei lavoratori in quelli esistenti e nelle industrie emergenti.

Gli effetti finali di questi cambiamenti dipendono dalla direzione dell’innovazione tecnologica e dalla risposta di lavoratori, imprese e decisori politici”.

Nel maggio 2018, le Accademie delle Scienze dei Paesi del G7 hanno descritto così il futuro del lavoro in un documento intitolato Realizing our digital future and shaping its impact on knowledge, industry, and the workforce.

Un ragionamento attento alle luci, ma anche alle ombre della rivoluzione in atto: “La rottura che ne deriva sta producendo una distribuzione non equa di guadagni e perdite legate al lavoro all’interno e tra le società in termini di sicurezza, retribuzioni, orari e opportunità imprenditoriali”, denunciano gli scienziati.  

Si capisce bene, allora, perché tra i principi d’azione indicati in quel documento ai grandi della Terra ci siano l’inclusione, la parità d’accesso, il governo democratico, l’etica e valori umani.

Questi temi sono fondamentali anche per una delle frontiere più promettenti delle tecniche di Data mining: navigare nel mare magnum del mercato del lavoro e creare bussole per incrociare al meglio le rotte delle aspirazioni e delle competenze di miliardi di persone con quelle delle esigenze e degli obiettivi di milioni di aziende.

Dino Pedreschi, Professore Ordinario di Informatica all’Università di Pisa, è un pioniere dei Big data e sul tema è un’autorità riconosciuta a livello internazionale. Insieme con Fosca Giannotti (Dirigente di ricerca del CNR che ha collaborato alla stesura dello statement del G7) ha fondato il KDD LAB – Knowledge Discovery and Data Mining Laboratory, centro di ricerca congiunto tra l’Università di Pisa e il CNR, e l’infrastruttura di ricerca europea SoBigData.eu, Social Mining & Big Data Ecosystem.

Persone&Conoscenze lo raggiunge telefonicamente nella camera di un albergo di Honolulu alle Hawaii, dove è andato a condividere i risultati delle sue ricerche con i colleghi che partecipano alla 33esima Conference on Artificial Intelligence organizzata dall’Association for the Advancement of Artificial Intelligence.

Una cosa fuori dal mondo? Il problema è proprio questo: certi temi, nonostante le enormi implicazioni sulla vita di tutti, sono ancora fuori dai radar degli interessi –anche professionali– della stragrande maggioranza degli esseri umani.

Ecco perché, prima ancora di cercare di capire che cosa possono fare scienza dei dati e AI per il mercato del lavoro, bisognerebbe chiedersi se ci sono abbastanza menti umane in grado di far fruttare questi strumenti.

L’impiegato del futuro è un Data scientist

“C’è una grande penuria di skill. Il mercato è già pronto ad assorbire 10 volte il numero di esperti di Data science che oggi escono dai nostri corsi di laurea, di master e di dottorato. Non parliamo solo di figure tecniche ‘dure’, come informatici, fisici o matematici.

Competenze di questo tipo, legate all’interpretazione di grandi masse di dati, si innestano con efficacia anche in percorsi umanistici, nelle Scienze Sociali ed Economiche.

Il sistema informativo e, di conseguenza, l’opinione pubblica, non sembrano averlo capito e questo non capita solo in Italia”, dice Pedreschi. Siamo di fronte a uno di quei mestieri, insomma, che la rivoluzione digitale ha creato e amplificato, anziché distruggere.

“Il tema è quanto siamo dentro alla trasformazione digitale della nostra società e quanto possiamo aspettarci che durerà una fase in cui la distruzione di posti di lavoro viaggia a un passo più veloce della creazione di nuovi.

Quello del Data scientist o dell’esperto di AI, in senso ampio, è un lavoro che verrà amplificato moltissimo, a volte penso che sarà l’impiegato del futuro e non a caso in ambito amministrativo vediamo la distruzione più feroce di posti tradizionali”.

Per approfondire l’argomento trattato nell’articolo, leggi il numero di Gennaio-Febbraio di Persone&Conoscenze.
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