Il benessere incentiva l’engagement. Le pratiche di welfare in una Pmi

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Di Sara Tommasiello

La cura del benessere dei propri collaboratori è una necessità di ogni azienda, anche delle Pmi. Come le grandi, anche le Piccole e medie imprese devono individuare le misure più idonee per porre attenzione alle necessità della popolazione aziendale. Monnalisa ha a cuore le sue persone, come dimostra questo contributo che svela, con casi concreti, quali sono le misure adottate per il benessere delle risorse.

Creare un clima lavorativo positivo, attento alle necessità delle persone, stimolante, in grado di trattenere le figure professionali esistenti e possibilmente attrarre i talenti esterni è una necessità per ogni impresa che abbia una visione lungimirante del proprio esistere. L’azienda deve avere come proprio obiettivo quello di far emergere quella componente aggiuntiva, a volte inespressa, che oltrepassa il puro scambio contrattuale, fatta di vitalità, energia, sapere e dedizione che tutti hanno dentro di sé. Questa ricchezza si nutre di motivazione, che contiene simultaneamente il perché e lo scopo di ciò che si fa e di come lo si fa.
Le iniziative in ambito HR che possono essere messe in atto hanno proprio l’intento di intercettare questo aspetto così personale di ciascuno, rafforzando il legame fiduciario e di relazione con il collaboratore, con una ricaduta immediata sulla prestazione lavorativa e sulla qualità di vita delle persone, sul loro benessere dentro e fuori l’ufficio.
Parlare di welfare è quindi diventato un must per ogni realtà imprenditoriale, seppure talvolta sia difficile riuscire a passare con concretezza ed efficacia dalle politiche alla realtà, soprattutto nelle aziende di dimensioni più contenute. Spesso la prudenza nell’avvicinarsi a queste tematiche può nascere da una scarsa certezza del diritto, sulla quale però il legislatore sta ultimamente lavorando, o da risorse limitate da allocare, o ancora da una insufficiente evoluzione della funzione Risorse Umane o da un endorsement altalenante da parte della direzione. In questo panorama, sotto ogni punto di vista, Monnalisa rappresenta una positiva eccezione.

Pmi gestita come una grande azienda
Pur familiare e di dimensioni contenute, l’azienda ha un approccio da grande nella gestione aziendale, con una forte passione per le certificazioni (Iso 9001 dal 1999, Iso 14001 dal 2015 e Sa8000 dal 2001). L’organizzazione comunica all’interno e all’esterno anche tramite il bilancio redatto e pubblicato in forma integrata, formato da quello di sostenibilità e civilistico.
È una realtà solida e con buone potenzialità di crescita con  una governance che si è evoluta nel tempo cercando di staccarsi dall’impronta familiare e avviando una progressiva managerializzazione interna.
In questo quadro, si collocano le politiche per le persone che progressivamente si sono sviluppate nel tempo alla luce del tessuto aziendale composto a oggi da 156 persone, di cui 44 uomini e 110 donne, con un’età media di 44 anni per i primi e di 38 per le seconde. Tante sono le famiglie: il 60% delle persone ha figli e la media è pari a 1,6 per dipendente. Il 62% delle donne con figli ne ha avuto almeno uno durante il lavoro in Monnalisa e tuttora ha lo stesso ruolo, a volte cresciuto in termini di responsabilità.
La creatività e la sperimentazione che contraddistinguono la realtà aziendale hanno guidato l’approccio innovativo e interessato alle questioni che connota anche la funzione Risorse Umane e di conseguenza le politiche rivolte ai collaboratori. Sono state così introdotte con gradualità misure volte al benessere delle persone nel senso più ampio del termine: a prescindere da appartenenza di genere ed età, pur variando le priorità e le preferenze di ciascuno nel tempo, di benessere se ne ha sempre bisogno.

 

Agevolare la work-life balance
Il primo aspetto su cui Monnalisa si è concentrata è il tempo, partendo dall’assunto che è possibile e indispensabile trovare un equilibrio soddisfacente tra i vari aspetti della propria vita, di cui il lavoro rappresenta una componente importante e necessaria. Una persona in condizioni di poter vivere un’esistenza completa, ricca di relazioni e interessi dentro e fuori il lavoro, è fonte di energia e creatività all’interno dell’azienda ed è in grado di portare valore perché la sorgente della propria motivazione non si limita né si esaurisce nel solo ambito lavorativo, ma anzi esso stesso ne rappresenta ulteriore fonte e impiego.
Con l’intento di agevolare l’equilibrio tra i tempi di vita e lavoro, è stato introdotto un orario di lavoro flessibile che consente di gestire in modo elastico l’entrata e l’uscita in una determinata fascia oraria e di compensare eventuali assenze settimanali con extra-presenze sempre nel corso della settimana. Con la stessa ratio è stato concesso il part-time, anche a termine, a coloro che ne abbiano fatta richiesta, pure superando i limiti previsti a livello contrattuale, accordando orari personalizzati, volti proprio al riconoscimento a ciascuno della propria specificità e peculiarità di esigenze.
Su richiesta di due collaboratrici al rientro dalla maternità obbligatoria, è stata studiata una soluzione che consentisse loro di gestire con maggiore tranquillità il primo anno di vita del bambino ed è stato perciò introdotto il telelavoro con la possibilità di lavorare da casa tre giorni a settimana, mantenendo il legame con i colleghi tramite lo svolgimento della prestazione lavorativa in ufficio per i restanti giorni della settimana. È stata inoltre data facoltà alle collaboratrici di utilizzare la maternità facoltativa a ore piuttosto che a giorni, mentre ai neopadri è stato riconosciuto un permesso retribuito di tre giorni alla nascita del figlio.
È evidente come questo approccio ‘aperto’ sia agevolato da una tipologia di lavoro per lo più impiegatizio in un ambiente di provincia con tempi ridotti di gestione degli spostamenti, ma è pur vero che l’apertura al concetto di elasticità della prestazione lavorativa in termini spazio-temporali segni un passaggio culturale da una logica di controllo a una di fiducia, offrendo di converso all’azienda l’opportunità di ricevere non già una standardizzazione della prestazione, ma una ricchezza di contributo derivante dalla specificità e diversità di ciascuno, libero di esprimersi in un rapporto fiduciario reciprocamente soddisfacente.
L’impresa si impegna così ad accompagnare le proprie persone non solo nella vita lavorativa, in termini di crescita delle competenze e delle responsabilità, ma anche nel percorso di vita, con le sfide che i vari cicli comportano in termini di cura dei figli e dei genitori anziani o semplicemente di interessi ed esigenze mutevoli nel tempo. Si riconosce alla persona il diritto alla propria storia, alla propria interezza e all’appartenenza al contesto sociale e familiare.

 

Potenziare il potere d’acquisto
Monnalisa si è concentrata anche su aspetti della remunerazione e il potere di acquisto delle persone, cercando di gestire il cuneo fiscale a favore del dipendente in modo da dare di più e meglio, valorizzando al tempo stesso le risorse messe a budget.
Per sostenere le persone con domicilio distante dal luogo di lavoro, che si trovino a sopportare spese di viaggio rilevanti rispetto al loro complessivo reddito, in azienda vige una policy che prevede il rimborso per il costo del tragitto da e per la propria abitazione, determinato per fasce chilometriche.
Inoltre dal 2015 è stata introdotta una assistenza sanitaria integrativa per tutti i collaboratori con contratto a tempo indeterminato, con la possibilità di estendere la copertura ai propri familiari mediante integrazione del premio da parte del collaboratore. Infine, nel corso dell’ultimo anno è stato introdotto –in aggiunta al sistema premiante– un flexible benefit. A ciascun profilo professionale è assegnato un importo spendibile a scelta del collaboratore nelle voci di spesa previste dal Tuir agli articoli 51 e 100, le cui previsioni sono state estese e meglio definite dalla legge di Stabilità 2016. Il benefit potrà quindi essere impiegato per il rimborso della mensa scolastica piuttosto che della retta dell’asilo o dell’iscrizione ai campi estivi, o ancora potrà essere scelta la frequenza alla palestra o l’abbonamento a una rivista o l’ingresso al cinema.

Diffondere il valore delle soluzioni
Al di là delle misure scelte per rendere concreto un progetto di attenzione e cura verso le proprie persone, colpisce il fatto che tutto questo avvenga in una realtà non sindacalizzata. Senza dare a questo aspetto una connotazione positiva o negativa, è evidente che possa rappresentare oggettivamente un limite nella misura in cui venga corso il rischio di una sorta di autoreferenzialità nelle iniziative messe in atto. Manca, di fatto, una controparte con cui dialogare e progettare soluzioni condivise: possono quindi non essere intercettati pienamente i bisogni delle persone e le misure adottate corrono il rischio di essere –o di essere percepite– come frutto di un approccio paternalistico all’imprenditorialità.
A questo si aggiunge la difficoltà, spesso tipica delle realtà familiari di media dimensione, di fare reale marketing interno delle politiche implementate, non già per ‘vendere’ in modo strumentale un buon servizio ai collaboratori, ma per essere efficaci nel far percepire appieno la portata delle misure introdotte, in termini di impegno progettuale e di budget, anche rispetto al mercato esterno.
Fare welfare e implementare politiche in ambito HR resta un’attività complicata che esige una forte dose di creatività temperata da un approccio pragmatico e di buon senso.
L’esperienza di Monnalisa dimostra come, anche in un’azienda di dimensioni più ridotte con budget coerenti, sia possibile costruire con gradualità e costanza iniziative volte al benessere delle persone. Un percorso di non ritorno che soddisfa e nel contempo alimenta nuove aspettative, ma che può davvero rappresentare una reale occasione di dialogo e di crescita culturale, che si riverbera inevitabilmente nel tessuto sociale e nel territorio di appartenenza dell’impresa.  

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