Basta fughe dei cervelli all’estero, un’alleanza per (ri)attrarre talenti

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Il numero di laureati italiani che scelgono di andare a lavorare all’estero è aumentato del 40% negli ultimi 12 anni. Oggi ci sono circa 81mila studenti che hanno intrapreso percorsi professionali fuori dall’Italia. Quello della fuga dei cervelli è un fenomeno che costa al Paese circa 14 miliardi di euro l’anno, l’equivalente di un punto percentuale del Pil. Inoltre, l’Italia è in grado di attrarre un solo studente straniero per ogni italiano che parte per l’estero, contro una media europea di tre a uno.

L’Ufficio Studi di PwC Italia ha intervistato 130 giovani talenti italiani che vivono e lavorano all’estero sui motivi della loro ‘fuga’ dall’Italia, sulle condizioni per cui sarebbero disposti a tornare e sui principali fattori che disincentivano il loro rientro: i risultati dell’indagine qualitativa sono stati pubblicati nella ricerca Talenti italiani all’estero. Perché tanti partono e pochi ritornano. Il campione è composto per il 53% da donne e per il 47% da uomini; il 43% è Under 30 e il 90% ha almeno una laurea. Che cosa è emerso? Che il 50% è fuggito dalle criticità del mercato del lavoro italiano, contro il 29% che è partito a caccia delle opportunità di un mondo globalizzato.

L’85% degli intervistati ritiene che il Paese in cui lavora offra un migliore contesto professionale e maggiori prospettive di carriera rispetto all’Italia. Le motivazioni di questo giudizio sono per il 50% di carattere economico: la carriera in Italia si prospetta poco remunerativa. Il 42%, invece, ha indicato come motivazioni il timore che le proprie opportunità sarebbero limitate da clientelismo, familismo e corruzione. Il 74% degli expat sarebbe disposto a rientrare in Italia, ma quasi tutti (il 68%) solo a fronte di una posizione con uguale o maggiore prestigio e remunerazione. Il 26%, invece, non tornerebbe più in Italia, anche a fronte di un’offerta più remunerativa o prestigiosa. Tuttavia, il 60% dei talenti non ha più cercato attivamente opportunità di lavoro in Italia da quando è all’estero, mentre solo il 16% resta attivo nella ricerca.

I fattori che più li trattengono dal tornare in patria sono per il 31% le limitate prospettive di carriera e di crescita professionale; per il 28% gli stipendi troppo bassi; per il 21% il contesto lavorativo poco stimolante; per il 26% la migliore qualità della vita all’estero; per il 14% legami familiari o questioni personali; per il 30% le non buone prospettive economiche dell’Italia e per un altro 30% il timore di scontrarsi con clientelismo e corruzione. Gli incentivi fiscali, quindi, non bastano: le aziende devono creare un contesto di lavoro stimolante, migliorare il work-life balance e offrire un percorso di carriera più rapido e trasparente se vogliono attrarre i talenti.

Cause e conseguenze della scarsa attrattività dell’Italia

Il 30% dei laureati italiani che vanno all’estero è laureato in materie STEM, contribuendo in parte al profondo divario rispetto agli altri partner internazionali in fatto di competenze digitali. L’Italia, infatti, è 25esimo nella classifica dei 28 Paesi Ue per competenze digitali. Il Talent Attractiveness Indicator elaborato dall’Ocse, inoltre, posiziona l’Italia in coda alla classifica di 36 Paesi, sia per l’attrattività di manager stranieri sia per quella dei lavoratori con master o dottorato. In sostanza, l’Italia è in forte ritardo in tutti gli indicatori che misurano la vitalità e le prospettive di un sistema economico e questo si traduce in perdita di Pil, che a sua volta alimenta la ridotta attrattività.

Siamo molto indietro anche in termini di formazione: il 24% dei giovani tra 25 e 34 anni ha un’istruzione inferiore a quella secondaria, contro il 15% della media Ocse; solo il 26,8% è laureato, contro una media Ocse del 44,5%; e gli studenti STEM italiani sono il 13,8%, sotto la media europea del 19,1%. Il 25% dei giovani tra i 18 e i 24 anni in Italia non lavora e non studia, contro il 15% della media Ocse. La percentuale di laureati disoccupati è del 13,7%, contro una media Ocse solo del 4,1%, mentre per chi lavora gli stipendi sono decisamente più bassi della media europea.

Il progetto Talents in Motion

Per promuovere l’attrattività del nostro Paese presso le migliaia di giovani che si sono trasferiti a lavorare all’estero e presso i talenti stranieri, l’Headhunter Patrizia Fontana ha creato Talents in Motion. Il progetto è stato presentato alla Camera di Commercio di Milano, insieme con la ricerca di PwC, come la prima iniziativa di Social Responsibility promossa da oltre 40 grandi gruppi italiani ed esteri presenti in Italia. È una piattaforma online che connette le aziende italiane ai talenti all’estero, promuovendo le opportunità lavorative che l’Italia offre con una visibilità internazionale. Inoltre, offre ai talenti tutte le informazioni necessarie sul contesto fiscale, legale e amministrativo e articoli ad hoc che valorizzano il panorama aziendale italiano.

Il tema è approfondito nella Storia di copertina del numero di luglio-agosto 2019 di Persone&Conoscenze.
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