Nell’
attuale scenario lavorativo, la relazione tra le
nuove tecnologie e le professioni si traduce in una
carenza di competenze e in un vuoto organizzativo che impattano negativamente sulla produttività.
Non siamo in presenza di una crisi causata dall’assenza di lavoro, come spesso si tende a credere, piuttosto stiamo vivendo una vera e propria emergenza legata alle competenze.
Per evitare che questo problema diventi sempre più grave, nelle aziende la formazione non può subire interruzioni e le persone vanno formate in modo continuo lungo tutto il loro ciclo di vita professionale.
Bisogna saper leggere le evoluzioni dei ruoli e costruire percorsi formativi che garantiscano l’impiegabilità delle persone a lungo termine. La trasformazione digitale, infatti, non cancellerà soltanto posti di lavoro, ma ne creerà di nuovi.
Secondo uno studio di Confindustria su dati Unioncamere e Anpal, tra il 2018 e il 2022 le imprese italiane saranno pronte a offrire un posto di lavoro a 469mila tecnici, super periti degli Istituti Tecnici Scientifici (ITS) e laureati nelle materie Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics), di cui 264mila operai specializzati.
Ma l’attuale offerta formativa non è in grado di soddisfare la richiesta del mondo del lavoro. Ciò penalizza –e lo farà sempre di più in futuro– il tessuto produttivo e i territori, oltre studenti e famiglie, che devono essere sempre più coinvolte nel processo di orientamento alla formazione dei figli.
Da qui al 2022 –spiega il report di Confindustria– quasi la
metà dei periti Under 29 Leggi tutto >